iMac, i 20 anni del computer che ha fatto rinascere Apple

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Molto merito per l’attuale successo di Apple se lo sono presi iPod e iPhone. Indubbiamente dispositivi importanti, ma è stato un altro ad aver rilanciato l’azienda di Cupertino e Steve Jobs, dopo un periodo davvero difficile per entrambi. A quei tempi, al di là delle differenze hardware e software, Mac e PC condividevano esteticamente un plastico grigiore. Il TAM, Twentieth Anniversary Macintosh, mostrò che vi era la possibilità di fare diversamente, ed ebbe soprattutto tra i meriti quello di far incontrare Jobs con una delle menti più brillanti allora in Apple, un giovane inglese di nome Jonathan Ive. Il primo frutto del lungo sodalizio venne mostrato al pubblico il 6 maggio 1998. I computer all-in-one non erano di per sé una novità, ma questo cambierà le regole del gioco non solo per la sua categoria, bensì per tutto il mercato in generale.

Forma tondeggiante, alternanza di colore “bondi blue” e trasparenze, maniglia per il trasporto, solido rapporto qualità/prezzo. L’iMac in realtà arriverà sul mercato poco più di tre mesi dopo, il 15 agosto, ma già da quel giorno mostrò un grande spiraglio di luce e rinascita a tutti gli utenti Apple, inclusi quelli ancora potenziali. Specialmente i secondi, dato che l’iMac aveva come scopo principale proprio quello di rosicchiare almeno qualche punto percentuale al mondo Windows, cosa in cui riuscì. A $1299 abbassò sensibilmente la soglia d’ingresso al Macintosh e svolse in maniera perfetta il suo compito nel quadrato magico di computer che Jobs aveva individuato: un desktop consumer e uno professionale, un portatile consumer e uno professionale.

La “i” nel nome, che diventerà un componente fondamentale di molti dei successivi prodotti Apple e tuttora lo è, aveva vari significati ma si associava soprattutto con Internet. La presenza di Ethernet e USB predispose da subito l’iMac alle nascenti modalità di fruizione di contenuti a banda larga, oltre a sdoganare tali porte dalle relative nicchie in cui erano sino a quel momento confinate. Elementi che presto divennero un must have nel settore, insieme alla scomparsa di un altro: il floppy disk. Troppo limitato per i crescenti standard di archiviazione, l’addio al dischetto permise oltre al salto tecnologico di lasciare prezioso spazio interno ad altra componentistica. Almeno inizialmente, però, l’iMac non potè disporre del masterizzatore CD nemmeno in forma opzionale. Arriverà nelle generazioni successive, in aggiunta al cambio del sistema d’inserimento per i dischi, dal tradizionale “a cassetto” (tanto odiato da Jobs) ad uno “a fessura” (slot-in).

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L’iMac in generale cambierà parecchio nel corso degli anni, guadagnando più tonalità di colore per poi perderle in favore di un candido bianco col passaggio agli schermi LCD, di crescenti dimensioni. La forma ovoidale originale lascia spazio dapprima all’iconico lampadone del 2002, visibile qui sopra e poi al tutt’uno schermo-computer del 2005 che concettualmente è ancora adottato ai giorni nostri, pur cambiando materiale e riducendo man mano lo spessore, operazione coadiuvata anche dall’addio al SuperDrive, rimuovendo del tutto il supporto interno per unità ottiche.

Cambia l’estetica, cambiano anche i componenti interni. Le transizioni principali sono certamente quelle del 2006, con la staffetta tra PowerPC ed Intel, e del 2014, anno del debutto dei Retina Display sugli all-in-one californiani. Per arrivare infine all’iMac Pro, di cui abbiamo pubblicato proprio ieri la recensione e che mostra, pur con alcuni limiti sia sul piano tecnico che progettuale, le sue capacità di trasformarsi in una workstation di tutto rispetto. Nell’attesa di capire quale strada invece prenderanno gli iMac consumer in termini di componentistica con la prossima generazione, alla quale non dovrebbe mancare parecchio. Pur non avendo più quel ruolo centrale che ebbe nei suoi primi anni di vita, l’iMac rappresenta ancora un prodotto importante per Apple, che ne tiene debitamente cura.

Insomma, potreste non averne mai avuto uno, come il sottoscritto. Ma se, sempre come me, utilizzate un Mac al giorno d’oggi, è proprio grazie a quel computer del 1998, pacioccone e avanguardista, che contribuì a riportare Apple negli ambienti che contano. In realtà non bisogna essere, o essere stati, per forza utenti Mac per ringraziarlo. Senza di lui forse non avremmo avuto gli iPod né tantomeno gli iPhone, o li avremmo avuti parecchio più in là e magari non da Apple. Hanno motivi di ringraziamento pure coloro che con la mela non vogliono avere nulla a che fare, perché l’iMac ha ravvivato un settore che stava tendendo a diventare monotono in tutti i sensi, favorendo negli anni un aumento qualitativo delle proposte rivali. Perciò, tanti auguri iMac, con la speranza di ritrovarci ancora a parlarne a lungo e celebrarne sempre più anniversari.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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