Apple potrebbe aver bisogno di acquisire una content company, oppure no

Che Apple stia investendo per competere contro Amazon e Netflix, ormai l’hanno capito pure i muri. Che stia acquisendo numerosi format ed abbia allestito un team dedicato, idem. Restano però i dubbi sulle modalità di fruizione del servizio e sui prezzi. In attesa che Tim Cook e soci possano chiarirceli al momento opportuno, si possono solo fare supposizioni. In molti, e non da oggi, pensano tuttavia che il salto di qualità possa essere fatto da Apple solo acquisendo un’azienda già attiva quantomeno nella produzione di contenuti.

Il parere più recente in merito è arrivato da Tim Goodman di The Hollywood Reporter, sostenendo pure che in quel di Cupertino devono agire con una certa urgenza. L’acquisto di diritti su nuove serie, anche a livello internazionale, viene visto favorevolmente ma di per sé potrebbe non bastare per raggiungere lo scopo finale, ovvero la creazione di un proprio servizio di streaming. Sommando a ciò il fatto che si tratterebbe dell’ennesimo tra tanti altri, Goodman suggerisce nella sua riflessione di unire le proprie forze ad una piattaforma già esistente, ottenendo catalogo e bacino d’utenza chiavi in mano.

In effetti, come il report evidenzia, l’utente al giorno d’oggi ha pure fin troppa scelta. Non solo negli USA, anche in Italia siamo messi piuttosto bene. Nella mia riflessione di alcuni giorni fa sui set-top-box ne ho elencati parecchi, a cui si è aggiunto poco dopo YouTube Premium. E non si tratta di una lista completa, ne ho pure dimenticati alcuni più di nicchia, come lo specializzato negli anime Crunchyroll. Se è vero che la comodità di pressoché tutti i servizi è quella di non legarsi ai concetti classici di abbonamento, permettendo la disattivazione e la riattivazione in qualsiasi momento, dall’altro è pure vero che stare dietro a questa mole di offerta diventa quasi un lavoro di per sé, nonostante la presenza di motori fondamentali come JustWatch. Più servizi si usano, più sale il conto complessivo se si vuole davvero tutto.

Non stupisce dunque lo sviluppo di una corsa al consolidamento: AT&T ha da poco acquisito Time Warner, che ha significato portarsi a casa anche HBO; Comcast e Disney si contendono sia Fox che Sky, non escludendo a priori la possibilità di una sorta di spartizione. Gli eventuali bocconi disponibili per Apple si riducono sempre più e non li pagherà poco. Viene da chiedersi però se la mela abbia così tanta voglia di fare operazioni del genere. A parole, Cook ha negato più volte questo scenario, ma si sa che nel settore la smentita non è sempre così sincera, e la prova che Apple quando vuole spende parecchio ce l’ha data 4 anni fa con Beats.

Nel 2016 si era parlato di un tentativo per Time Warner, prima che finisse nelle mani di AT&T, ma poi null’altro. Potrebbe ritentarci ora con Columbia/Sony Pictures? O con Paramount/Viacom? Si tratta di pesci grossi, da blockbuster hollywoodiani. Più facile pensare che possa optare per acquistare realtà un po’ più piccole come Lionsgate e MGM. Ma, ancora, servirebbero solo a rimpolpare il catalogo del futuro servizio e non a consegnargliene uno pronto all’uso. Ecco perché, se come davvero Goodman sostiene sia solo questione di tempo prima che Apple annunci la sua zampata, tanto varrebbe allora farla sull’unica realtà dove ha senso: Netflix. Stavolta la Beats Music di turno non è presente, qui serve una piattaforma da subito predisposta alla disponibilità globale e le “piccole” o lo sono di fatto o sono già supportate comunque da altri grandi nomi. Forse sarà proprio questo a convincere invece Apple a fare completamente da sola, investendo sui contenuti originali commissionati e rimpolpando il restante catalogo con accordi specifici. Pazienza che sarà un’ulteriore servizio aggiuntivo agli esistenti: saranno i consumatori, e dunque la storia, a decidere chi sopravvivrà o meno nell’inevitabile selezione naturale dello streaming video, come quella già in atto nel musicale.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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