Bendgate, Apple ne era già a conoscenza prima del lancio di iPhone 6

A volte ritornano. Sono gli spettri del passato, di momenti negativi che ci si vorrebbe lasciare definitivamente alle spalle ma che di tanto in tanto si acutizzano di nuovo, innescati da specifiche occasioni. Capitano pressoché a tutte le persone, fisiche e pure giuridiche. Come nel caso di Apple, che a distanza di quasi 4 anni torna al centro di controversie riguardo la nota vicenda del bendgate.

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La redazione di Motherboard ha scavato all’interno del carteggio relativo ad una class action promossa contro Apple, che però non riguarda direttamente il bendgate bensì un altro problema che purtroppo aveva coinvolto gli iPhone 6: la cosiddetta “malattia del touch”. Gli esemplari coinvolti sviluppavano un malfunzionamento del pannello touch che, oltre a presentare artefatti grafici a schermo, col proseguire del tempo rendevano impossibile l’uso del dispositivo senza un intervento in assistenza. Le contromisure prese a Cupertino, anche in fase produttiva delle unità, non sono state ritenute sufficienti dai promotori dell’iniziativa legale, che hanno richiesto un cospicuo risarcimento. Il giudice Lucy Koh, già nota per il più celebre processo Apple-Samsung, è rimasta però poco persuasa dalle prove da loro fornite, rigettando la certificazione ufficiale della class action. La parola fine non è comunque stata scritta essendo già stato annunciato un ricorso.

Ma torniamo al punto cardine di quest’articolo, ovvero il bendgate. Nell’ambito della sua difesa, Apple ha depositato presso la corte distrettuale documentazione di natura confidenziale. Pur non rendendo pubblici i documenti in sé, la Koh ha ritenuto che alcuni dettagli in essi contenuti fossero meritevoli di divulgazione nella sua opinion (un atto del giudice nell’ordinamento giuridico common law) riassuntivo sul caso. Viene spiegato come, in base ai test interni, l’iPhone 6 fosse 3,3 volte più a rischio di rotture da piegamenti rispetto il 5s; le cifre salgono fino a 7,2 volte se il modello è il 6 Plus. L’avverarsi di tale fenomeno su un buon numero di unità era in sostanza previsto. Le prove erano state effettuate prima del lancio commerciale dell’allora nuova generazione ed archiviate per riferimento interno. Ciononostante, Apple mantenne pubblicamente una posizione difensiva, sostenendo almeno nei primi tempi che non vi fossero difetti progettuali che potessero favorire i piegamenti. Il resto del bendgate è poi storia nota.

Se Atene piange, quindi, Sparta non ride. La class action non sarà sinora riuscita nel suo intento, ma la conoscenza del problema da parte di Apple prima del rilascio degli iPhone 6 rappresenta una macchia mediatica, in un periodo dove altri fatti spiacevoli, come il caso dei rallentamenti forzati, hanno già causato ripercussioni sul rapporto di fiducia tra l’azienda e parte dell’utenza. È comunque positivo che nelle successive generazioni di iPhone siano stati presi provvedimenti durante la progettazione per ridurre in modo sensibile l’eventualità di analoghi inconvenienti.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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