Quando si ha qualche centinaio di miliardi a disposizione nelle casse, è naturale chiedersi come spenderlo. Per Apple significa soprattutto ricerca e sviluppo, marketing, Store ed altre iniziative, ma gli azionisti che a più riprese hanno richiesto l’azienda più proattiva nelle acquisizioni non hanno di che rimanere delusi. Anche se magari non nel modo e nelle entità in cui sperano: come confermato da Tim Cook a CNBC, Apple ci dà dentro nell’acquisire aziende, tra le 20 e le 25 solo nell’ultimo semestre.
Si tratta di una strategia aggressiva e soprattutto sotto traccia, fatta eccezione per alcune operazioni che sfuggono alla cortina protettiva attorno; a giusto poco più di un mese fa risale l’acquisizione dell’italiana Stamplay, la seconda nel Belpaese della storia di Apple dopo quella di Redmatica nel 2012 (che diede alcuni mesi dopo i suoi frutti in GarageBand e Logic). Fatta eccezione per compere di alto profilo come Beats e Shazam, a Cupertino non hanno in testa prede molto grosse. L’obiettivo è di portare a casa piccole realtà soprattutto per le proprietà intellettuali e l’organico che possono far confluire in Apple. Da questo punto di vista, anche Stamplay ricade senz’altro in questo scenario.
Non è da escludere in ogni caso che in futuro Cook e soci possano predisporre un’altra operazione di rilievo, lautamente supportata dalla liquidità di Apple. Inutile però speculare su quali possano essere le prossime candidate: chi spera in Tesla o Netflix è destinato a rimanere deluso per parecchio tempo. Se arriveranno mosse importanti, avverranno a sorpresa o quasi, com’è stato nel caso di Shazam.