Nuovi iMac 27″ 2019 con Core i9: la dissipazione regge e non solo…

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A ridosso della presentazione dei nuovi iMac 2019 ho scritto un redazionale pepato su Apple e la sua attuale politica di prodotto. Lo spunto sono stati proprio gli all-in-one per le loro assurde configurazioni standard, ma il mio obiettivo non è mai stato quello di bocciare l’iMac, per questo ho aggiunto che:

“ho avuto tantissimi iMac e li ritengo macchine strepitose, che si usano con piacere e durano un’eternità se ben bilanciate nelle specifiche al momento dell’acquisto. È difficile che ci possa pentire di un iMac, soprattutto se lo si compra poco dopo un aggiornamento, poiché rimarrà attuale per tantissimo tempo e non è insolito vederne di ancora arzilli e pimpanti dopo 6/8 anni di vita.”

Il punto è che Apple ha realizzato un’offerta di base che non va bene e che se non viene modificata in fase d’ordine è quasi sempre sconveniente. Non sto parlando (solo) di prezzo ma del fatto che i computer pre-configurati presentano evidenti limiti che impatteranno negativamente sull’esperienza dell’utente. L’esempio più lampante è quello del disco meccanico sull’iMac 21,5″ base, ma anche i Fusion Drive sui successivi e su tutti i 27″ sono secondo me da evitare per velocità, qualità ed affidabilità (approfondimenti). Senza analizzare da capo tutte le assurdità del listino di cui ho già parlato, i problemi sono tutti riassunti nel modello top, il quale avrebbe dovuto avere l’i7 di 8a gen. (c’è del Mac mini 2018), 256GB SSD e la GPU Vega 48 di serie, invece che un i5, Fusion Drive da 2TB e la riciclatissima AMD 580x.

Ciò non toglie che ci siano almeno due configurazioni davvero interessanti:

  • per grafica / foto / audio: modello medio + i9 + 256GB SSD a 3059€
  • per video: modello top + i9 + 512GB SSD + Vega 48 a 3839€

Noterete che non ho parlato della RAM in quanto conviene sempre prendere gli 8GB di serie e poi aggiungere 16 o 32GB in seguito. Il case è rimasto lo stesso del modello 2015 e ho già mostrato una guida su come sostituirla grazie allo sportellino, non si perde garanzia e si risparmiano un sacco di soldi.

Sui modelli 2015 si usava questa RAM mentre sui nuovi c’è quella da 2666 MHz e 32GB costano poco più di 200€. Io alla fine ho optato per non acquistare l’iMac 2019 essenzialmente perché non mi serve, dato che uso l’iMac Pro (recensione) e aspetto il nuovo Mac Pro, tuttavia ho parlato della possibilità concreta che il modello con i9 e Vega 48 facesse le scarpe all’iMac Pro base (già sufficiente per lavorare su video 4K h.264/HEVC). L’unico dubbio era la dissipazione, poiché i problemi del MacBook Pro 15″ con i9 sono ormai definitivi e non cambiando l’areazione a singola ventola degli iMac 2017 c’era il serio rischio di incorrere anche qui in un taglio del clock base, oltre all’impossibilità di raggiungere il massimo teorico del Turbo Boost.

Non è ancora arrivato il teardown di iFixit ma ho trovato molto interessanti i risultati dei test presenti in un video di Max Yuryev, poiché anche senza smontare il computer il sistema mostra il numero di ventole e la loro velocità massima, confermando che non ci sono cambiamenti rispetto al 2017: singola ventola a 2700rpm.

Con queste premesse ed un raddoppio dei core rispetto dall’i7 del 2017 all’i9 del 2019, c’era seriamente da temere. Eppure l’iMac sotto stress è stato in grado di mantenere quasi sempre la frequenza base di 3,6GHz (scendendo solo raramente e di poco), arrivando pure molto vicina al massimo del Turbo Boost, segnando picchi di 4,8GHz invece che 5GHz. Risultati diametralmente opposti a quelli registrati con il MacBook Pro e che ancor più stranamente non sono stati raggiunti a scapito della silenziosità. Anzi, l’autore del video sostiene sia l’iMac più silenzioso. Non avendolo provato in prima persona non sono in grado di avanzare ipotesi, ma è curioso che anche Yuryev abbia espresso delle perplessità per l’insospettabile positività di questi risultati. Magari hanno migliorato la copertura della CPU e la pasta termica? Vedremo se iFixit ci saprà dare qualche indizio più avanti.

Nel frattempo, però, i test preliminari condotti (principalmente in campo video, va detto), dimostrano la bontà di questo i9, che riesce a reggere anche carichi di lavoro CPU-based intensivi (come nel trattamento di file video RAW). L’apporto della nuova GPU Vega 48 – che ricordo si deve necessariamente aggiungere in fase d’ordine – non è sempre visibile, in quanto dipende da quanto il software la utilizzi e, nel caso del video, dalla sua codifica.

A parte il buon risultato in termini di dissipazione, su cui onestamente speravo poco, l’iMac si conferma essere un’ottima macchina anche per le specifiche tecniche, il problema è che quasi tutte le novità non sono disponibili di serie. Ed è questa la cosa che personalmente trovo scorretta. Se tuttavia si deciderà di investire su questi iMac configurandoli in modo decente (ovvero almeno con SSD) si potrà star certi che, come per i precedenti, si verrà ripagati dall’esperienza d’uso, dalla qualità e anche dalle prestazioni. Certo non c’è più lo stesso vantaggio che si aveva al tempo dei primi 5K Retina, quando praticamente Apple ci “regalava” un computer insieme allo schermo, tuttavia mi devo ripetere ancora dicendo che “sono macchine che se ben bilanciate nelle specifiche al momento dell’acquisto durano un’eternità”.

Tutto sta nel capire se vogliamo usare macOS (legittimamente, s’intende) e se preferiamo una soluzione all-in-one che, oltre a macinare buoni numeri, sia anche stabile, sicura, bella da vedere e comoda da usare. Ogni scelta si può esaminare da diverse prospettive, ogni caratteristica ha un peso maggiore o minore a seconda dei campi d’applicazione e delle preferenze di chi valuta, ma è facile capire che chi è interessato al nudo rapporto prezzo/prestazioni non comprerà un iMac. Se invece si valutano anche altri aspetti, tra cui quelli citati, allora ci si potrebbe trovare a pensare solo una cosa: quale configurazione scelgo?

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.