Streaming, ma quanto mi costi (e costerai)?

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Per gli appassionati di film e serie TV, ma più in generale per i fruitori di contenuti televisivi, questo è un anno davvero molto ricco di movimenti. L’integrazione di Sky nella grande macchina organizzativa di Comcast sta procedendo, Netflix ed Amazon proseguono nella loro espansione dei contenuti originali (la prima anche del prezzo, purtroppo, per ora solo negli USA), stiamo iniziando a convivere con DAZN e nascono altri servizi complementari come Dplay+ che comprende i canali pay Discovery o la futura versione italiana di Starzplay. Gli elefanti nella stanza, per riprendere un modo di dire anglosassone, sono senza ombra di dubbio due: Apple TV+ e Disney+, quest’ultima rinvigorita sin dal principio dalla neo-acquisita Fox. Entrambi presentati in pompa magna dalle rispettive aziende, rafforzati di produzioni proprie e soprattutto con la prospettiva di prezzi competitivi. Anzi, nel caso di Disney vi sono già certezze, visti i già annunciati $6,99 mensili di base. È lecito aspettarsi che da Cupertino non stiano troppo lontani da tale cifra, specialmente in uno scenario dove s’integreranno nell’app principale anche contenuti terzi (Channels) con relativo extra costo.

Passare da un servizio all’altro non sarà trasparente come cambiare canale

Proposte per tutti i gusti, che senza dubbio daranno accesso ad una vastissima library. Oserei dire che con un’eccellente connessione Internet la televisione tradizionale potrebbe per vari utenti diventare pressoché inesistente, anche perché per il resto le stesse TV generaliste offrono piattaforme in streaming col loro “meglio di” e i canali in diretta per godere in ogni modo degli eventi in cui sono necessari. La TV come l’abbiamo conosciuta non scomparirà di certo presto, specialmente in Italia dove l’offerta gratuita è davvero vasta; nelle nazioni più piccole, invece, i sistemi classici di fruizione sono in pericolo o già in dismissione, a partire dal digitale terrestre, come nel caso della Svizzera che lo saluterà ad inizio giugno (facilitata, va detto, da una bassissima percentuale di utilizzatori che renderà non troppo lunga e dolorosa la transizione altrove). In futuro, al posto dei canali televisivi, avremo i vari servizi in streaming, ognuno con le sue peculiarità ed in acerrima concorrenza.

Tutto bene per l’utente? Come abbiamo detto sopra: dal punto di vista della scelta sì, innegabilmente. Ci sono però altri aspetti che non potranno essere sottovalutati. Iniziamo da quello più tecnico: così come i decoder sono ideali per avere a portata di mano tutti i canali televisivi a disposizione, altrettanto idealmente dovrebbe esserci un dispositivo o ancor meglio un’app che porti a colpo d’occhio le proposte streaming. Il primo scenario è già vicino, salvo rare eccezioni i servizi sono disponibili almeno su due tra le piattaforme smart TV Samsung, LG, Apple e Google, lasciando maggiore libertà di scelta in fase d’acquisto del mezzo di fruizione, televisore, set-top-box o stick che sia. L’app unica, invece, è e forse resterà una chimera: Amazon e ora anche Apple hanno tentato, ma raggruppano solo una parte delle piattaforme e quelle maggiori, a partire da Netflix, se ne guardano bene d’integrarsi. Anzi, avvengono pure passi indietro, come nel recente caso del supporto AirPlay eliminato dall’app Netflix per iOS. Passare da un servizio all’altro non sarà trasparente come cambiare canale. Un aspetto poco piacevole, ma tutto sommato cui ci si potrà abituare.

Nell’era streaming non ci sono penali ed obblighi contrattuali

La maggiore difficoltà negli usi e costumi sarà però sul fronte commerciale. Sino a qualche anno fa, per avere tutti i maggiori contenuti televisivi occorreva sottoscrivere Sky e Mediaset Premium, con una spesa complessiva che arrivava a circa 110 € mensili per i pacchetti completi, senza considerare opzioni come il Multivision. Il doppio abbonamento non veniva certo vissuto di buon occhio, figurarsi ora che di abbonamenti se ne prospettano circa una decina. Proviamo a fare qualche conto della serva, ipotizzando che si voglia tutto il possibile. Non possiamo non incominciare da Now TV, lo streaming targato Sky (per coerenza di narrativa escluderemo il servizio principale satellitare): ebbene, per avere i tre pacchetti principali, l’opzione HD e lo Sport si sborsano 52,98 € al mese. Vorremo però anche i contenuti di Infinity/Mediaset e, perché no, quella parte di Serie A che si vede solo su DAZN. Presto detto, 13,99 € mensili per l’abbonamento combinato proposto in promozione. Dunque tocca a Netflix, altri 13,99 € considerando il Premium con 4K, e ad Amazon Prime Video, 3,99 € se non si optasse per i 36 € annuali del pacchetto Prime completo (che giova ricordare racchiude molto altro). Non possiamo non completare il tutto con TIMvision, 4,99 €, e Dplay+, 3,99 €. Questa è la situazione attuale, però. Giochiamo con la macchina del tempo e proviamo ad immaginarci con Apple TV+ e Disney+ già operativi in Italia; ipotizziamo che entrambi costino 6,99 € al mese ciascuno. Ora possiamo fare il totale. Somma qui, somma lì… Per avere il 90% dello scibile multimediale andrebbero via 107,91 € al mese. Una cifra che aumenterebbe ulteriormente considerando il 10% escluso, composto da servizi perlopiù minori o specializzati (ad esempio il WWE Network).

Questo totale è comunque imperfetto, non comprendendo il costo della connessione Internet (che si presuppone già attiva a spese dell’utente) né di Rai Play (che di fatto paghiamo nel canone “annegato” all’interno della bolletta elettrica) né l’ammortamento graduale delle spese per i dispositivi e neanche dei possibili rincari pendenti di Netflix e gli effettivi prezzi europei che avranno i servizi Apple e Disney (che potrebbero essere superiori al previsto). Tuttavia si può notare un forte parallelismo tra la spesa di prima e dopo, a dimostrazione che questa nuova formulazione non è necessariamente più costosa per l’utente.

Si può anche risparmiare per avere tutto, facendo ping pong tra i vari servizi

In fondo non è proprio necessario avere tutto, anche perché vi sfido a trovare il tempo per guardare così tanta roba. Ci si può certamente accontentare di utilizzare solo alcuni servizi e c’è anche la possibilità di fare ping pong, pagandoli solo per brevi periodi. Già oggi molti utenti seguono questa strada, perché uno dei vantaggi dell’era streaming è che non ci sono penali e obblighi contrattuali, dunque ci si può “abbonare” ad una piattaforma solo quando si ha interesse in un determinato contenuto, consumarlo e poi passare ad altro. Avendo interesse a vagliare tutto il ventaglio dell’offerta contenendo la spesa, si potrà persino risparmiare trasformandosi in giocolieri digitali. Ma non a tutti piace questa strada e la sua complessità non è proprio il migliore incentivo in un Paese che già soffre parecchio di pirateria e chi ha il “pezzotto” (espressione gergale per il decoder IPTV) appare più furbo degli altri perché paga una frazione del prezzo legale. Ma anche negli USA, dov’è nato il fenomeno, sussiste qualche perplessità (e lì la frammentazione dei contenuti è ancor più feroce). Ciò pone dunque un interrogativo finale: lo streaming è bello e ricco, ma a quale prezzo?

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.