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Pochi giorni fa Samsung ha ufficializzato il Galaxy Fold, che qualcuno pensava si sarebbe ricordato come il primo e l’ultimo smartphone pieghevole della storia. In realtà ce n’è già un secondo in arrivo, si chiamerà Huawei Mate X ed è stato anticipato da un cartellone pubblicitario immortalato su Twitter:

I due marchi più influenti nel mondo degli smartphone Android hanno quindi deciso di tentare questa nuova strada e ciò significa che anche altri produttori si vorranno accodare. Ovviamente la complessità tecnologica restringerà molto il cerchio, ma potete star certi che almeno Oppo e Xiaomi ci stiano già pensando o addirittura lavorando. In questo settore sono pochi quelli che innovano seriamente e in tutti i casi si viaggia ad una velocità tale per cui spesso le aziende si sentono obbligate a seguire il flusso a testa bassa senza riflettere più di tanto, poiché mettersi in modalità di attesa può voler dire perdere un treno importante in termini di immagine, ricavi, borsa e prospettive future.

A prescindere della specifiche tecniche – che a mio avviso sono poco rilevanti in questa prima fase di sviluppo – tutti gli smartphone “pieghevoli” che usciranno di qui in avanti dovranno soprattutto dimostrare di essere utili. E dovranno anche resistere alla prova del tempo, perché il rischio di riportare alla mente il vecchio spot spezza con KitKat è dietro l’angolo. Il Galaxy Fold ha inoltre un evidente limite nell’aspetto e nella ridotta dimensione dello schermo da chiuso, che sarà inevitabilmente un tallone d’Achille visto che renderà l’uso a schermo aperto più una necessità che una comodità aggiuntiva.

Mi ricorda moltissimo il mio vecchio Nokia Communicator e soprattutto il motivo per cui alla fine l’ho venduto. Quel tipo di “cellulare” ha avuto il suo momento di gloria in passato. Ci sono stati molti cloni e varianti, nonché miglioramenti nel corso degli anni, e ce lo siamo ritrovato in salsa diversa pure con alcuni device Windows Mobile di HTC. Come per gli organismi viventi, questo è stato un tentativo di evoluzione utile anche se poi fallito e dimenticato.

Non sto qui a parlare di flop o non flop commerciale, credo che la questione vada analizzata al di là delle vendite del singolo prodotto e in chiave più aperta. Dico solo che un dispositivo bivalente non funziona bene se la sua forma primaria d’uso è quella più scomoda. Questo non è un tablet che si chiude ma uno smartphone che si apre, dunque ha più senso avere sacrifici nella funzione secondaria al contrario di ciò che è stato fatto da Samsung. Limiti tecnici, forse, o magari scelte progettuali fatte all’inizio che si sono rivelate vincolanti quando ormai era troppo tardi per rifare tutto da capo ed era più utile portare comunque a termine il lavoro in termini di marketing e per essere ricordati come “i primi”. Il lavoro fatto da Huawei, che qui ho tentato grossolanamente di ricostruire (ma non guardate l’angolo in alto a sinistra dello schermo aperto), sembra invece più interessante.

L’azienda pare essere riuscita a concentrare parte degli elementi hardware in una sorta di cerniera, utilizzando lo stesso schermo sia da aperto che da chiuso. In pratica la metà sinistra del pannello diventa quella principale nell’utilizzo a mo’ di smartphone, ottenendo un rapporto body-to-screen migliore oltre che un risultato più gradevole in termini estetici. Il lato negativo è che il dorso è in realtà schermo, quindi sarà un po’ più delicato, ma siamo già abituati ad averlo in vetro o ceramica, per cui potrebbe essere meno problematico del previsto all’atto pratico. È facile che gli smartphone pieghevoli rappresenteranno il prossimo cavallo di battaglia del marketing e potrebbero rivelarsi un vicolo cieco come uno step evolutivo importante, preferisco non fare troppe supposizioni in merito. Di certo alimenterà il mercato con una ventata di novità e guiderà per un po’ lo sviluppo, portando a conquiste che potrebbero poi essere applicate anche in altri campi. Per questo credo che, comunque andrà. gli investimenti in ricerca e sviluppo non saranno sprecati. Sperimentare non può che far bene all’intera industria e chissà che questo filone non porti davvero a qualcosa di buono.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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