Prontuario di domotica: standard, protocolli di comunicazione, hub e centrali per la smarthome

Ormai è qualche anno che parliamo di domotica in modo più diffuso qui su SaggiaMente. Sulla piattaforma Slack (accessibile solo ai saggidonatori) abbiamo un canale dedicato dove ci scambiamo consigli, condividiamo codice, effettuiamo prove e molto altro. Da qualche giorno abbiamo creato anche un supergruppo su Telegram dedicato a questo argomento ed è proprio da lì che ho preso spunto per realizzare questo articolo. È impossibile non notare che alcune domande sono ricorrenti e che moltissime persone confondono standard e sigle. La cosa è del tutto comprensibile, perché si è passati in pochi giorni da una condizione in cui la domotica era un argomento da nerd ad un improvviso boom di notorietà. Per cui ci si trova di colpo a sentire parole come Alexa, Zigbee, Home Assistant, Google Home, Z-Wave, HomeKit ed è difficile mettere ordine. Proviamo quindi a fare un po’ chiarezza sui principi base con questo articolo, che possiamo considerare come una introduzione alla domotica e, soprattutto, un vademecum per evitare acquisti “sbagliati”.

Iniziamo subito dividendo le principali “parole chiave” in categorie:

  • Standard di comunicazione: Wi-Fi, ZigBee, Z-Wave e Bluetooth sono i metodi principali con cui i dispositivi smart si connettono per essere controllati. Chiariamo subito che HomeKit non è uno di questi metodi ma solo una etichetta che certifica i dispositivi che dialogano con i prodotti Apple e che possono utilizzare uno o l’altro dei metodi sopra elencati.
  • Hub: sono “ponti” che servono per far dialogare i dispositivi con la rete e quindi con le centrali di domotica, gli assistenti smart o le app di controllo su smartphone e computer. Alternativamente potreste sentirli chiamare anche gateway, bridge o con altri nomi ancora. Nel caso si utilizzino dispositivi non Wi-Fi gli hub sono strettamente necessari affinché gli stessi siano identificabili nella rete. Per i prodotti certificati HomeKit che non hanno già un loro hub (come la maggior parte di quelli Bluetooth) servirà che uno qualsiasi tra Apple TV, HomePod o iPad sia acceso e tra le mura domestiche affinché gli stessi siano operativi e controllabili anche fuori casa.
  • Centrali di domotica: Home Assistant e Domoticz sono tra le principali piattaforme aperte, ma ci sono anche sistemi chiusi di alcuni produttori, come quello di Bticino per la nuova serie Living Now. Apple HomeKit è una piattaforma in cui possono confluire dispositivi con tecnologie e di marche differenti, che possono solitamente essere controllati sia dalle app native che all’interno dell’ecosistema Apple. Di norma è nelle centrali che risiedono le automazioni (tipo: accendi la luce del corridoio quando passa qualcuno).
  • Assistenti smart: Alexa, Google Assistant e Siri sono i nomi dei più conosciuti assistenti vocali a cui possiamo fare richieste dirette per controllare i dispositivi smart o verificarne lo stato (es: chiudi la luce X oppure che temperatura c’è nella stanza Y).

Questa classificazione è quella che preferisco fare perché si basa prima di tutto sulle differenze tecnologiche dei vari elementi in gioco. Ci ho messo HomeKit in mezzo solo per far capire come i sistemi correlati ad Apple, Google ed Amazon siano essenzialmente accessori rispetto alla base strutturale di un impianto di domotica. Queste grandi company vorrebbero che i loro assistenti smart fossero il centro di tutto, ma in realtà sono poco più di interfacce vocali che non servono a nulla senza un’infrastruttura di base. Inoltre questi si prestano poco a creare vere automazioni ma più a richieste singole dirette. L’unica eccezione potrebbe essere considerata l’Echo Plus di Amazon, poiché integra un hub Zigbee a cui si possono collegare dispositivi smart da controllare poi direttamente con Alexa, facendo sostanzialmente tutto in casa. Però anche lì le automazioni possibili (che vengono chiamate “routine”) sono molto limitate come quelle di HomeKit.

Standard di comunicazione

Tutti noi usiamo quotidianamente il Wi-Fi ed il Bluetooth per la connettività e lo scambio dati. Nel mondo della domotica si utilizzano entrambi, ma ci sono anche altri standard molto diffusi.

I dispositivi che usano il Wi-Fi vanno connessi alla rete wireless e da quel momento ricevono un indirizzo IP e sono immediatamente raggiungibili dalle app o le centrali di domotica. I dispositivi basati su Bluetooth (solitamente di tipo LE, a basso consumo) sono per la maggior parte compatibili con Apple HomeKit ma a differenza di quelli Wi-Fi hanno bisogno di uno smartphone a cui connettersi per poter essere controllati. A causa del tipo di tecnologia utilizzata, hanno poi un più corto raggio d’azione e sono limitati alla nostra presenza fisica per funzionare a meno di non avere un dispositivo statico in casa che rimanga acceso e faccia da hub (come detto prima, possono farlo Apple TV, HomePod o iPad).

Z-Wave è uno dei primi standard per la domotica wireless ed è stato tra i più utilizzati fino a qualche anno fa. Con la diffusione dei dispositivi Wi-Fi, Bluetooth e Zigbee, spesso più economici, oggi rappresenta forse una minoranza negli ambienti residenziali, ma non per questo è meno rilevante. Alla base della rete mesh Z-Wave serve almeno un nodo controllore, che in sostanza svolge il ruolo di hub. I dispositivi slave vi si accoppiano tramite una procedura che ricorda il pairing Bluetooth, ma quelli alimentati fungono anche da ripetitori, estendendo la portata della rete. Questa opera sulla frequenza di 868 MHz (in Europa). L’hub deve poi essere connesso alla rete locale per rendere accessibili tutti i nodi alle centrali di domotica ed alle app correlate. All’interno della Z-Wave Alliance ci sono più di 700 membri, quindi si trovano una quantità enorme di prodotti e produttori, anche se non tutti hanno abbracciato il più giovane standard europeo. Esistono diversi sistemi integrati basati su Z-Wave (uno dei più famosi è la Home Center 2 di Fibaro) in cui si trovano sia l’hardware che il software per una centrale di domotica basata su tale standard. Alternativamente ci sono dei nodi controllori (ovvero gli hub) che si possono collegare ad un computer via USB o anche ad un Raspberry, utilizzandoli poi con delle piattaforme software open come Home Assistant o Domoticz.

Lo standard ZigBee è più o meno contemporaneo di quello Z-Wave, ma nelle prime incarnazioni non ha avuto altrettanta fortuna. Negli ultimi anni si è diffuso capillarmente grazie all’utilizzo da parte di Philips per la sua linea Hue, poi ancora per la domotica Xiaomi, Ikea, ecc.. ZigBee opera sulla stessa frequenza del Wi-Fi (2,4GHz) ma il funzionamento è molto simile a quello di Z-Wave, richiedendo almeno un hub (ZigBee Coordinator) a cui si accoppiano gli End Device. Una grande differenza rispetto a Z-Wave è che all’interno della famiglia ZigBee coesistono due diversi protocolli: ZLL (Zigbee Light Link) utilizzato dalle lampadine smart e ZHA (Zigbee Home Automation) utilizzato dai sensori ed attuatori. La maggior parte degli hub in commercio accetta solo l’una o l’altra famiglia di dispositivi e solo nell’ultimo periodo si stanno facendo largo prodotti più flessibili (come le chiavette Zigate o ConBee) che consentono di aggiungere nodi appartenenti ad entrambi gli standard.

Esistono anche altri protocolli Wireless per la domotica, come X10, RF433 Mhz, 6LoWPAN, ecc.. ma sono molto meno diffusi, specialmente in Europa e in ambito residenziale, per cui non è opportuno analizzarli nel dettaglio.

Hub

Gli hub sono essenzialmente degli accentratori di rete. A questi si connettono tutti i dispositivi non dotati di Wi-Fi che utilizzano standard di comunicazione differenti (solitamente Z-Wave o ZigBee, entrambi IEEE802.15.4). Solo l’hub prende un posto nella rete locale e sarà con lui che comunicheranno sia gli smartphone che la centrale di domotica per raggiungere i dispositivi satellite. Facciamo un esempio pratico: il Philips Hue Bridge 2.0 è un hub a cui si connettono tutti i dispositivi della serie Hue, ma anche le lampadine di altri brand che utilizzano un protocollo di comunicazione compatibile (come quelle di Osram o Ikea). L’hub ha una tabella di routing interna per catalogare tutti i dispositivi che gli si connettono ma nella rete locale noi vedremo solo lui. Il software degli hub può anche servire per aggiungere funzionalità o per estendere la compatibilità dei dispositivi non Wi-Fi con i sistemi di automazione o gli assistenti smart come Alexa, Siri e Google Assistant.

Ci sono varie tipologie di hub in circolazione:

  • Hub indipendente: è un dispositivo del tutto autosufficiente che ha sia la funzione di accentratore che il software per gestire i dispositivi e dialogare con le app (rientrano in questa categoria il Philips HUE Bridge, la Fibaro Home Center 2, Osram Lightify, Echo Plus, ecc…)
  • Hub dipendente: funge solo da centro stella per i dispositivi, ma necessità di un computer (che può essere un NAS, un PC o un Raspberry Pi) con il software per amministrare il tutto (lo sono ad esempio la chiavetta Z-Wave Aeotec, la ConBee ed altre).

Centrali di domotica

Si tratta degli apparati che consentono di amministrare la casa smart. L’hardware più gettonato è il Raspberry Pi 3, economico e abbastanza efficiente, ideale per iniziare. Altri gli preferiscono dei sistemi x86 compatti a basso consumo, come gli Intel NUC, oppure direttamente i NAS. Per la componente software i due principali sistemi sono Domoticz e Home Assistant. Su SaggiaMente abbiamo trattato entrambi ma negli ultimi anni c’è stata una migrazione di massa verso il secondo per la sua migliore interfaccia grafica e prospettive di crescita. In alcuni casi hardware e software vengono forniti in un’unica soluzione anche con l’hub: così avviene ad esempio per la centrale Home Center 2 di Fibaro, che però si limita a fungere da hub solo per i dispositivi Z-Wave (non gli si possono connettere ad esempio quelli ZigBee).

Quale che sia l’hardware o il software che si decide di utilizzare, il compito delle centrali di domotica è sempre lo stesso: consentire il dialogo tra tutti i dispositivi smart aggiungendo strumenti di automazione. Ad esempio su Home Assistant possiamo aggiungere sia gli hub di terze parti (sono ad esempio compatibili lo Hue Bridge 2.0, i Gateway Xiaomi o Aqara, la chiavetta Z-Wave di Aeotec ed altri) ma anche tutti i dispositivi nativamente connessi alla rete tramite Wi-Fi o Ethernet). Una volta che sono tutti nello stesso ambiente, si possono programmare automazioni che ne coinvolgono uno o più legandoli ad eventi di ogni tipo. Il limite è solo la fantasia. Inoltre questi sistemi possono consentirci di far “diventare compatibili” con gli assistenti vocali (sopratutto con Siri che è il meno supportato) anche quei dispositivi che nativamente non lo sono.

Assistenti Smart

Alexa, Google Home e Siri sono i principali assistenti vocali in lotta per conquistare le nostre case. I primi due sono già ben presenti anche in Italia, mentre il terzo ha una minore diffusione poiché lo strumento nato per dargli un corpo autonomo esterno allo smartphone, ovvero l’HomePod, non è ancora venduto da noi per problemi di linguaggio. Grazie a questi assistenti, che si materializzano sia sotto forma di smart speaker che integrati all’interno di smartphone, tablet, TV e smartwatch, possiamo eseguire delle azioni, richiamare delle scene o conoscere lo stato dei dispositivi inseriti nel nostro sistema domotico. Tutti e tre gli assistenti funzionano esclusivamente quando internet è attiva, quindi senza connessione riceveremo un laconico messaggio di errore. L’unica differenza è che mentre i primi due (Alexa e Google Home) accedono ai nostri dispositivi facendo comunque il giro dal web, Homekit (che è alla base del sistema domotico Apple) vi accede in locale, quindi se anche non ci fosse internet l’app Casa continuerebbe a funzionare e mancherebbe solo il controllo vocale con Siri. Quindi:

da dove conviene iniziare per aggiungere un po’ di domotica in casa?

La strada più facile è quella di scegliere un assistente vocale primario e comprare solo accessori specificatamente compatibili con esso. Ma la strada facile non è sempre la migliore, infatti così ci ritroveremo ad essere limitati sia per scelta dei dispositivi che per funzionalità. La strada più tortuosa, che può essere ad esempio quella di acquistare un Raspberry PI 3 ed installarci Home Assistant, è quella che si rivela più flessibile ed aperta a future integrazioni, ma richiede una maggiore dedizione da parte dell’utente. Per fortuna esiste il nostro SmartHome Channel su Slack, dove i SaggiUtenti donatori possono ottenere supporto diretto da tutta la nostra comunità e di recente abbiamo anche creato il canale Telegram @SmartHomeItalia che funge da primo contatto anche per gli utenti che non supportano il nostro sito.

Autore:
Massimiliano Latella (@lamax)

Revisione:
Maurizio Natali (@simplemal)
Alberto Zamboni (@albyzambo)

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