MacBook Pro 2018 dopo il fix per il Thermal Throttling, il punto della situazione

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L’uscita dei MacBook Pro 2018 è stata costellata di polemiche circa i problemi termici rilevati dai primi tester e, dopo alcune settimane, Apple è intervenuta ieri per scusarsi ed introdurre una patch risolutiva. Difficilmente ci saranno ulteriori sviluppi sulla questione, ma continueranno a fioccare i test mano a mano che verranno pubblicate nuove recensioni, con la speranza che ci si concentri anche sugli interessantissimi modelli 13″ quad-core. Dal momento che ormai possiamo considerare le bocce ferme, possiamo fare un punto della situazione e cercare di spiegare nel modo più semplice ed esaustivo possibile cosa è successo e se il fix è stato effettivamente risolutivo.

Coffee Lake

L’ottava generazione di processori Intel Core, denominata Coffee Lake, è una seconda ottimizzazione che non ha portato particolari miglioramenti tecnologici ma ha introdotto un significativo aumento di core. La novità ha impattato molto positivamente anche sulla linea di portatili professionali Apple, che viene ora presentata con i seguenti processori:

MacBook Pro 13″
CPU base: Intel Core i5-8259U quad-core 2,3GHz (3,8GHz Turbo Boost) TDP 28W
CPU opzionale: Intel Core i7-8559U quad-core 2,7GHz (4,5GHz Turbo Boost) TDP 28W

MacBook Pro 15″
CPU base: Intel Core i7-8750H 6-core 2,2GHz (4,1GHz Turbo Boost) TDP 45W
CPU top: Intel Core i7-8850H 6-core 2,6GHz (4,3GHz Turbo Boost) TDP 45W
CPU opzionale: Intel Core i9-8950HK 6-core 2,9GHz (4,8GHZ Turbo Boost) TDP 45W

Si notino due cose: il TDP si riferisce alla frequenza base ma sale utilizzando il Turbo Boost e si riduce abbassando il clock sotto la soglia operativa predefinita; il processore i9 ha sigla K, quindi fa parte di quelli con moltiplicatore sbloccato e che vengono utilizzati in soluzioni ad alte prestazioni e/o con overclocking (spesso nei portatili destinati al gaming parlando di soluzioni mobile).

Turbo Boost: consumi e calore

Rispetto alla precedente generazione Kaby Lake il TDP medio non è aumentato, ma il consumo massimo sì. Prendendo ad esempio la CPU top di gamma dei MacBook Pro 15″: il precedente i7-7920HQ partiva da 3,1GHz e saliva ad un massimo di 4,1GHz (quindi 1GHz di incremento), mentre l’attuale i9-8950HK può passare sulla carta da 2,9GHz a 4,8GHz, con uno scarto incredibile di 1,9GHz. Questo significa che una soluzione termicamente valida per la precedente CPU non può esserla per la nuova: per poter aumentare la frequenza del processore la scheda logica gli fornisce un maggior voltaggio e questo porta ad incrementare il calore ed i consumi. Conoscendo i V impiegati prima e dopo si può risalire esattamente ai W reali con questa formula:

W reali: TDP Stock * (MHz in Turbo Boost / MHz Base) * (Voltaggio in Turbo Boost / Voltaggio Base)^2

A parità di V la nuova CPU consumerebbe il 25% in più di corrente. Avendole entrambe in prova potrei fornirvi i numeri esatti ma l’esperienza in ambito overclocking mi suggerisce che la forbice sia persino maggiore dal momento che per portare quasi 2GHz in più sulla frequenza base serve necessariamente un incremento in V ben superiore sulla nuova CPU (è matematica…). La mia stima è che l’i9 Coffe Lake a pieno carico e con Turbo Boost sfruttato debba consumare circa il 50% in più del precedente i7-7920HQ. Questo non si può tradurre banalmente in un temperatura due volte più alta ma la correlazione tra le due cose è forte e direttamente proporzionale.

La scelta di Apple

Seppure con un netto ritardo rispetto la diffusione delle CPU Coffee Lake (disponibili già da diversi mesi), Apple ha finalmente deciso a metà 2018 di aggiornare la linea MacBook Pro. Il vantaggio per l’utente è secco: due core in più per modello. In ambito desktop questo ha portato ad un incremento superiore al 50% tra le prestazioni della CPU consumer top di gamma di ottava generazione (i7-8700K) sulla settima (i7-7700K), come evidenziato nel nostro #ProgettoCaffeina. Un risultato simile era quello che più o meno si poteva desiderare anche per il mobile. Personalmente sono rimasto molto stupito in positivo dalla scelta di Apple di adottare anche l’i9, date le sue caratteristiche termiche estreme, ma lo sono stato ancora di più e in negativo quando i primi teardown hanno rilevato lo stesso identico schema di dissipazione di tutti gli altri MacBook Pro, inclusi i 2016 e 2017.

La botte piccola e la moglie assetata

Se sostituiamo la botte con il sottile guscio unibody dei MacBook Pro e la moglie con le nuove CPU 6-core, il paragone è calzante. Si può dire tutto e il contrario di tutto ma io credo che punti essenziali su cui ragionare siano i seguenti:

  1. L’idea di Apple e di altre aziende tech che realizzano computer portatili per i professionisti è che questi debbano essere prima di tutto belli, leggeri, sottili e con una lunga autonomia.
  2. Mettendo queste CPU in un case più grande e con areazione molto più spinta si riesce a sfruttarle pienamente ma bisogna dimenticarsi il punto 1) e i grossi portatili gaming ce lo ricordano
  3. Alcuni concorrenti diretti di Apple hanno trovato una soluzione termicamente migliore mantenendo i dettami del punto 1) senza arrivare agli estremi del punto 2), ad esempio il Dell XPS 15 e l’Asus Zenbook Pro riescono a mantenere la frequenza operativa abbastanza elevata a fronte di un po’ di rumorosità in più e senza un eccessivo ingombro

In sintesi io dico che Apple avrebbe potuto (o dovuto?) adeguare leggermente i MacBook Pro sotto il profilo termico, magari migliorando le ventole, passando ad un sistema a liquido o qualsiasi altra cosa che loro avrebbero ritenuto giusta, bella e adatta ai propri principi stilistici con l’unico obiettivo di non sacrificare troppo le nuove CPU. Anche i precedenti MacBook Pro non riuscivano a tenere le frequenze di Turbo Boost continuativamente ed è normalissimo, specie per computer così sottili, infatti non riescono a farlo neppure i rivali più diretti se non si passa a dei bestioni come l’Asus G703. Proprio per questo, visto che già si partiva da una situazione leggermente costrittiva nei modelli 2016/7 e si sono inserite CPU più prestanti (fino addirittura all’i9), era il momento buono per fare qualcosa in merito. Ribadisco l’esempio dell’iMac Pro (recensione), che nello stesso chassis dell’iMac “normale” ha un progetto termico radicalmente diverso e ben più efficiente: quando Apple vuole, le cose le sa fare.

I problemi (2)

Uso volutamente il plurale per aiutarvi a distinguere due problematiche ben distinte. La prima è di natura hardware e non è risolvibile a posteriori: i MacBook Pro così concepiti sacrificheranno sempre e comunque le prestazioni delle CPU più performanti, in misura maggiore con il crescere delle stesse. Per intenderci: se la 6-core del modello base potrebbe sostenere fino a 4,1GHz, in questi portatili lo farà per brevissimi momenti, anche nel caso in cui non ci siano problemi di autonomia e consumi. Salendo alla soluzione top e poi ancora alla i9 opzionale, il “mancato guadagno” andrà a crescere insieme alla spesa. In sintesi: valutate bene in caso d’acquisto perché la CPU d’ingresso potrebbe essere di gran lunga la migliore nel rapporto prezzo/prestazioni effettivo (i benchmark sintetici lasciateli stare). Il punto è che nessuno di noi avrebbe accettato un carro armato al posto degli attuali e bellissimi MacBook Pro pur di sfruttare al 100% l’hardware, per cui possiamo essere più accomodanti e vedere questo problema in chiave di una “mancata soluzione”. Intendo dire che a risolverlo facilmente ci si metteva poco realizzando dei pessimi computer, per cui si richiedeva ad Apple una cosa difficile: migliorare la dissipazione senza snaturare i MacBook Pro. Loro hanno rifiutato la sfida e ci hanno presentato la minestra dello scorso anno… riscaldata. Parecchio riscaldata.

Il secondo problema riscontrato era un Thermal Throttling aggressivo, che portava la frequenza operativa dei MacBook Pro al di sotto di quella base, con riferimento particolare all’i9 ma riscontrata su tutti i modelli, pure i 13″. Qui il difetto era in una “chiave mancante” nel sistema di gestione termica, almeno così è stato riferito da Apple a TechCrunch. Annoveriamo dunque il problema nella casistica software, risolto con questo fix. Stanotte ho visto numerose prove video e letto diversi test effettuati con i MacBook Pro dopo l’aggiornamento ed effettivamente ora la frequenza viene mantenuta meglio con un po’ di rumorosità in più, ma i vantaggi si vedono solo in alcuni ambiti e spesso sono del tutto trascurabili. Vi allego un paio di video interessanti qui di seguito:

Perché questi risultati? A tratti visivamente positivi, in altri casi quasi del tutto invariati? Una parte di ciò è dovuto al tipo di test, poiché ci sono usi (e benchmark) che impiegano la CPU in modo intensivo e altri in cui ci si appoggia pure molto alla GPU, dando più respiro alla prima. Ma il punto principale è che questo fix di Apple, per quanto utilissimo e fondamentale – al punto che sembra assurdo che sia arrivato dopo l’inizio delle vendite – non può e non fa miracoli.

Immagine AppleInsider

Stabilizza meglio la frequenza per ridurre quei terribili picchi negativi (che i complottisti dicevano non esistessero, ma ci siamo abituati) però per dare da una parte si deve prendere dall’altra. Tale risultato dovrebbe essere stato ottenuto con una migliore (o per meglio dire “giusta”) regolazione del voltaggio, in modo apparentemente simile a quanto aveva fatto un utente di Reddit in questo suo post. Tuttavia non risolve il problema all’origine: maggiore richiesta energetica, maggiore calore in un sistema termico a dir poco restrittivo. Ecco perché fin da principio ribadisco che una pezza Apple l’avrebbe messa ma che non avrebbe mai potuto far risplendere a dovere queste macchine. Al di là dei core e dei benchmark sintetici, pur spendendo tanto tanto tanto sui 15″ più carrozzati non si andrà molto più in là rispetto i precedenti. In pratica diventa un update “come gli altri” quando Coffee Lake avrebbe potuto essere un cambio di marcia davvero importante.

Il consiglio

Ovviamente spendere di più ci dà la possibilità di avere componenti migliori e, in linea di massima, prestazioni superiori. E poi ancora un’ovvietà: i MacBook Pro 2018 sono comunque meglio dei 2017 per una serie di motivi, tra cui: tastiera più resistente, dischi più veloci, chip T2, 32GB di RAM possibili (per giunta DDR4) sui 15″, GPU sempre sacrificate ma comunque superiori alle precedenti. I due core in più sul 13″ base anche a parità di frequenza potranno dire la loro, a prescindere dal Turbo Boost, che abbiamo capito essere solo uno specchietto per le allodole. Stessa cosa dicasi per i 15″, dove però la CPU più interessante sembra invece la top i7 da 2,6GHz, poiché mantenendo la frequenza di clock più o meno stabile il vantaggio rispetto la 2,2GHz di base è abbastanza percepibile. Lo scarto con l’i9 è inferiore e tutto quel ben di Dio, con tanto di moltiplicatore sbloccato, andrebbe praticamente sprecato.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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