I destini di Sky e Fox si separano: la pay-TV passa completamente nelle mani di Comcast

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Occasione mancata o pericolo scampato, a seconda di come la si vede: non ci sarà possibilità di un incontro-scontro tra Genny Savastano e Topolino. Ovviamente è una chiosa ironica sulla vicenda, ma la notizia di fondo è ben più seria. Dopo oltre 18 anni di gestione Fox, Sky cambia mani e non seguirà gli altri asset della casa madre nel passaggio a Disney. Al netto delle ultime rapide trafile burocratiche, la potente pay-TV europea è ormai il nuovo gioiello della corona di un altro gigante dei media, Comcast.

Come riportato da Variety, nelle scorse ore 21st Century Fox, col benestare di Disney, ha deciso di vendere a Comcast il suo 39% di Sky. Una sorta di onore alla vincitrice da parte di Rupert Murdoch, dato che da fine 2016 sino a qualche giorno fa i due colossi si erano scontrati duramente sull’azienda britannica a colpi di offerte d’acquisizione. Alla fine la questione è stata risolta sabato in una inusuale ma regolamentata asta sotto la supervisione delle autorità inglesi, con Comcast che ha prevalso grazie ad un’offerta di oltre 19 € per ogni azione Sky. Avendo già il gruppo guidato da Brian Roberts raggranellato attorno al 30% del pacchetto azionario, qualsiasi chance per Fox di ribaltare in qualche modo la situazione è stata subito perduta. Una caduta in ogni caso col paracadute, visto che la vendita del suo 39% metterà circa 13 miliardi di € nella pancia di Fox/Disney.

Finisce un regno importante nei media, che ha portato una piccola pay-TV pioniera britannica di fine anni ’80 a diventare un leader del settore in 5 nazioni, Italia inclusa. Un periodo costellato di successi ma anche di forti polemiche, dovute all’orientamento politico di Murdoch, di cui più volte ha fatto sentire la sua influenza Oltremanica attirandosi parecchie antipatie. Tenendo pure in considerazione il diverso atteggiamento delle antitrust inglese ed europea nei confronti delle due pretendenti di Sky, nel complesso era auspicata da molti una vittoria della più moderata Comcast, che in America ha maggiori affinità coi democratici che coi repubblicani com’è invece nel caso di Fox.

Al di là dei risvolti politici, nel breve termine la parte operativa cambierà poco, ma nel lungo è facile immaginarsi le sinergie tra Sky e Comcast, anche se quest’ultima ha assicurato che la sua neo-controllata manterrà un’indipendenza operativa. Oltre ad essere produttrice/fornitrice di contenuti tramite NBCUniversal, Comcast ha una ricca esperienza in qualità di provider, ambito che Sky ha iniziato a curare solo negli ultimi anni in UK. Visto l’accordo dei mesi scorsi con Open Fiber per diventare pure in Italia un provider telefonico a tutti gli effetti, che entrerà nella fase attiva nel corso del 2019, è verosimile che TIM ed altre avrebbero preferito la prospettiva di uno scontro con una Disney che del settore telco non è altrettanto esperta piuttosto che col secondo operatore degli USA. C’è da sperare, tuttavia, che Comcast si guadagni maggiori fortune qui in termini di reputazione, dato che le sue pratiche commerciali nei confronti dei consumatori americani si sono spesso distinte purtroppo in negativo.

A proposito di Disney, è probabile che in ogni caso non ci stia rimanendo troppo male: pur avendo perso una scorciatoia nella verticalizzazione della loro filiera multimediale in chiave anti-Netflix, Bob Iger e soci potranno godere di tanti altri contenuti pregiati provenienti dalla galassia Fox per armare al meglio l’arsenale del nuovo prossimo servizio di streaming.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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