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C’è qualche parallelismo tra l’evento Apple settembrino del 2013 e quello del 2018. La battuta ironica viene spontanea e la sparo subito: in entrambi i casi sono stati presentati nuovi iPhone. In realtà guardo più nei dettagli di questi iPhone. Ambo le volte sono arrivati un nuovo modello di fascia alta (anche se allora non era presente la variante Plus/Max) e uno più economico e colorato che ha completamente sostituito il precedente flagship a livello commerciale. L’iPhone 5c era infatti nato con l’ambizione di catturare una parte della clientela che desiderava un telefono Apple ma non poteva permettersi i prezzi robusti della serie di vertice.

Sotto la simpatica scocca di plastica (pardon policarbonato) si nascondeva in larga parte l’hardware dell’iPhone 5 appena uscito di scena, con piccole varianti (soprattutto dal punto di vista della connettività; il 5c supportava anche le bande LTE da 800 e 2.600 MHz, cosa che il 5 non faceva limitandosi a quella da 1.800 MHz per il dispiacere degli utenti Wind di quei tempi). Ovviamente, l’economicità di questo modello era relativa: parlavamo pur sempre di 629 € per il taglio da 16 GB e 729 € per quello da 32. Considerate le tante tonalità a disposizione, tutto sembrava far presagire il successo sperato da Apple.

Non andò del tutto così. Dopo un mezzo tentativo di rilancio a settembre 2014, relegandolo nella fascia bassa e nel solo taglio da 8 GB, terminò la sua avventura l’anno dopo e senza troppe cerimonie. Per quanto gradevole e tecnicamente apprezzato, dopo il lancio iniziale non riuscì veramente a raggiungere il suo obiettivo. A distanza di anni, con la facilità del senno di poi, il perché si dimostra abbastanza evidente. La differenza commerciale col 5s al lancio era piuttosto limitata, nel complesso. Se si va a comprare un iPhone, verosimilmente non si hanno grossi problemi nel mettere 100 € in più per il modello top. Già, il 5s da 16 GB costava 729 € ed offriva componentistica ben più avanzata all’interno di una scocca in pregiato alluminio. Le correzioni di rotta sono arrivate tardivamente e in modo poco incisivo, andando paradossalmente a peggiorare il suo rapporto qualità/prezzo con l’arrivo delle nuove generazioni di iPhone e il riposizionamento del 5s.

Benché nell’ultimo anno sia stato fondamentalmente l’entry-level, l’iPhone SE non nacque con l’obiettivo di essere un prodotto economico, ma di portare un’esperienza di fascia alta in termini di performance nel compatto formato da 4″ ed è ciò che ne ha decretato il buon successo, ancor più se si guardano i contesti aziendali. Un vero successore del 5c non sembrava potesse arrivare, vista la sua poca riuscita. Almeno fino ai rumor degli scorsi mesi e infine al keynote di ieri.

Maurizio ha scritto bene nel suo titolo di presentazione dell’iPhone Xr: poche rinunce e tanto colore. Perché questo modello ha tutte le carte in regola per essere il 5c che ce l’ha fatta. Apple ha fatto tesoro degli errori passati, sfornando un dispositivo dal solido rapporto qualità/prezzo per i suoi canoni. Ha lo stesso SoC del modello top (rinuncia solo ad un GB di RAM, 3 invece che 4), la medesima fotocamera grandangolare e la scocca in vetro/alluminio, che gli permette di sfruttare pure la ricarica wireless Qi. Chi acquisterà un Xr da fine ottobre saprà di trovarsi davanti ad un prodotto che ha tagliato sul superfluo, non sulle cose importanti. OLED, sensore teleobiettivo, 3D Touch sono belle aggiunte ma non indispensabili. Si può vivere tranquillamente senza, soprattutto se permette di risparmiare un bel gruzzolo.

Già, perché l’altro aspetto positivo è una buona differenziazione di prezzo rispetto l’Xs: parliamo di 300 €, il ché stavolta dà al potenziale acquirente motivo di pensare se le sue esigenze richiedono effettivamente di alzare il budget. Potremmo un po’ dire che l’iPhone Xr nei confronti di un Xs sta come una Volkswagen nei confronti del corrispettivo modello Audi. La prima non è economica in senso assoluto però è ben realizzata e racchiude molte tecnologie presenti anche nella seconda, che d’altro canto ha alcune cose in più, delle rifiniture migliori ma pure un prezzo più elevato. Tutti gli aspetti elencati fanno pensare che a questo giro, dopo un lustro, lo spirito del 5c riceverà la sua meritata ricompensa.

Al vertice troviamo gli iPhone Xs e Xs Max. Come pressoché tutte le altre generazioni “s”, hanno più lo scopo di catturare gli utenti di modelli più vecchi che non quelli della versione appena precedente. Dual-SIM a parte (disponibile pure su Xr), gli aggiornamenti sono incrementali e perlopiù concentrati nel SoC A12 Bionic. Pure qui, tuttavia, dei benchmark preliminari sembrano suggerire delle migliorie molto contenute, che mantengono l’A11 a livelli di tutto rispetto dopo un anno di vita commerciale. In sostanza, chi ha attualmente un iPhone X non ha grandi motivi per desiderare di meglio, almeno per altri 12 mesi. Chi invece ha un 8 o antecedente troverà l’upgrade molto più appetibile, in modo particolare chi ha le varianti Plus e stava aspettando un’analoga borderless, arrivata col suffisso Max. Venderanno bene, molto bene, come del resto tutti gli smartphone che li hanno preceduti. Sarà difficile però che costituiscano prodotti da record in tal senso e forse la stessa Apple se l’aspetta, preferendo Xr per lo scopo “di massa”.

In conclusione, non si può non menzionare l’importante salto evolutivo fatto dall’Apple Watch Serie 4. Dopo tre generazioni cambia leggermente l’estetica, con uno schermo pressoché privo di bordi, ma ancor più internamente, considerando il SIP a 64-bit e le varie funzionalità avanzate in ambito medico, inclusa l’ECG (in attesa che le opportune certificazioni ne permettano l’uso anche qui in Europa). Un grande passo per Apple, una grande gatta da pelare per la concorrenza, che di fatto si limita alla sola Samsung. Wear OS stenta ancora a spiccare il volo e quando la piattaforma Google fa un mezzo step avanti quella di Cupertino subito dopo ne fa due. Fitbit e Garmin dispongono di buoni prodotti nella lineup, ma purtroppo non hanno le economie di scala a disposizione della mela e si concentrano perlopiù su determinati segmenti di mercato. Al momento l’asticella la alza Apple a suo uso e consumo, senza che si veda all’orizzonte qualcuno nel breve termine davvero in grado d’insediarsi efficacemente.

Insomma, qualcuno penserà sia stato un keynote sottotono e non ha torto, complessivamente parlando. Ma è stato in prospettiva vincente, con tutti i pezzi del puzzle incastrati perfettamente. Tutti tranne uno. Più passa il tempo e più l’AirPower ha un inaspettato, spiacevole, cattivo gusto di vaporware. Nessuna menzione durante l’evento, dopo le fanfare dello scorso anno, e come ha osservato Maurizio stamani ci sono anche personalità di spicco del mondo Apple che vedono questo progetto come “fott…”, senza mezzi termini. Un peccato, ancor più pensando che a compierlo sia un’azienda storicamente attenta ai propri passi ed alla percezione che il mondo ha di lei. Un mondo che non lascia correre così facilmente ed è capace di tirare fuori delle parodie irriverenti e divertenti come quella del nostro amico Alessandro dedicata all’ultimo keynote.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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