Apple potrebbe perdere il posto in salotto. E non per colpa dello streaming

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È una storia che non molti conoscono, sebbene non sia proprio tenuta all’oscuro. Avvenuta in quella che è ritenuta tradizionalmente l’età buia di Apple, dove il susseguirsi del trio John Sculley/Michael Spindler/Gil Amelio portò ad una ricca serie di tentativi di rilancio con esiti discutibili. Uno di questi fu Pippin, una console sviluppata in collaborazione con Bandai Namco a cavallo tra il 1996 e il 1997.

Pippin era pensata in realtà più come piattaforma da concedere in licenza che da commercializzare in proprio: non a caso, il logo Apple era tutt’altro che in prominenza, lasciando spazio al produttore effettivo della console. Dal punto di vista hardware e software, si trattava di un Macintosh sotto mentite spoglie. Il processore era un PowerPC come i computer Apple di quei tempi, mentre il sistema operativo era sì Mac OS, ma in una versione opportunamente modificata senza Finder e soprattutto non risiedente in un supporto d’archiviazione interno. Non era proprio incluso, dato che il sistema operativo veniva precaricato sui CD stessi dei giochi e dunque avviato in modalità “live”. Pippin non si rivelò un successo, sia a causa delle difficoltà organizzative tra Apple e le licenziatarie sia per scelte errate del management. Al suo ritorno, Steve Jobs la cestinò senza troppi complimenti nell’epurazione che coinvolse pure tanti altri prodotti. Un’epurazione che ha però permesso, nel lungo termine, di creare la Apple al confine del trilione che conosciamo oggi.

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Il mercato console attuale è dominato tendenzialmente da tre grandi player, posti qui in ordine di prominenza: Sony, Microsoft, Nintendo. Chi negli anni successivi ai tentativi di Pippin e Dreamcast ha tentato di scardinare il triumvirato, s’è scontrato con un muro. Solo negli ultimi tempi si è visto un timido tentativo fruttuoso, ma la NVIDIA Shield TV (recensione) resta comunque lontana dall’impensierire le console tradizionali. Per quanto borderline, essa fa ancora parte della categoria di set-top-box, la stessa in cui gareggia l’Apple TV.

Tutti, bene o male, abbiamo sentito parlare negli ultimi tempi delle iniziative di Apple per il salotto, sul versante dello streaming e dei contenuti multimediali. Una strategia che in quel di Cupertino fa parecchio gola perseguire, proponendosi in futuro sia come una delle migliori piattaforme su cui seguire Netflix sia come una delle più grandi rivali di questa stessa. Non c’è dubbio che la battaglia dei servizi streaming e, di riflesso, dei set-top-box sarà al centro dei prossimi anni; in parte è già in atto, deve solo ricevere la giusta scintilla per intensificarsi. Il problema è che si tratta solo di un pezzo di una guerra a più ampio raggio, e che Apple sembra al momento ignorare.

Qui entra in campo Google. Anche a Mountain View hanno le stesse ambizioni della mela, e probabilmente sono già più avanti nei preparativi considerando tanto YouTube Premium/TV quanto Android TV, che ha più attenzioni di quanto possa sembrare. Ciò che però si profila all’orizzonte potrebbe essere considerata la palla da football nucleare nell’arsenale Big G. Gli ultimi mesi hanno visto intensificarsi la ridda di rumor su un possibile approdo di Google nel settore console, culminando almeno per ora in un corposo report pubblicato qualche giorno fa dalla testata specializzata Kotaku. Non si tratterebbe di un semplice servizio in streaming come quelli già proposti da Sony ed NVIDIA, in lenta fase di lancio da Nintendo o in arrivo da Microsoft. Il piano includerebbe un dispositivo hardware per game studios dedicati, esattamente come le tre maggiori rivali. Non si può poi lasciare fuori dall’equazione il già attivo YouTube Gaming per gli aspetti più social della questione.

Il terreno fertile Google lo starebbe preparando dentro e fuori, dato che agli sviluppi interni affianca una crescente presenza alle fiere dedicate al gaming, come la GDC e l’E3, in cui ha occasione di discutere coi principali sviluppatori di giochi nonché i potenziali fornitori di hardware ed accessori. Non è ancora chiaro se il progetto “Yeti” punterà soprattutto sullo streaming o anche sulla forza bruta per competere alla pari con PlayStation ed Xbox, ma in qualsiasi caso né Sony né Microsoft hanno in questo momento sonni tanto sereni. E, a sensazione, sarà comunque molto più di un set-top-box riadattato alla NVIDIA Shield TV. Quando Google vuole fare le cose per bene, le fa.

Ora, quest’ultima frase non significa automaticamente che l’iniziativa avrà successo. Alcuni sviluppatori mantengono un sano scetticismo, perché per i molti progetti di successo lanciati da Google ve ne sono stati altrettanti conclusisi in un nulla di fatto. Dai rumor bisognerà passare ai fatti concreti e se il lancio fosse previsto non troppo in là nel tempo si spera che il gigante guidato da Sundar Pichai stia accuratamente preparando ogni aspetto. Capitale finanziario e, ancor più, umano non sembrano mancare: continuano le assunzioni a piè sospinto dalle principali aziende, incluso il veterano Phil Harrison che ha esperienze approfondite tanto in Sony quanto in Microsoft.

Se ci sono due aziende che possono rompere le uova nel paniere in un ambito così tradizionalista come quello console, una è Google. L’altra, nemmeno a farlo troppo intuire, è Apple. Come già accennavo più sopra negli uffici del Park non sembra trasparire la dovuta attenzione nel gaming, o meglio non più di quella molto casual su cui attualmente punta l’Apple TV. Eppure gli ingredienti per fare molto di più ci sarebbero tutti: SoC ritenuti lo stato dell’arte nel mondo ARM, sistemi operativi fortemente ottimizzati, le librerie grafiche Metal e, cosa fondamentale, l’attenzione degli sviluppatori. La stessa che ha reso iPhone e iPad dei compagni ideali per il gioco in mobilità.

Pensate ad un’Apple TV Pro, dotata di SoC A12, 256 GB di spazio d’archiviazione e con un controller dedicato nella confezione di vendita, proposta attorno ai $300-350. Aggiungetevi una sezione giochi più ricca nell’App Store di tvOS con ulteriori incentivi monetari per gli sviluppatori, un servizio streaming basato su iCloud e, perché no, la piattaforma social Caffeine riportandosi a casa gli ex-impiegati che l’hanno creata. In combinazione finale con le altre attività multimediali già pianificate, Apple potrebbe diventare davvero la quarta incomoda del settore o la quinta inserendo pure Google. Qualora non intendesse farlo, preferendo una strategia più leggera, sarebbe una scelta rispettabile. Tuttavia, dalla piega mista che sta prendendo lo streaming, credo che nel lungo termine curare solo un aspetto e non l’altro potrebbe metterle a rischio il posto in salotto, l’esatto contrario di quanto sperato. Specialmente se Amazon, una scheggia impazzita sin qui trascurata e proprietaria di Twitch, inizierà a studiare come cambiare le carte in tavola.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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