Recensione: Sony A7 Mark III, il benchmark della categoria

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Circa 10 anni fa ho pubblicato la recensione della Sony NEX 5, facente parte del neonato sistema mirrorless dell’azienda giapponese. Al tempo era basato solo su sensori APS-C ed aveva il prefisso “NEX” poi eliminato, unificando tutta la produzione di fotocamere sotto la sigla Alpha. Le chiamavamo EVIL, prima che mirrorless divenisse il termine ufficiale, e la questione delle dimensioni più compatte era tra i pochi punti a favore rispetto le reflex dell’epoca. Le cose sono cambiate velocemente e dopo soli 2 anni Sony ha presentato la NEX 7, uno dei modelli più piacevoli da usare che io ricordi. Pur essendo piccola aveva un bel mirino, un’impugnatura decente (rispetto le contemporanee), schermo inclinabile ed il fantastico sistema Tri-Nav con tre ghiere (ISO, Tempi, Diaframma) che purtroppo è stato abbandonato dopo pochi anni (perché Sony?). Era il 2012 ed io usavo le reflex di Nikon per il lavoro, ma la NEX 7 si è fatta rapidamente largo diventando la mia preferita per i video, le foto prodotto e di viaggio. Il mondo della fotografia stava per essere profondamente rivoluzionato grazie ai numerosi brand che hanno iniziato a credere che potesse esistere qualcosa dopo le reflex. Qualcosa che non era la compattina e neanche una bridge, ma il seme di un diverso modo di concepire la macchina fotografica.

Se il merito per aver iniziato questo cammino è di altri, non bisogna dimenticare che è stata Sony ad inaugurare l’era delle mirrorless full-frame con la A7. Sono passati 5 anni da quando l’ho recensita, e le sue qualità erano evidenti a me come agli altri, eppure non mi ha conquistato. Ne ho seguito per un po’ l’evoluzione e quando è scoppiato il fenomeno A7s II per i videomaker ho provato anche quella, ma ho continuato a sentirla distante dalle mie preferenze.

La Sony A7 ha inaugurato l’era delle mirrorless full-frame

Sony ha sfornato molti modelli in questa linea, ma non sempre i miglioramenti sono stati nella direzione che desideravo. Ricordo che la messa a fuoco era molto indietro rispetto i competitor, i comandi erano disposti in modo irrazionale (tipo la registrazione video incassata all’esterno del supporto per il pollice), il display non supportava il touchscreen, la batteria durava pochissimo, i menu erano incomprensibili, c’erano pochi obiettivi e molte funzioni che altrove erano standard si dovevano acquistare a parte come fossero delle app. E mentre i sensori miglioravano sempre più, conquistando gli appassionati di pixel peeping e di post-produzione estrema, la risposta ai principali problemi sollevati da molti fotografi e videomaker non arrivava. Anzi, con il tempo e la crescita del parco ottiche in direzione della buona qualità, ci siamo anche resi conto dei limiti di un corpo così piccolo, che per risparmiare mezzo centimetro di larghezza ed altezza nello zaino ti costringe a stare scomodo durante tutta una sessione di scatto.

Il tavolo delle meraviglie alla presentazione della Sony A7 III

L’arrivo della tecnologicamente spettacolare A9 non ha portato migliorie rilevanti per l’ergonomia ma ha spazzato di colpo ogni possibile dubbio sul futuro della linea Alpha. La prima fotocamera dell’azienda giapponese che mi abbia davvero conquistato dopo la NEX 7 non è stata però quella, né il modello dalle alte Sensibilità e neanche quello con super Risoluzione, bensì la entry-level Sony A7 III. Non a caso ho desiderato partecipare all’evento stampa italiano, publicando qualche rapida impressione e concludendo che l’avrei voluta comprare.

È passato quasi un anno da quel momento, ma alla fine mi sono deciso a farlo. Ho voluto attendere l’arrivo dei primi modelli full-frame mirrorless di Canon e Nikon per valutare tutte le proposte ma alla fine ho capito una cosa: qualunque sarà il futuro di questi nuovi sistemi (a cui si è aggiunto quello molto promettente di Panasonic), tutti si dovranno confrontare con la A7 III. Il mix di buone specifiche e prezzo di questa nuova base gamma di Sony non è facile da eguagliare.

A pochi millimetri dalla comodità

I corpi delle A7R e A7s II sono stati i primi in cui si è apprezzato un miglioramento dell’impugnatura, ma nella A7 III questa è stata ulteriormente perfezionata spostando l’attaccatura un po’ più in alto, allungandola così di un paio di millimetri (ma si nota solo ad un confronto diretto). Purtroppo il buon vecchio mignolino rimane ancora sporgente e finisce sotto il corpo, subendo tutto il peso della fotocamera.

Mezzo centimetro in più d’altezza – ma forse anche meno – sarebbe sufficiente per cambiare radicalmente la sicurezza e la comodità della presa. Il medesimo incremento sulla larghezza avrebbe un impatto ancora maggiore sull’ergonomia, poiché consentirebbe di non sbattere con le nocche al barilotto degli obiettivi un po’ più larghi e di spaziare meglio i controlli posteriori sulla destra, visto che ci vuole una certa precisione per posizionare il pollice nell’unica striscia di corpo lasciata appositamente priva di tasti. Manca davvero poco per ottenere un’ergonomia convincente senza aumentare l’ingombro del corpo in modo percepibile.

Speriamo che continuino nella strada del miglioramento con la prossima generazione, anche perché ormai le Sony A7 e A9 sono usate da molti professionisti anche con obiettivi di un certo calibro e per diverse ore al giorno. Certo c’è sempre la strada del battery grip, ma la sua notevole altezza rispetto lo standard del settore non fa che confermare il fatto che manca qualcosa di troppo al corpo macchina. Dunque perché non bilanciare meglio i due elementi e rendere la fotocamera comoda anche senza?

Si può anche caricare mentre si usa in thetering grazie alla presenza di microUSB e USB-C

Dal punto di vista costruttivo la Sony A7 III è molto valida. Oltre ad essere tropicalizzata e in lega di magnesio, noto diversi miglioramenti a livello strutturale. Un esempio fra tutti è lo sportellino delle memorie, che ha una levetta di sblocco meccanica nella parte alta, si apre con una molla e si richiude a pressione con uno scatto molto preciso. Unisce qualità e al tempo stesso praticità nell’uso quotidiano, perché è di facile accesso.

Certo è strano che gli slot 1 e 2 siano invertiti e che le schede si debbano mettere al contrario. È fastidioso più che altro perché non si può controllare al volo quale SD ci sia dentro senza rimuoverla del tutto, visto che la faccia guarda verso lo sportellino e anche facendo scattare la molla a pressione per sollevarla un po’ si vede solo il lato posteriore (quello tutto nero coi pin in basso).

Sulla sinistra ci sono altri tre scomparti: uno superiore con uscita audio 3,5mm e micro HDMI, uno in basso con microUSB e USB-C per la ricarica e l’ultimo frontale con l’ingresso microfono. Questo è un po’ più grande degli altri per avere maggiore spazio di manovra con il cavo. La cosa bella del doppio connettore è che si può caricare la fotocamera via USB-C mentre si usa la microUSB per connetterla magari al computer in thetering. Non è una cosa molto frequente ma è un vantaggio interessante visto che solitamente solo nel ammiraglie abbiamo la funzionalità di alimentazione continua nativa.

Il menu non ha aiuti e alcune voci sono poco chiare, specie nelle traduzioni italiane

Ora si ragiona…

Negli ultimi anni il menu delle fotocamere Sony è un po’ migliorato. Si deve ancora superare qualche scoglio per raggiungere l’apparente semplicità di quello Canon o la chiarezza di quelli Nikon e Panasonic, ma finalmente si ragiona. Spostarsi tra le tante schede del menu principale con il joystick o con le tre ghiere restituisce sempre quella sensazione di navigare in mare aperto senza conoscere le stelle, ma c’è il porto sicuro del My Menu, in cui dopo le prime veleggiate tra quella miriade di pagine si possono ormeggiare le funzioni che si reputano più importanti.

Il My Menu: una vera ancora di salvezza per avere le impostazioni principali sott’occhio

Continuo a non capire perché alcune modifiche di opzioni vengano considerate una dead-line, facendoti uscire di colpo dal menu mentre sarebbe più utile farlo fare con una leggera pressione del pulsante di scatto solo quando l’utente vuole, ma per fortuna ora si rientra esattamente nel punto di prima quando si riapre.

Conviene abituarsi ad usare il medio per la rotella dei parametri frontale

Queste e tante altre migliorie non sono di colpo apparse nella A7 III ma sono arrivate con progressivi miglioramenti distribuiti su tutta la produzione di Sony, contando anche le apprezzatissime APS-C come la A6500 (recensione).

Le due rotelle dei parametri offrono un buon controllo diretto sui principali dati di scatto, ma la posizione delle stesse non mi entusiasma. Quella posteriore è nella naturale direzione del pollice ma, per evitare azionamenti involontari, è stata incassata e portata a filo con la scocca, quindi si deve schiacciare il polpastrello per girarla. Non è comodissimo all’inizio ma ci si abitua, mentre continuo a trovare innaturale il collocamento della rotella frontale.

Dal momento che il corpo è troppo basso si tenderà spontaneamente a far salire tutte le dita e sarà il medio a trovarsi più vicino a questa rotella. Potenzialmente è un vantaggio, perché si può cambiare il parametro senza sposare l’indice dal pulsante di scatto, eppure a me non piace. Trovo molto più pratiche le rotelle verticali nell’area superiore del corpo, come nelle Canon o in tante Lumix, e si potrebbe anche metterla intorno al pulsante di scatto, ricollocando lo switch on/off sulla sinistra (ma so che tanti non amano averlo lì).

Il tasto che vuoi, quando vuoi

Già nella configurazione standard i controlli della Sony A7 III offrono tutto quello che serve per iniziare a scattare in modo completo. La rotella posteriore ha quattro scorciatoie per:

  • Sopra DISP: alternanza delle info su display o mirino
  • Destra ISO: sensibilità
  • Sinistra Drive: metodo di avanzamento
  • Sotto Vuoto: non attivato di default ma configurabile dall’utente (come tutti gli altri)

Ci sono poi 4 tasti custom, che in modalità di scatto fotografica agiscono di default in questo modo:

  • C1 WB: Bilanciamento del bianco
  • C2 Area AF: per selezionare centro, spot flessibile, zona, zona ampia o espansa
  • C3 Metodo AF: Singolo, Continuo, Manuale e Diretto (automatico con modifiche manuali)
  • C4 Touch: attiva e disattiva il touch screen

A questi appena citati si aggiunge anche il joystick, che oltre ai movimenti direzionali per il punto AF ha:

  • Pressione Joystick: ripristino area AF standard

Come se non bastasse c’è anche il Menu Funzione, attivabile con il tasto Fn, che apre una griglia di 12 opzioni a schermo, alcune duplicate rispetto agli accessi diretti, altre aggiunte (ad esempio si trovano in più Metering, Flash e Stile Foto). Anche escludendo le opzioni “virtuali” di questo menu, ho già elencato 9 tasti fisici con scorciatoie, a cui si aggiungono:

  • AF-ON: attiva una messa a fuoco singola
  • AEL: blocco esposizione

Siamo quindi arrivati ad 11 tasti, ma non è ancora finita. Nella sezione 2 del menu principale alla pagina 8 di 9 (descrizione che ribadisce la scarsa organizzazione), si ha la possibilità di personalizzare diversamente i controlli della fotocamera nelle tre aree: fotografia, video e riproduzione. L’ultima offre meno opzioni (solo i primi tre Custom più Fn), mentre le altre due sono praticamente speculari e consentono di personalizzare il comportamento degli 11 controlli sopra descritti più quello della rotella posteriore e dell’eventuale tasto funzione presente su alcuni obiettivi Sony. Nella stessa pagina si possono anche selezionare a proprio gusto le 12 opzioni presenti nel menu Fn e determinare l’uso e l’ordine di rotazione delle due ghiere dei parametri superiori.

Possibilità di personalizzazione dei controlli davvero sterminate

In pratica tranne Menu e Play si ha la possibilità di configurare tutto il resto come si preferisce e con pochissime limitazioni. È un approccio che definirei “agnostico” rispetto la fotografia ed il fotografo, perché potenzialmente due Sony A7 III potrebbero essere impostate in modo completamente diverso. Non si può che lodare quest’ampiezza di vedute, ma dal momento che io uso fotocamere di brand diversi e spesso le devo solo recensire, ho preso l’abitudine di cambiare il meno possibile la struttura di base, altrimenti poi non capisco più cosa è “nativo” e cosa segue le mie preferenze. Anche in questo caso, infatti, ho modificato molto poco ed uno degli interventi più utili per me è stato quello di abilitare la rotella posteriore per il diaframma, così ho superato la scomodità di quella frontale. L’unico effetto negativo è che questa è un po’ troppo “morbida” e quando si porta la fotocamera al collo si può spostare urtando sulla pancia, quindi bisogna stare un po’ attenti.

Un sensore per tutte le stagioni

La Sony A7 III ha un sensore BSI-CMOS da 24MP. Nella lineup di Sony è la full-frame entry-level (escludendo le precedenti “mark” ancora in vendita), tuttavia offre una risoluzione più che sufficiente per la stragrande maggioranza degli impieghi, anche in ambito professionale. Con 24MP, la tecnologia di retroilluminazione ed il processore Bionz X, offre un bilanciamento ottimale di qualità e specifiche tecniche. La sensibilità ISO va da 100 a 51.200 (con possibilità di espansione a 50-204.800) e con un rapporto segnale/rumore che si posiziona al vertice più alto della categoria.

Ma non è soltanto questo: grazie alla risoluzione non estrema ha una velocità operativa ed una raffica da 10fps con buffer consistente. Non è la più veloce del mercato ma ci troviamo di fronte a numeri che, ancora una volta, soddisferanno senza problemi la maggior parte dei fotografi.

Le foto in RAW vengono memorizzate a 14 bit ma è disponibile anche l’utile formato compresso (con perdita) a 12 bit, grazie al quale il peso delle fotografie arriva praticamente a dimezzarsi. Dovendo fare poche foto si potrà giustamente preferire il file che contiene tutte le informazioni, ad esempio per paesaggistica, moda o still life, tuttavia la differenza tra l’immagine compressa e quella non compressa è davvero difficile da notare, anche analizzando le foto da vicino.

Sony ha fatto un ottimo lavoro in tal senso: nel RAW compresso si percepiscono pochissime informazioni in meno ed anche le potenzialità di sviluppo e recupero di luci ed ombre sembrano inalterate. Per chi scatta molte foto in una singola sessione, è davvero una gran cosa. Sia le memorie che i dischi potranno infatti archiviare una quantità di file pressoché doppia a parità di capacità.

Una cosa che devo sottolineare della A7 III è che tira fuori dei JPG davvero belli e naturali già con il profilo standard. Non ho la prima A7 sotto mano per poter effettuare un confronto diretto ma a memoria direi che c’è stata una grande evoluzione negli anni. Certo noi fotografi siamo abituati a buttare i RAW dentro i software di post-produzione, ma io ho preferisco scattare in RAW+JPG ogni volta che posso (ovvero quando non mi crea problemi di capienza o velocità operativa). Finisco quasi sempre per buttare i JPG, ma li guardo spesso per avere una rapida anteprima del look della foto. Con la A7 III alcuni mi sono piaciuti così tanto da saltare la post-produzione. Ovviamente mi riferisco a casi di impiego rapidi, come per la condivisione web, ma lo trovo comunque un valore aggiunto importante quello di avere dei JPG ben bilanciati perché si rispecchia anche nel video, dove la color correction è ben più complicata rispetto a quella realizzabile sulle foto a partire dal RAW.

La gamma dinamica del sensore e le possibilità di recupero che offre in post produzione sono pazzesche. Soprattutto con gli scatti sotto esposti, se catturati a bassi ISO, si riesce davvero a salvare cioè che sembrerebbe impossibile. Nell’esempio di seguito ho volutamente sotto esposto, anche perché l’interno del portone non aveva luci e l’esterno a sinistra era invece sotto il sole. Ho scattato a 200 ISO per contenere il rumore e la differenza tra il file originale e quello con un esposizione +2,5EV, ombre +100 e luci -100 è incredibile.

La stabilizzazione sul sensore è un’ottima cosa da avere e dopo numerose implementazioni quella presente nella A7 III si comporta sufficientemente bene per le foto. Sorvolando i dati numerici espressi in stop equivalenti di recupero, posso dire che difficilmente con il 28-75mm ho trovato scatti mossi quando ho pensato a mantenere una buona postura.

Se ci si sofferma un attimo dopo la pressione del pulsante di scatto per la messa a fuoco, si riesce a portare a casa una foto nitida a 1/15 a 85mm, mentre andando di fretta può capitare di avere del mosso anche a 50mm con 1/60. Ci si deve abituare a dare quell’attimo di tempo affinché la stabilizzazione entri un funzione mentre si tiene premuto a mezza corsa il pulsante di scatto.

Test ISO in studio con luce controllata. Le immagini in JPG hanno la qualità massima con profilo colore standard, le immagini in RAW sono sviluppate con Lightroom impostando a zero sia la riduzione rumore sul colore che sulla luminosità.

In conclusione direi che il punto forte della A7 III risiede nella sua estrema duttilità. Se si escludono alcune esigenze specifiche dove la R o la S possono risultare più indicate, questa è la fotocamera ideale per tutti gli altri. La risoluzione è adeguata, la velocità c’è tutta, la resa ad alte sensibilità e la gamma dinamica sono eccellenti.

4D Focus con 693 punti AF a rilevamento di fase sul 93% del fotogramma (425 punti per contrasto)

A fuoco, le foto!

Con 693 punti AF, si ha quasi l’intera superficie del sensore a disposizione per la messa a fuoco. Il joystick è uno strumento molto pratico per selezionare il punto o l’area AF in modalità spot e si può schiacciare per riportarlo alla condizione di default rapidamente (opzione programmabile diversamente, se si preferisce). La A7 III trova in fretta tutti i volti nella scena e se ce n’è più di uno identifica quello attivo con un riquadro bianco leggermente più spesso. Volendo ci si può spostare su un altro, sempre il joystick.

Ciò riguarda l’utilizzo più tradizionale, ma c’è anche il touch screen che consente di selezionare l’area o il volto in modo ancora più intuitivo. Personalmente amo la precisione dei controlli fisici ma da qualche tempo apprezzo molto l’utilizzo dello schermo a mo’ di pad, così da selezionare il punto AF su un’area più ampia quando l’occhio è sul mirino. Questa modalità non è subito disponibile nella configurazione di default della A7 III e per utilizzarla si deve attivare “Schermo+tap. tattile” nel menu Impostazione3 e successivamente scegliere la modalità operativa in “Impos. Tappet. Tatt.”, che si trova immediatamente al di sotto.

Qui si può decidere se utilizzare un posizionamento relativo (spingendo il punto con gli swipe, come si fa sui trackpad) oppure assoluto, in cui l’area attiva corrisponde 1:1 al fotogramma (similmente alle tavolette grafiche).

Scattando in orizzontale il naso poggia sullo schermo per il mirino centrale. Ok in verticale

Se il vostro naso, come il mio, urta sullo schermo mentre utilizzate il mirino, allora potrete disattivare l’area interessata per evitare di spostare il punto AF involontariamente. Ci sono diverse opzioni (tra cui 1/2, 1/4, sinistra, destra, ecc…), andando a risolvere questo fastidioso problema. Ne rimane un altro, però, in quanto lo schermo non è sempre pronto immediatamente al tocco e in molti casi si deve ritentare una seconda volta, rendendo il tutto un po’ macchinoso e frustrante. Per questo motivo continuo ad usare prevalentemente il joystick sulla A7 III e adopero il touch-to-focus solo quando sto fotografando con il display.

Con gli obiettivi Sony FE la velocità di messa a fuoco è molto buona e diventa davvero fulminea con alcuni dei G Master che ho avuto modo di provare (come il 24-70 f/2,8). Personalmente ho preferito acquistare il Tamron 28-75mm f/2,8 come zoom, perché non costa uno sproposito ed ha una qualità ottica di tutto rispetto, così posso dedicare un budget superiore all’acquisto dei fissi che mi piacciono (ho puntato il 55 f/1,8 Zeiss ma intanto ho preso il Sony 85mm f/1,8). Con obiettivi di terze parti l’AF rimane valido ma la differenza in termini di velocità e precisione un po’ si nota. Ciononostante la risposta è convincente, funziona il riconoscimento dei volti e il tracking dei soggetti è affidabile nella maggior parte dei casi. Non mi occupo di fotografia sportiva o naturalistica, quindi non vi posso offrire un parere autorevole in questi due ambiti, però posso affermare con discreta sicurezza che quello della A7 III è un comparto AF eccellente, nonché uno dei migliori che io abbia mai usato (considerando anche le reflex).

Qui l’area AF è al centro, ma il riquadro è nero dunque non si vede finché non si mette a fuoco

Un dettaglio che alle volte mi fa impazzire è che l’area AF spot è nera finché non va a fuoco, diventando verde. Sarebbe stato utile che avesse una traccia bianca a contorno o che rilevasse automaticamente la luminosità dell’area sottostante adattandosi, perché quando si trova su zone scure si perde completamente di vista e si deve simulare una messa a fuoco per ritrovarla.

E per il video…

Apro una parentesi per la messa a fuoco automatica nel campo video, poiché ancora non riesco ad abituarmi ad usarla. Lavorando manualmente e senza supporti aggiuntivi, non è che io possa sempre focheggiare in modo perfetto, tuttavia preferisco il mio saltuario errore rispetto a lasciare tutto in mano alla fotocamera. Facendo qualche test con la A7 III e vedendo i risultati, sono stato davvero vicino a cambiare idea. In realtà è evidente che la fotocamera riesca a seguire i movimenti dei soggetti con più precisione di quanto si possa fare a mano, soprattutto considerando le ghiere MAF elettroniche degli obiettivi mirrorless. Ho anche notato che non dovendo pensare al fuoco ci si può concentrare meglio sull’inquadratura, cosa che può influire positivamente sui risultati. Il primo video che ho fatto sette anni fa con la Sony NEX 7 l’ho realizzato proprio con AF continuo e ricordo bene gli effetti di questo vantaggio in fase di cattura così come la delusione successiva, vedendo il girato al computer e riconoscendo tutti i tipici balletti dei vecchi sistemi AF.

Con la A7 III questo problema non si presenta e, al contrario, la fotocamera è molto decisa nei cambi fuoco. Consiglio per l’appunto di ridurre la velocità per ottenere dei passaggi più graduali. In tutti i casi trovo davvero difficile mettermi nelle mani di un AF completamente automatico, poiché non si può sapere cosa deciderà di ritenere più importante e per il timore di farlo “confondere” ci si può trovare a tenere il soggetto troppo centrale, finendo per vanificare tutta la libertà creativa.

Una soluzione potenzialmente ottima è quella del touch-to-focus, poiché si ottiene la precisione di una messa a fuoco automatica ma si mantengono le redini della scelta, tuttavia si deve poter sempre guardare sullo schermo – con piena luce non è facile – e bisogna toccarlo con molta cautela per evitare l’introduzione di mosso. Con riprese predefinite e a cavalletto è sicuramente comodo, ma non è proponibile per chi segue eventi, specie lavorando senza supporti come preferisco fare io. Per giunta l’unico dispositivo di cui mi avvalgo girando video con fotocamere è un LCD/VF, ovvero un aggiuntivo ottico per usare lo schermo al posto del mirino, cosa che ritengo utile per poter vedere più grande e gestire meglio la MAF. Insomma, gira che ti rigira, non ho ancora trovato la quadra per utilizzare la A7 III in campo video per gli eventi. Per motivi simili, da amante del Micro Quattro Terzi con molti corpi “pro” all’attivo, nel 2017 ho acquistato una Canon C100 Mark II. Mi si può dire di tutto sulle funzioni, la risoluzione, la sensibilità ad alti ISO, ecc… ma una cinepresa per girare video offre un’esperienza d’uso impareggiabile e sarebbe strano il contrario.

Le opzioni di registrazione video in-camera prevedono l’uso del codec AVCHD o del più efficiente XAVC S, disponibile sia in FHD che in UHD. Selezionando quest’ultimo ci sono queste alternative, avendo la fotocamera impostata su PAL (segno in grassetto le più interessanti):

  • XAVC S 4K @ 25p (100M)
  • XAVC S 4K @ 25p (60M)
  • XAVC S HD @ 50p (50M)
  • XAVC S HD @ 50p (25M)
  • XAVC S HD @ 25p (16M)
  • XAVC S HD @ 100p (100M)
  • XAVC S HD @ 100p (60M)

Come si può notare il bitrate è buono ma non è tra i migliori del settore, inoltre manca il 4K @ 50p e la registrazione interna è in 4:2:0 a 8 bit in H.264, differentemente da altri che ormai offrono il 10 bit o il 4:2:2 (vedi Lumix GH5 o Fuji X-T3) e l’HEVC. Al di là delle specifiche bisogna però ammettere che la qualità dei filmati è davvero buona, sia per la nitidezza ottenuta tramite oversampling di 6K senza crop (o 5K con crop 1,2x in 4K @ 24p) che per la resa ad alti ISO.

Per avere il 24p si deve passare da PAL ed NTSC, formattando la scheda

Purtroppo non si può selezionare il 24p avendo la fotocamera impostata su PAL, dunque se si desidera girare in questo modo si dovrà modificare la modalità operativa e la cosa richiede una formattazione della scheda (che è una grande scocciatura). Un aspetto migliorato rispetto al passato è che ora selezionando NTSC la fotocamera non ti assilla con il warning ad ogni accensione. Di seguito le scelte disponibili in NTSC:

  • XAVC S 4K @ 30p (100M)
  • XAVC S 4K @ 30p 60M)
  • XAVC S 4K @ 24p (100M)
  • XAVC S 4K @ 24p 60M)
  • XAVC S HD @ 60p (50M)
  • XAVC S HD @ 60p (25M)
  • XAVC S HD @ 30p (50M)
  • XAVC S HD @ 30p (16M)
  • XAVC S HD @ 24p (50M)
  • XAVC S HD @ 120p (100M)
  • XAVC S HD @ 120p (60M)

È disponibile anche una modalità specifica (S&Q) per lo slow motion o il movimento rapido, cosa molto comoda perché lo si può impostare separatamente nelle opzioni e passare da questo alla modalità filmato tradizionale con una semplice rotazione della ghiera dei modi.

C’è lo zebra pattern, il focus peaking e la possibilità di registrare in backup simultaneo grazie ai due slot di memoria (ma solo il pirmo supporta le UHS-II). Per il profilo cromatico si possono scegliere diverse impostazioni, tra cui S-Log2/3, il sempre valido Cine4 e le nuove modalità Hybrid Log Gamma per l’HDR. L’opzione “Profilo foto” è presente nel menu Fotocamera1 pag. 12, mentre per attivare l’anteprima con LUT al fine di gestire meglio l’esposizione quando si usano profili flat, si deve saltare alla sezione Impostazione1 / “Assist. vis. Gamma”. Era così anche in passato ma ora c’è il My Menu che consente di raggruppare le voci come si preferisce, rendendo il tutto molto più comodo.

Miss Autonomia

Con la nuova batteria FZ100 la Sony A7 III brilla nel campo dell’autonomia, raggiungendo oltre 700 scatti con una sola carica. Il fatto che duri di più rispetto le precedenti A7 si nota, ma se in una singola sessione si raggiungono questi risultati, diventa più difficile quando si usa un po’ alla volta in giorni diversi. In particolare, facendo poche foto posate e senza spegnere ogni volta la fotocamera, la percentuale scende abbastanza rapidamente e lo fa ancora di più se si registrano video.

Le condizioni stabilite dal CIPA per calcolare questi numeri sono un buon punto di partenza ma non si adattano a tutti gli scenari. Ad esempio ho notato che la Canon RP con il mio uso supera i 250 scatti dichiarati, mentre con la A7 III vado un po’ al di sotto del previsto. Rimane in tutti i casi la mirrorless full-frame con la migliore autonomia e supera anche molte fotocamere con sensori di dimensione inferiore.

Trovo davvero fastidioso che non vi sia un caricatore dedicato nella confezione, costringendoci a tenere la fotocamera collegata alla corrente se non si vogliono spendere altri soldi. Tuttavia è molto comoda la presenza di due porte, microUSB e USB-C, poiché si può caricare la fotocamera mentre è collegata ad un computer per il tethering. E ovviamente si possono usare dei powerbank in mobilità.

Con i recenti aggiornamenti l’utilizzo di batterie di terze parti è stato in parte castrato, perché viene mostrato un avviso accendendo la fotocamera e non si potrà visualizzare la percentuale di batteria. Tutto sommato è ancora possibile e consente di risparmiare molto, però in passato non c’erano questi problemi quindi speriamo che Sony faccia un passo indietro (ma è pure legittimo spingere sull’uso di quelle originali).

Si vede bene, ma non benissimo

Contribuisce al contenimento dei consumi l’utilizzo di schermi di qualità media. Il mirino ha 2,3 milioni di punti e non brilla se comparato agli attuali top di categoria, anche se sarebbe difficile chiedere di più considerando che si tratta di una entry-level (e queste risoluzioni erano al vertice un paio d’anni fa). Anche lo schermo ha i suoi limiti con 1 milione di punti, ma si vede discretamente bene e non crea grossi problemi nell’uso normale. Più che altro non mi convince la resa cromatica, perché spesso le foto che vedo sulla fotocamera sembrano cromaticamente più brutte di come poi appaiono al computer (ma sarebbe decisamente peggio se fosse il contrario) Avendola utilizzata anche con un LCD/VF che ingrandisce lo schermo, ho notato un po’ di più l’effetto pixellato, ma credo valga quanto detto per il mirino: è sufficiente e adatto a questa fotocamera.

Il touch screen a me piace e lo uso molto sulle Lumix e sulle Canon, dove noto l’implementazione migliore, ma anche sulle Fuji e le Olympus funziona meglio che sulla A7 III. Qui è in generale poco affidabile, non tanto per la velocità di risposta quanto per l’implementazione, poiché è limitato al touch-to-focus che ha ancora qualche incertezza logico-operativa. Intendo dire che la sensibilità è buona ma a volte non risponde subito e non è intuitivo nella scelta dei volti riconosciuti. Un’altra cosa da tenere in considerazione è che lo schermo offre solo l’inclinazione in alto e in basso, per cui si è piuttosto limitati sia negli scatti da angolazioni particolari (ad esempio dall’alto è difficile vedere bene puntando il pavimento) e soprattutto non ci si può auto-inquadrare senza l’utilizzo di monitor esterni.

Conclusione

Voto 4,5/5Spesso ho assegnato voti molto positivi alle fotocamere Sony pur non sentendoli veramente. Una piccola parte della valutazione ci tengo a mantenerla soggettiva, ma devo basarmi sull’evidenza dei dati ed ogni corpo che ho provato aveva delle qualità indiscutibilmente elevate. Alcune cose di Sony continuo a non apprezzarle ma vedo che l’azienda sta apportando progressivi miglioramenti nella giusta direzione, anche se molto lentamente. Dal punto di vista tecnologico non le manca davvero nulla ed è in grado di fare scuola se si tratta di sensori, velocità operativa e messa a fuoco, però le mancano ancora delle accortezze in termini di ergonomia, sia dal punto di vista strutturale che di usabilità. I feedback dei fotografi ci sono e spesso coincidono sia per gli apprezzamenti che le criticità, per cui basterebbe assecondare almeno le richieste più ricorrenti. Lo stanno facendo, in effetti, ma ci sono voluti 4 anni solo per accettare che la posizione del pulsante di registrazione video era sbagliata e di questo passo non oso immaginare tra quanto tempo avremo un corpo davvero comodo, lo schermo ribaltabile, un caricatore dedicato, menu organizzati in aree logiche e con un mini aiuto in linea, un touch esteso a tutto il sistema (già sul Quick Menu sarebbe utilissimo), slot di memorie con medesime specifiche, 4:2:2 @ 10 bit in-camera e gli agognati 60fps in 4K.

Nel frattempo, però, la Sony A7 III si merita un encomio come la più riuscita tra tutte le mirrorless full-frame del marchio. Il bilanciamento di specifiche è quasi perfetto e il prezzo di vendita (che è di poco superiore ai 2000€) è molto allettante considerando l’insieme di qualità offerte. Le cose di cui si sente la mancanza o che gli si possono recriminare sono davvero poche e spesso soggettive. Credo ci debba essere una connessione tra la fotocamera e chi la usa perché è uno strumento per raggiungere uno scopo, quindi è essenziale che sia fluida, trasparente, completamente votata a mettere l’utilizzatore a proprio agio. Questa sensazione ancora mi manca quando fotografo con Sony ma negli ultimi anni l’azienda ha buttato giù la maggior parte di quelle barriere che mi allontanavano dalle prime A7, riuscendo a convincermi ad acquistare la Mark III ed essere contento di averlo fatto. Se già era chiara la posizione di rilievo che Sony si è guadagnata a suon di sensori top e ottiche G Master, oggi è evidente che può dire la sua conquistando un pubblico più vasto ed eterogeneo, compreso il fotografo esigente che finora aveva avuto difficoltà a pensare mirrorless.

Certo oggi ci sono anche le offerte di Canon R, Nikon Z e Lumix S, tutte con importanti frecce al proprio arco, ma nessuna ha un corpo dal medesimo rapporto qualità/prezzo ed un parco ottiche altrettanto completo. Per questo qualsiasi fotocamera in questi anni sarà inevitabilmente da confrontare con la Sony A7 III. Di fatto è diventata il benchmark per la categoria.

PRO
+ Sensore BSI con ottima gamma dinamica e buona risoluzione
+ Resa ad alti ISO eccellente
+ Raffica veloce da 10fps
+ Buon numero di controlli, altamente personalizzabili
+ Doppio slot di memoria
+ Autofocus da top di gamma (in pratica è quello della A9)
+ JPG di ottima qualità
+ Buona autonomia
+ Possibilità di carica da accesa via USB-C
+ Connessioni complete (sia audio che video)
+ Il My Menu consente di rendere più facile l’accesso alle impostazioni

CONTRO
- Impugnatura leggermente migliorata ma il corpo è ancora scomodo
- Touch screen non bene implementato
- Lo schermo si può solo inclinare
- Manca il caricabatterie dedicato
- Solo uno slot di memoria è UHS-II
- Menu ancora poco strutturati, con testi troncati e nessun aiuto
- La stabilizzazione nel video non rende bene

DA CONSIDERARE
| Qualità di mirino e schermo solo sufficienti
| Problemi con le batterie FZ100 di terze parti
| La stabilizzazione sul sensore è accettabile ma tra le peggiori in commercio
| Il pulsante di registrazione video è nella posizione giusta ma è troppo morbido e ha una corsa lunghissima

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.