Recensione: Mac mini 2018, il quasi-tuttofare è tornato

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Mac + mini. Mi piace molto che l’aggettivo qui sia minuscolo, a differenza dei vari Pro, Plus e Max. Apple non utilizza la capitalizzazione delle parole a caso ma per caratterizzare i prodotti fin dal nome. Il minuscolo è per quelli che nascono come spin-off della linea originaria: più piccoli o depotenziati. Varianti come l’iPod nano, shuffle o lo stesso mini. Nel 2005 mi prestarono per alcuni giorni il primo modello PowerPC ed è stato lui che mi ha permesso di sondare nuovamente il terreno in casa Apple, dopo un primo esperimento non proprio convincente con l’iMac G3 nel 1999. Il passaggio definitivo avvenne l’anno dopo con il MacBook Pro 2006, poiché lo switch su Intel mi fornì un paracadute necessario per il lavoro in studio. Mi fa sorridere che allora vidi la funzionalità Boot Camp come una sicurezza, ma è normale visto che al tempo eravamo in tre in azienda e tutto il nostro workflow si era consolidato proprio sulla piattaforma software di Microsoft. In quello stesso periodo anche il piccolo desktop di casa Apple abbandonò l’architettura RISC e fu aggiornato con gli Intel Core Solo e Duo.

Le misure sono rimaste di 19,7cm per lato e 3,6cm di altezza

Il Mac mini è stato un elemento di rottura in casa Apple, perché nella sua prima versione costava solo $499 e pur aumentando di $100 col passaggio ad Intel rimase ancora nella soglia psicologia dei $500. Si dimostrò un incredibile alleato per veicolare gli utenti Windows che all’epoca erano stanchi del vetusto XP e non trovavano nel successore Vista motivo di speranza. Erano gli anni della storica campagna Get a Mac, che non a caso mirava a far capire agli altri che i computer Apple e il Mac OS X di allora fornivano un’esperienza d’uso più semplice ed appagante. Pur senza numeri alla mano, è facile immaginare che con il boom di notorietà dovuto all’iPhone l’anno dopo, e le attenzioni che inevitabilmente confluirono anche sui Mac, il mini giocò un ruolo determinante. È stato il primo computer Apple per molti che vollero sperimentare questa piattaforma senza rischiare troppo, spinti dall’apprezzamento per lo smartphone con la mela.

Finora abbiamo avuto solo due formati di Mac mini, l’ultimo modello 2018 ha introdotto il Grigio Siderale

Questo piccoletto seppe far breccia in molti cuori e rimase nella stessa fascia di prezzo per alcuni anni, anche se nel 2009 Apple intravide una nuova possibilità e gli affiancò una versione Server più carrozzata e costosa. L’esperimento fu per alcuni versi un successo e venne riproposto negli anni a venire fino al 2012. Il prezzo della versione base salì a $699 solo nel 2010, ma poi ritornò sui precedenti $599 l’anno dopo e addirittura nel 2014 arrivò una versione depotenziata (con hardware preso in presto dal MacBook Air) offerto a soli $499. Ho usato i prezzi in dollari perché sono gli unici che possono far capire il vero andamento del listino, difatti in Italia ci furono fluttuazioni importanti dovute al cambio, al punto che a novembre del 2010 Apple tolse 100€ dal prezzo del mini e 150€ dalla variante Server. Erano gli anni in cui i Mac venivano proposti da noi con il cambio 1:1 e fa sorridere che al tempo ci sembrava esagerato, considerando come stanno le cose ora.

Prima dell’ultimo aggiornamento, il Mac mini era fermo al modello 2014

La storia del Mac mini si è interrotta bruscamente nel 2014, con quel modello dotato di CPU Haswell che è stato in vendita fino al 30 ottobre 2018. Questa interminabile pausa lunga 1475 giorni ha lasciato molti utenti col fiato sospeso, in attesa di scoprire il futuro che Apple avrebbe riservato al singolare ed apprezzato computer.

Il Mac mini 2014 è stato aggiornato dopo 1475 giorni

Certo non parliamo di un prodotto iconico come l’iMac o il MacBook Air, che tutti conoscono anche solo di vista o per sentito dire, ma gli estimatori non gli sono mai mancati. Credo che in nessun momento il mini sia stato il più venduto della lineup ed è per questo che a più riprese si è temuto per il peggio: la sua estinzione. Evidentemente ci hanno pensato parecchio anche a Cupertino prima di prendere una decisione, ma ad ottobre del 2017 Tim Cook ha fatto sapere che il mini avrebbe avuto un ruolo determinante nella futura proposta dell’azienda. C’è voluto un anno intero, ma alla fine è successo.

Il grigio siderale del Mac mini 2018 sembra un po’ più scuro rispetto quello dei portatili

Più scuro, più bello

Il ritorno del Mac mini 2018 non ha portato con sé modifiche rilevanti al design introdotto nel 2010, salvo per una novità: il colore. Il grigio siderale arriva come unico elemento di caratterizzazione visibile e stranamente in esclusiva, sostituendo di sana piana la tinta classica più chiara. L’unico altro Mac in cui ciò si verifica è l’iMac Pro. Strana scelta, dunque, ma la motivazione potrebbe essere quella dell’ottimizzazione dei costi di produzione, consapevoli del fatto che da quando è arrivato il grigio siderale è il più venduto su tutta la linea. Come vantaggio secondario c’è quello di ottenere una netta linea di demarcazione visiva tra il vecchio e il nuovo.

Col Mac mini 2018 Apple dice addio alla variante davvero economica

Il più caro di sempre

Se l’ultimo mini del 2014 aveva una variante economica a $499 (per quanto depotenziata), quello del 2018 innalza il listino dopo tanto tempo, arrivando per la prima volta a $799 per il base gamma. In Italia parliamo di ben 919€, che gli fanno mantenere la palma del Mac più economico con uno scarto davvero minimo. L’iMac da 21,5″ parte infatti da 1349€ e pur essendo più vecchio include anche uno schermo e i costosi Magic Mouse e Magic Keyboard. Il mini ha sempre avuto il vantaggio/svantaggio di poter/dover comprare separatamente questi tre elementi, scegliendoli in base alle proprie necessità, per cui ci si può risparmiare ma anche spendere molto di più. Resta il fatto che per il solo “case” si spendono oltre 900€ se ci si accontenta del modello base, che arriva dotato solo di un cavo di alimentazione e due sticker. Nulla di più.

In dotazione c’è solo il cavo di alimentazione: mouse, tastiera, monitor e casse vanno acquistate

Personalmente ritengo che Apple abbia sbagliato a non mantenere una variante a $499 (e scusate se continuo a parlare di dollari, è necessario per confronti rispetto al passato). Non dico che sarebbe dovuto costare tanto quello che viene proposto da noi a 919€, ma che c’era lo spazio per creare un modello con hardware più economico, replicando la formula del 2014, magari riciclando i chip del vecchio MacBook Pro 13″ 2017 ancora a listino o persino quelli dei MacBook o MacBook Air 2018. La potenza per uso multimedia/office non sarebbe mancata e si sarebbe mantenuto un piede nel segmento con più larga potenzialità di vendita. In Italia sarebbe costato 569€ applicando il medesimo cambio, rimanendo così nella sua precedente fascia. E invece c’è tutta una fetta di utenti che fino a ieri avrebbero o hanno scelto il mini che dopo questo aggiornamento hanno proprio perso il loro modello di riferimento. Questo è il primo errore che a mio avviso è stato fatto ed è di tipo strategico prima che hardware.

Costa di più del precedente ma ora ci sono processori più veloci e memorie flash su tutti i modelli

A tutto Flash

Se c’è una cosa di cui si deve essere contenti è che sono spariti finalmente gli HDD magnetici. Forse questo non sarebbe stato possibile volendo mantenere un modello con il prezzo precedente (a meno di non dotarlo di SSD SATA), ma il vero problema è un altro: la capienza. Mi rifiuto di giustificare la scelta di partire da soli 128GB, quali che siano le attenuanti che possano venirci in mente.

128GB per un computer desktop di questo costo sono una miseria

Sono unità flash PCIe molto veloci, ok, ed è anche vero che aggiungere dello storage esterno su un computer da scrivania è un non problema visto che un HDD da 4TB autoalimentato si compra a 100€, si collega con un solo cavo e si può anche nascondere dietro la scrivania. Rimane però un taglio davvero troppo piccolo per il prezzo pagato e la cosa diventa ancor più fastidiosa se si considera che l’upgrade a 256GB costa 240€ in più, quando con la stessa cifra si compra un SSD PCIe da 1TB di qualità analoga. E per peggiorare le cose il disco è pure saldato, quindi non sostituibile dall’utente. Dal mio punto di vista questo è il più grande difetto del Mac mini in termini di offerta: accetto i prezzi elevati senza troppe riserve se questi sono commisurati ai componenti e 256GB di base erano per me necessari, non soltanto preferibili.

Giusto per farci due risate (amare), ecco i prezzi degli upgrade SSD:

  • Modello base da 128GB a 256GB + 240€
  • Modello top da 256GB a 512GB + 240€
  • Modello top da 256GB a 1TB + 720€
  • Modello top da 256GB a 2TB + 1680€

Aggiornare con cautela

Durante la presentazione del nuovo Mac mini 2018, Apple ha mostrato una foto in cui si vedevano chiaramente i due moduli SODIMM standard della RAM, subito sotto il coperchio circolare alla base. Questa non è saldata, dunque, ed abbiamo tutti gioito scoprendolo. Ci siamo un po’ dispiaciuti più tardi, quando si è scoperto che la procedura è (o e stata resa) più complicata del necessario. Il coperchio non è semplicemente “avvitato” come nei vecchi modelli e la RAM è coperta da una griglia di metallo che ci obbliga a smontare l’intera scheda logica per poter accedere alla memoria. Per chi è un minimo pratico non ci saranno problemi, ma Apple ha così evitato di rendere l’operazione semplice per tutti, invogliando i meno esperti (o più timorosi per la garanzia) a spendere qualcosa in più in fase di configurazione per comprare l’upgrade griffato Apple. È vero che gli 8GB di base sono in grado di soddisfare una grande fetta dei potenziali utenti di questo computer, ma è anche vero che il prezzo delle configurazioni personalizzate sui Mac è sempre troppo elevato. Ben 240€ per passare da 8GB a 16GB, quando con 150€ si comprano 16GB compatibili e ci rimangono pure gli 8 di serie.

I prezzi degli upgrade sono… pesanti

Il listino degli upgrade offerti da Apple non ha alcuna correlazione con la realtà.

Sono dei prezzi stabiliti a tavolino da chissà quale genio del marketing che ha deciso di farli pagare un “tot” standard a prescindere da quanto effettivamente costino. Ogni aggiunta è proposta ad un multiplo di 120€, non è un caso che anche la RAM abbia gli stessi scaglioni di prezzo degli SSD:

  • 16GB + 240€
  • 32GB + 720€
  • 64GB + 1680€

Un formato smart

Quasi tutti i computer desktop compatti presenti sul mercato hanno un alimentatore esterno. Un grosso parallelepipedo che finisce per terra quando non crea inestetismi sulla scrivania. Apple ha invece inserito l’alimentazione nel case quando è passata al design unibody nel 2010, per cui basta soltanto collegare il cavo ad una presa (come si fa con i TV). Credo che il mini sia piuttosto compatto se si considera questa caratteristica, ma anche se fosse stato possibile ridurlo di dimensioni Apple ha fatto bene a non farlo. Vi sono infatti decine e decine di supporti nati per attaccare il Mac mini praticamente ovunque, dal muro al retro del TV, così come impilato in rack. Non so se hanno pensato agli utenti o semplicemente scelto la via più semplice, ma il risultato non cambia e a me piace. Sarebbe bello un computer delle dimensioni della Apple TV (ricordate il Mac nano?) ma questo sarà possibile solo quando e se i Mac passeranno ai SoC ARM degli iDevice, a meno di non usare hardware depotenziato e fanless della serie Core Y o simili.

Più veloce che mai

Nei Mac mini siamo abituati a vedere solitamente le CPU a medio o basso voltaggio di classe mobile, come quelle della serie U, M o QM, mentre in questa generazione 2018 ci sono delle Coffee Lake B, che si posizionano al di sopra delle più note H. In pratica hanno frequenze più elevate ed un TDP maggiore, il tutto per avvicinarsi alle prestazioni delle controparti desktop. Questa serie è stata creata da Intel appositamente per sistemi embedded, all-in-one e computer di dimensioni compatte che non sacrificano la velocità.

Attenti a quell’i3: è un quad-core con buona frequenza, le prestazioni convincono. Image from Geekbench

Si parte con l’i3-8100B della versione base, un quad-core da 3,6GHz che non ha Turbo Boost (incremento frequenza) e Hyper Threading (raddoppio dei nuclei di calcolo virtuali) ma spinge molto di più del più potente i7 visto finora sui mini. Non è una sorpresa, visto che l’ultimo upgrade di questo computer risaliva al 2014 e che il nuovo chip Coffee Lake ha quattro core, ma temo non siano cose note ai più. Almeno a giudicare dalle critiche ricevute da questo più che valido processore. Come modello entry va benissimo, il problema della configurazione base è un altro: la ridicola capacità dell’SSD. Tuttavia per avere 256GB si arriva a spendere 1159€, quando il modello superiore da 1269€ li ha di serie oltre ad un processore ben più performante.

Bellissimo il dettaglio del LED di stato che si vede sono da acceso attraverso l’alluminio

Per questo motivo molti decideranno di passare a questa versione, dotata di CPU i5-8500B. Qui si sale a 6-core con una velocità di 3GHz che può arrivare a 4,1GHz grazie al Turbo Boost. Anche in questo caso manca l’Hyper-Threading ma le prestazioni sono comunque ben più alte rispetto a quelle dell’i3. Si tratta della configurazione migliore, per quanto mi riguarda, e infatti è quella ho scelto. Se con la CPU base si va benissimo per office e multimedia, con questa si affrontano tranquillamente i carichi di lavoro più intensivi, escludendo chiaramente quelli GPU-based. Tanto per capirci:

questo i5 fa andare il Mac mini più veloce dell’iMac 5K top attualmente in commercio

È certamente un suo plus ma va detto che dipende principalmente da un grave (de)merito di Apple, che pur avendo le CPU Coffee Lake desktop sotto mano da un anno – come tutti gli altri produttori – vende ancora l’all-in-one con i vecchi Kaby Lake che hanno pure meno core. Così, tanto per infastidirci e marginare un po’ di più, che fa sempre bene alle sue povere casse.

Il Mac mini è piuttosto compatto, si trova sempre un posto dove metterlo

Andando a guardare le opzioni di potenziamento in fase d’ordine, si trova l’i7-8700B con una spesa aggiuntiva di 240€ (la cifra è ricorrente, ormai l’avrete capito). Questo ha una frequenza di 3,2GHz che sale fino a 4,6GHz grazie al Turbo Boost. Ha sempre 6-core ma è dotato di Hyper Threading, quindi lavora in totale con 12-thread. Ovviamente le prestazioni sono migliori rispetto quelle dell’i5, ma il vantaggio reale è contenuto. Se dall’i3 all’i5 si ottiene un incremento delle capacità di calcolo nude del 45% in questo caso è un ben più modesto 20%. Non voglio dire che sia inutile, ma in molti casi non ne varrà la pena.

Con questo aggiornamento il Mac mini guadagna il chip Apple T2, allineandosi al resto della gamma di ultima generazione. Non essendoci Touch ID o Face ID si perderanno le funzionalità legate alla Secure Enclave, ma, come nell’iMac Pro, si beneficerà del Secure Boot e si scaricherà l’hardware principale da alcuni compiti, come ad esempio la gestione della SMC ed “Ehi Siri!”.

Senza una scheda grafica dedicata, l’unica mezza soluzione è una eGPU. Qui sopra il box AKiTiO Node Pro

Manca una GPU decente

Nell’offerta dei Mac mini 2018 si sente la mancanza di un modello entry più abbordabile, ma anche quella di un vero top di gamma. Il problema non è nelle CPU visto che già l’i3 si comporta bene, l’i5 è validissimo e l’i7 va una bomba. Il guaio è la GPU, poiché in tutti questi chip vi è la misera Intel UHD Graphics 630. Persino il MacBook Pro 13″ base (quello senza touch bar che non è stato aggiornato nel 2018), ha una più performante 640. Ma anche con quella il discorso non sarebbe cambiato nella sostanza. Se è stato possibile mettere le Vega 16 e 20 nei ben più sottili MacBook Pro 15″, allora si poteva fare anche nel Mac mini. Non dico che dovesse essere lo standard e onestamente avrei preso di buon grado anche le vecchie AMD 560X in questo caso. La GPU interna dedicata è una lacuna pesante in questo computer, ben più di quanto non lo fosse in passato. Ora che il Mac mini è davvero potente, la disparità tra processore e scheda grafica si traduce in un sostanzioso disequilibrio dell’hardware nei modelli più carrozzati.

Le GPU Intel includono Quick Sync per codifica video hardware. Image from Wikipedia

I compiti CPU based si svolgono alle grande e anche col video si può lavoricchiare fintanto che si usano file la cui decodifica è presa in carico da Intel Quick Sync. Il problema riguarda tutti gli ambiti in cui si sfruttano librerie grafiche o la capacità computazione della GPU, poiché viene immediatamente fuori la sua inadeguatezza. L’unico software di montaggio professionale che si può usare su questa macchina è Final Cut Pro, ma sempre limitandosi a materiale video leggero e senza lavorazioni complesse, perché la Color o i LUT fanno scendere drammaticamente il framerate. La promessa della eGPU è interessante, non c’è dubbio, ma da sempre sostengo che si tratti di una buona idea che non conviene. Ne ho parlato in tanti articoli portando esempi concreti, ma in sintesi c’è da considerare:

  1. costi aggiuntivi troppo elevati (ci si compra un iMac a quel punto)
  2. prestazioni ridotte dovute al taglio di banda (approfondimento)
  3. impossibilità di uso nativo delle migliori GPU di NVIDIA
  4. limitazioni software: sono poche le app in cui si può decidere di utilizzare la eGPU per i “calcoli” a meno di non connettere lo schermo direttamente su di lei, ma questo comporta la perdita del 4K @60Hz per il solito taglio di banda.

Ci sono pochissime condizioni d’uso in cui tutti e quattro questi punti diventano un non-problema e i vantaggi superano gli svantaggi. Onestamente, però, mi è più facile immaginarli con un portatile, che si può trasformare di colpo in un desktop più performante collegando un prodotto come l’AKiTiO Node Pro (recensione).

Iperconnesso

Se c’è una cosa che Apple ha indovinato nel nuovo Mac mini 2018 è la dotazione di porte. Per chi non ama i cavi ci sono il Wi-Fi ac e il Bluetooth 5.0, ma la buona notizia è che si è pensato anche al passato (o presente?) mantenendo due USB 3 in formato standard, che sono utilissime oggi e lo saranno ancora per molti anni a venire. C’è poi una HDMI 2.0 per collegamento video rapido a TV e monitor in Ultra HD @ 60Hz ed un’uscita audio da 3,5mm per cuffie. Non manca la Gigabit Ethernet ed è interessantissima la possibilità di acquistare per 120€ l’upgrade a quella da 10Gbps. Sono stato tentato fino all’ultimo di prenderla ma credo ci vorrà parecchio tempo prima che si vedano router e switch compatibili a prezzi che ne consentano una migliore diffusione. E quando succederà, se dovessi ancora avere questo Mac, risolverò ugualmente con un dongle. Arriviamo così a parlare del piatto forte, ovvero le quattro Thunderbolt 3 USB-C che accomunano il Mac mini ad un altro computer Apple: l’iMac Pro.

Quante belle porte! Da questo punto di vista non gli si può dire davvero niente

Una sola di queste porte offre una banda di 40Gbps, quindi parliamo in totale di 160Gbps di informazioni scambiabili con l’esterno direttamente dal bus PCIe. Dalla teoria alla pratica le cose sono molto diverse, però, e se prendiamo l’uso per cui la T3 sarebbe fondamentale nel Mac mini, ovvero il collegamento di eGPU, scopriamo che si può “simulare” al massimo una connessione PCIe 4x, andando dunque a sacrificare le reali performance di tutte le GPU contemporanee, specie quelle più potenti.

eGPU via Thunderbolt 3 vs GPU PCIe 3.0: la matematica dietro le quinte

Ciò non toglie che avere quattro T3 espanda le possibilità di connessione in modo incredibile. Oltre alla normale compatibilità con i dispositivi USB-C, come le pendrive, gli SSD o le schede audio, ognuna di queste porte può essere usata per collegare hub o docking station. Se ci interessano gli schermi, potremo arrivare fino ad un massimo di tre Ultra HD a 60Hz sfruttando la HDMI e due T3/USB-C. Il limite non è dovuto alle porte ma alla scheda grafica interna. Difatti ognuna delle quattro Thunderbolt 3 sarebbe capace di supportare schermi 5K a 60Hz, ma sul Mac mini ne potremo collegare uno soltanto. Un’altra cosa importante delle porte Thunderbolt 3 è che ci consentono di creare delle reti superveloci in modalità daisy-chain. In pratica si può connettere un Mac mini ad un altro Mac dotato di T3 ottenendo una rete velocissima e da quest’ultimo si potrà poi collegarne un altro in cascata. Ciò può essere utile sia per lo scambio dati che per la computazione, visto che alcuni software professionali come Cinema4D sono in grado di effettuare rendering sfruttando diverse macchine in rete (e quella basata sul bridge T3 è molto veloce).

rendering

Per chi è fatto il Mac mini?

Ora che il Mac mini mostra i muscoli, è inevitabile chiedersi a quale utente possa interessare la sua proposizione di valori. Il primo spartiacque è quello della GPU: chiunque possa giovare di una scheda grafica di buone prestazioni, farà bene a scartare fin da subito il mini. Su questo aspetto, però, spesso si fa della confusione. Chi lavora nel campo della grafica bidimensionale, che sia per il web o per la stampa, potrebbe trovare la Intel HD Graphics 630 già sufficiente per le proprie necessità. E anche chi fruisce di contenuti video non avrà nessuna limitazione, visto che i file in 4K scorrono via fluidi, a patto che siano H.264 o HEVC (diverso è con ProRes o RAW).

Intrattenimento, Office, Programmazione, Grafica 2D, sono tanti i settori in cui il Mac mini soddisfa

Il mini è di fatto il più economico dei Mac, ma considerando la necessità di acquistare delle periferiche può passare dal conveniente al del tutto insensato in un nano secondo. Diciamo che servono almeno il monitor, la tastiera ed il mouse, anche se le casse saranno di certo un acquisto da valutare visto che lo speaker integrato è poco più di un cicalino. Se si possiedono già tutte queste cose, magari riciclate da una precedente postazione, allora il vantaggio sarà concreto. Ma ipotizziamo per un attimo di doverle comprare da zero e di sceglierle nel catalogo Apple.

Partendo dal Mac mini che consiglio, ovvero quello con i5 da 1269€, aggiungendo mouse, tastiera e il monitor LG UltraFine più economico, si arriva ad un totale di 2266€. Mancano ancora degli speaker decenti ed una webcam, senza considerare che lo schermo è un piccolo 21,5″ e c’è chi preferisce il più costoso Magic Trackpad 2. Insomma, per quanto mi riguarda un acquisto simile sarebbe del tutto insensato, quando un iMac 5K + SSD da 256GB – evitate il Fusion Drive, vi prego! – costa una cinquantina di Euro in più (2319€). A livello di CPU vince il mini, ma solo perché Apple non ha ancora messo i chip Coffee Lake nel suo all-in-one, e in tutti i casi come computer a tutto tondo non c’è proprio paragone. Non solo lo schermo è un ben più apprezzabile 27″ 5K ma qui c’è anche una scheda grafica dedicata, casse più che decenti, webcam, tastiera e mouse inclusi. Senza considerare che l’upgrade di RAM si fa da un pratico sportellino sul retro.

Affinché il Mac mini abbia un senso, io credo che lo si debba abbinare a periferiche più smart.

Con la mia personale selezione che include mouse e tastiera Logitech ed uno schermo BenQ, la spesa aggiuntiva è scesa da 997€ a 634€, avendo però uno schermo non da 21,5″ ma da 32, sempre 4K. Ovviamente il pannello non può avere la stessa qualità, ma è un buon compromesso se si considera la spesa e il fatto che è persino più grande del display dell’iMac. Per giunta i prodotti in questione li ho presi in momenti diversi sfruttando le offerte, quindi li ho pagati tutti di meno. E volendo mantenersi su un 27″, ci sono degli schermi di LG IPS 4K a meno di 300€. Insomma le variabili qui sono infinite e questo può essere visto anche come un pro, visto che si potranno cambiare le periferiche con il tempo per migliorarle o se dovessero emergere necessità differenti.

È meglio non spendere troppo per gli accessori del Mac mini

Il punto è che non si deve spendere troppo per questo computer e neanche per i suoi accessori, altrimenti diventa del tutto controproducente. Un esempio concreto di quanto dico lo si ottiene configurando il Mac mini con i7, 32GB, 1TB e 10Gbit Ethernet (3069€) più il monitor LG UltraFine 5K (1399€), la eGPU Pro di Blackmagic (1359€), mouse e tastiera grigio siderale (248€). Così facendo si arriva molto vicino alle specifiche dell’iMac Pro base che costa 5599€, ma si spendono 6075€. E non è solo la spesa in più il problema, visto che mancheranno comunque alcune cose (come le casse e la webcam) e non si raggiungerebbero le medesime prestazioni.

Per aver senso il mini deve essere configurato con misura all’origine ed associato a periferiche buone ma economiche. Non sarà mai il computer giusto per montaggio video, prototipazione, animazione, ecc.. ma può dire la sua nel campo audio, per la programmazione e molte altre attività basate principalmente sulla CPU. Inoltre rimane sempre la scelta dettata dal budget, perché tra periferiche di recupero o da battaglia si può spendere poco o niente per dotarsi di monitor, tastiera, mouse e casse.

Ci sarebbe poi l’uso come server multimediale, file o servizi, ma onestamente è un impiego che non comprendo pienamente. macOS ha visto sparire anni fa la versione dedicata a questo scopo (trasformata in un pacchetto di app) e con il tempo anche i servizi si sono ridotti (ringraziamo Mojave per questo). Le prestazioni ci sono, ancor più che in passato, ma i costi non sono adeguati se si considerano alternative Linux-based. Ci saranno sicuramente scenari in cui possa essere una buona scelta, ma credo siano una minoranza nella minoranza.

Conclusione

Voto 4/5

Nel complesso il Mac mini 2018 è un computer che mi piace. Al di là di qualche strafalcione commerciale legato alla proposta economica ed alle opzioni di personalizzazione – in parte care e in parte assenti, con riferimento alla GPU – è un aggiornamento di sostanza. La livrea grigio siderale gli dona e si apprezzano alcune chicche come il minuscolo LED di notifica che si accende al di sotto della scocca ma non si vede da spento. Evito di elencare una sfilza di ipotesi, iniziando dalla più gettonata “se fosse costato di meno”, ma devo ribadire i due punti deboli dell’offerta. Da un lato c’è una versione base che ha già un prezzo importante ed è assurdo abbia solo 128GB di storage, dall’altro una versione top configurabile per ottenere prestazioni eccellenti ma sulla quale non vi è l’opzione di GPU dedicata.

Oltre all’eventualità di montare una soluzione top di AMD, con la Vega 16 o 20 dei MacBook Pro 15″, c’era anche la possibilità di utilizzare i pacchetti Intel Core di ottava generazione con GPU Vega GL, che hanno lo stesso TDP da 65W delle CPU utilizzate da Apple. La prima soluzione sarebbe stata perfetta mentre nel secondo caso sarebbero mancate le opzioni 6-core, ma con entrambe le strade si sarebbe ottenuto un sistema più bilanciato. Il Mac mini 2018 come computer tuttofare è molto valido, ma solo se l’utente non abbia necessità di una scheda grafica anche solo discreta. La scelta di Apple è in linea con il passato del Mac mini ma rappresenta una bella zavorra per il suo futuro.

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Mac mini sull’Apple Store Online

PRO
+ Il design che già conoscevamo migliorato dal Grigio Siderale
+ La RAM si può ancora aggiornare manualmente (anche se meno facilmente di prima)
+ Ottime CPU sin dal modello base
+ Le opzioni di connettività, fisica e wireless, sono eccellenti
+ Silenziosissimo e con areazione riprogettata
+ Efficienza energetica e sicurezza migliorate grazie al chip T2

CONTRO
- Assenza di un modello entry più economico
- Memoria flash troppo piccola nel modello base in relazione al prezzo
- Possibilità mancata lato GPU: ci sono solo le mediocri HD 630 integrate

DA CONSIDERARE
| Non spendeteci troppo in fase d’acquisto e neanche con le periferiche, altrimenti il gioco non vale la candela

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.