Stadia, il cloud gaming alla maniera di Google

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Lo scorso anno si sono man mano intensificati i rumor riguardanti un ingresso di Google in prima persona nei videogiochi, sia sotto forma di un servizio di elaborazione dei titoli da remoto (sullo stile di PlayStation Now) sia attraverso un dispositivo dedicato. Le intenzioni sono state in parte confermate nell’ultima parte del 2018, col progetto pilota Stream che ha verificato la fattibilità di un servizio di cloud gaming attraverso Chrome. La risposta è stata positiva e oggi Big G ne ha presentato i frutti completi: Stadia.

I rumor riguardo ad una propria console non sono stati confermati, perché l’obiettivo di Stadia è proprio di non averne bisogno. La conferma è nella sua natura cloud, che permette di trasformare in console alla bisogna pressoché qualsiasi dispositivo: PC, Mac, Chromebook, smartphone, tablet, TV e Chromecast. Su molti sarà proprio il browser di casa ad agire come portale di accesso a questo mondo ludico. Basta una buona connessione ed in circa 5 secondi si è pronti a giocare ai propri titoli preferiti, con alta qualità grafica e bassa latenza, aspetto quest’ultimo fondamentale per la migliore riuscita di un servizio del genere. Qualsiasi caratteristica che ci si aspetti da un servizio del genere sarà presente sin dall’inizio: 4K HDR a 60 fps (il supporto 8K seguirà), multigiocatore anche integrato con le altre piattaforme se il gioco lo prevede. Le sinergie con YouTube sono sfruttate in ambo i sensi: si può avviare immediatamente lo streaming di una sessione, così come trasformarsi da spettatore a protagonista dell’azione nel bel mezzo dello stream premendo un pulsante. Il servizio sarà dotato, quasi nemmeno a dirlo, d’integrazione con Google Assistant che permetterà così di cercare aiuto in caso di situazioni di gioco molto difficili.

In realtà, non è affatto privo di hardware, Stadia. Lato utente, si vedrà solamente il controller dedicato soprastante, che però non sarà obbligatorio dato che saranno supportati pure quelli di PlayStation ed Xbox. Il controller si collega automaticamente alla propria rete Wi-Fi e dunque ai server Google in modo diretto per la migliore esperienza d’uso. Il grosso, per l’appunto, è dove non si vede. La server farm dedicata è stata realizzata in collaborazione con AMD, che ha fornito una piattaforma personalizzata comprensiva per ogni unità di una CPU da 2,7 GHz, GPU basata sull’ultima architettura Radeon e 16 GB di RAM. Come risultato, una singola istanza genera una potenza elaborativa di ben 10,7 TFLOPS, sensibilmente superiori ai 6 di Xbox One X e ai 4,2 di PS4 Pro. Sul piano software, l’infrastruttura poggia su fondamenta Linux. Google ha posto molto accento sulla flessibilità per il futuro che una struttura del genere può offrire, con aggiornamenti tecnici nel corso del tempo per espandere sempre più le capacità del servizio.

Hardware e software servono però ben poco senza gli sviluppatori, come per ogni piattaforma di gioco che si rispetti. Per questo Google sta tessendo svariati accordi con studios di terze parti (ID Software sarà una delle prime a bordo con DOOM Eternal) nonché predisponendo strumenti per agevolare lo sviluppo di titoli pensati per l’esecuzione su Stadia. Ma c’è di più: in maniera analoga a quanto fanno Microsoft, Nintendo e Sony, anche in quel di Mountain View si adopereranno nella realizzazione dei cosiddetti titoli first-party, esclusivi per il servizio. Essa sarà guidata da una veterana del settore, Jade Raymond, che ha curato numerosi titoli di successo inclusi i primi Assassin’s Creed. Per avere maggiori informazioni su ciò che bollirà nella pentola degli uffici dello Stadia Games and Entertainment, tuttavia, dovremo attendere ancora un po’. Lo stesso vale per Stadia in sé, che debutterà in varie parti del mondo, Europa inclusa, più avanti quest’anno a prezzi da definire.

Una nuova iniziativa, ambiziosa come ci si aspetta da Google e con tutte le carte in regola per mostrare che il cloud gaming è pronto a fare sul serio riducendo la necessità di dispositivi locali ad alte prestazioni. Occorrerà però un cambio a livello concettuale, in un ambito che ancora non sembra essere davvero pronto a rinunciare in toto alla possibilità di giocare offline e al piacere di possedere una copia del gioco invece di “prenderlo in prestito” solamente. Per questo forse non farà successo sin da subito. Ma il se non appare in dubbio, solo il quando. Al momento opportuno, converrà per le tre grandi farsi trovare pronte a reggere l’impatto con adeguate controffensive. Nel frattempo, chissà che un’altra celebre azienda californiana non decida d’inserire anche il gaming tra gli obiettivi della sua transizione ai servizi, evitando il rischio di perdere una ghiottissima occasione a maggior ragione considerandone le elevate capacità tecniche nonché le buone connessioni con gli sviluppatori di giochi già intrattenute su iOS.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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