iPhone costa troppo ma Apple non può ridurre i prezzi: perché non partire da 128GB nel 2019?

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Il Q1 2019 di Apple ha visto un’importante riduzione di fatturato per l’iPhone, che trova parte della sua ragion d’essere nella flessione dei mercati asiatici. Ma sarebbe errato leggere i dati dimenticandosi che l’azienda di Cupertino ha registrato molto spesso andamenti in controtendenza in passato, infatti anche il CEO Tim Cook e il CFO Luca Maestri hanno fornito spiegazioni aggiuntive. Una di quelle ricorrenti, in quanto oggetto di un vasto dibattito nell’ultimo anno, riguarda i prezzi.

“So yes, I do think the price is a factor”, ha detto Tim Cook presentando i risultati finanziari, ma ha poi spiegato la logica con cui sono stati stabiliti i prezzi degli ultimi iPhone, con il XS statico rispetto al precedente X, il XR più in basso e il nuovo XS Max più in alto. Per quanto il discorso appaia sensato, rende più difficile tradurre l’iniziale affermazione in una presa di posizione per il futuro. Se le cose stanno così, infatti, non c’è da aspettarsi grandi cambiamenti quest’anno. Non a caso Luca Maestri ha sollevato una questione diversa, puntando il dito sulle conversioni di valuta e il fatto che in alcuni paesi gli iPhone hanno subito per questo un notevole incremento di prezzo negli ultimi anni, anche se non direttamente dovuto ad Apple.

Un discorso simile ha fatto il 22 febbraio il COO di Apple Jeff Williams, in un breve intervento presso la Elon University. La questione dei prezzi elevati è stata sollevata da uno studente durante una sessione di domande aperte, il quale ha anche parlato di alcuni report secondo cui l’iPhone costi effettivamente molto di meno ad Apple (si stima tra i $350 e $450 per il XS Max). La risposta di Williams è partita in modo ineccepibile, ricordando che gli analisti che fanno questi calcoli non conoscono il dietro le quinte e non valutano tante spese necessarie per arrivare al prodotto finito.

“The stories that come out about the cost of our products [have been] the bane of my existence from the beginning of time, including our early days [..] Analysts don’t really understand the cost of what we do and how much care we put into making our products.” 

AppleInsider riporta queste affermazioni e ricorda che per l’Apple Watch l’azienda ha creato un laboratorio fisiologico con 40 infermieri, conducendo uno studio su oltre 10.000 partecipanti al fine di stabilire il miglior metodo per valutare le calorie bruciate durante gli esercizi. Queste cose hanno naturalmente un costo che si ritrova nel prodotto finito e che tuttavia molti evitano riproponendo soluzioni tecniche già esistenti, senza curarsi di verificarne l’efficacia. Tuttavia anche Williams ha dovuto dire che comprende le critiche sull’innalzamento dei prezzi Apple, aggiungendo che non vogliono essere un’azienda elitaria ma egualitaria e precisando che stanno lavorando molto per i mercati in via di sviluppo.

“We do not want to be an elitist company. That’s not — we want to be an egalitarian company, and we’ve got a lot of work going on in developing markets.”

Quest’ultimo punto sembra fare il paio con quanto detto da Luca Maestri durante la presentazione dei risultati finanziari, cosa che non deve stupire visto che aziende di questo calibro devono mantenere una linea comunicativa coerente. A meno di ulteriori scossoni, però, pare che il prezzo in occidente non sarà oggetto di revisione. Almeno non quello di listino. Probabilmente l’azienda metterà a regime alcuni degli esperimenti di promozione condotti in oriente e nei paesi emergenti al termine dello scorso anno, assorbendo parte del prezzo dove il cambio di valuta si dimostra particolarmente sfavorevole. A parte la condiscendenza di facciata, non è stata espressa finora alcuna dichiarazione che lasci davvero presupporre dei tagli al listino nel breve periodo. Hanno confermato che i prezzi alti sono stati un fattore negativo per le vendite, ma subito dopo hanno sempre ribadito la logica con cui sono stabiliti, spostando l’attenzione solo sulla questione dei paesi emergenti e le conversioni in valute estere.

Purtroppo le aziende concorrenti di rilievo nel settore smartphone non stanno facendo molto per delegittimare il listino di Apple. Anzi, le big del settore l’hanno seguita. Basta vedere i prezzi degli ultimi Samsung S10 per conferma. Ovviamente parlo dei prezzi del cartellino, poi sappiamo come va a finire con gli smartphone in breve tempo e ormai neanche gli iPhone sono immuni agli sconti. Tuttavia non ce la vedo Apple che propone i prossimi iPhone con un prezzo inferiore rispetto ai top di mercato Android e nulla hanno detto che possa farci pensare che lo faranno. Loro dicono di non voler essere elitari, ora che vogliono rivedere un segno più, ma le politiche di prodotto e prezzo mantenute ci dicono chiaramente il contrario. Se volessero davvero realizzare prodotti per tutti potrebbero benissimo fare dei modelli di iPhone e Mac più economici. E invece ogni restyling porta ad un innalzamento della mira, come successo di recente con Mac mini (recensione).

I prezzi di iPhone XS Max partono dal taglio di memoria minimo di soli 64GB per quasi 1300€

Ridurre i prezzi senza ridurli davvero è un bel grattacapo e la soluzione migliore per me sarebbe quella di aumentare il valore del prodotto. La cosa più semplice su cui agire, andando anche in contro alle richieste degli utenti, sarebbero i tagli di memoria. Ad oggi moltissimi acquirenti scelgono iPhone XS e XS Max da 256GB perché i 64GB sono pochi, soprattutto in relazione ad un prezzo d’acquisto di circa 1.300€. Quindi l’effettivo prezzo pagato è spesso ben più alto e anche chi prende il modello base per questioni di budget gradirebbe qualcosa in più in termini di memoria. Ormai sono molti anni che Apple adotta la strategia del doppio salto (16/64 – 32/128 – 64/256) ma va detto che siamo fermi ai 64GB di base da troppo tempo. Sarebbe sicuramente cosa giusta con le nuove versioni partire da 128GB, così mantenere il prezzo avrebbe certamente un impatto diverso e si darebbe una ragione in più agli utenti per acquistare.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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