Apple propone un nuovo standard per un tracciamento pubblicitario rispettoso della privacy

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Inutile girarci attorno: la pubblicità è qualcosa che difficilmente riesce ad essere gradevole. Tuttavia, al tempo stesso è anche necessaria in un mondo come quello online dove la maggioranza delle fonti è gratuita. Senza una qualsiasi forma promozionale, si dovrebbe ricorrere sempre ad altre forme di monetizzazione come un paywall, lusso comprensibilmente quasi esclusivo delle grandi testate, o un sistema di donazioni. Noi abbiamo adottato da diverso tempo la seconda, e cogliamo l’occasione per ringraziare i SaggiDonatori che ci supportano, ma purtroppo non è comunque sufficiente ad eliminare del tutto la pubblicità, benché ci abbia permesso di ridurla parecchio.

È altrettanto vero, però, che il malcostume ancora diffuso degli annunci invasivi dà una facile spinta verso l’installazione dei content blocker, che con “regole d’ingaggio” più corrette avrebbero invece meno importanza. Negli ultimi anni le varie software house realizzatrici di browser, inclusa la stessa Google che pure gestisce uno dei maggiori circuiti pubblicitari online, hanno cercato di rendere più sopportabile questa via remunerativa, limitandone gli eccessi a vantaggio dei siti che ne fanno un uso equo. Apple si sta rivelando una delle più attive in tal senso, sia includendo meccanismi protettivi sia proponendo soluzioni che soddisfino tutte le parti.

Nella seconda casistica vi rientra la nuova proposta per il tracciamento pubblicitario, uno degli argomenti più spinosi di tutta la questione. Per sommi capi, è il modo in cui non solo è possibile capire l’eventuale successo di una campagna promozionale in base ai clic ricevuti e alle vendite conseguite, ma anche i gusti e consumi dell’utenza che la visualizza nel tentativo d’influenzarne le successive scelte d’acquisto. I cookie, insieme al cosiddetto fingerprinting del dispositivo, sono la via più gettonata per raggiungere questo scopo e tutti i moderni browser dispongono di sistemi anti-tracciamento considerato il loro potenziale invasivo. Poiché però questo interferisce anche con la parte buona della catena, ovvero il rilevamento degli effetti pratici della pubblicità nelle vendite del prodotto, Apple ha studiato un meccanismo di tracciamento che sostiene essere più rispettoso della privacy.

La soluzione proposta dagli ingegneri software di Cupertino, in modo alquanto contorto denominata Privacy Preserving Ad Click Attribution, è articolata su più punti: una limitazione sul numero massimo di tracciamenti simultanei per ogni sito e sui codici potenzialmente identificativi per i singoli utenti; l’eliminazione d’intermediari nella trasmissione delle informazioni raccolte; accorgimenti lato browser come una modalità specifica per il trasferimento dei tracciamenti, il diniego all’installazione di cookie durante l’operazione, la trasmissione differita con tempistiche casuali tra le 24 e le 48 ore successive all’interazione dell’utente con l’annuncio, l’assoluto divieto di qualsiasi tracciamento durante l’uso della modalità privata; l’elaborazione iniziale dei dati totalmente in locale. Tutti questi accorgimenti, secondo Apple, contribuiranno a fornire i dati effettivamente utili ad aziende e circuiti pubblicitari senza ledere la riservatezza dei dati personali.

Il nuovo sistema è già stato implementato nel canale Technology Preview di Safari, dove le funzionalità sperimentali vengono testate prima di finire nelle Beta e dunque nelle versioni stabili. È lecito aspettarsi che sarà tra i fulcri della versione 13 del browser della mela, di cui dovremmo vedere un’anteprima tra pochi giorni alla WWDC 2019. In aggiunta, Apple intende promuoverlo come standard presso l’ente W3C, affinché se approvato possa trovare futura implementazione anche in Chrome ed altri browser.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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