Huawei pronta a creare un proprio OS per smartphone, ma l’hardware?

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Un piccolo aggiornamento sulla vicenda Huawei Ban, che più che altro vuole essere uno spunto di riflessione e confronto. Nelle ultime ore si parla del fatto che Huawei potrebbe avere un proprio sistema operativo entro l’anno e che si potrebbe alleare con lo store Aptoide per avere un’alternativa già bella e pronta al Play Store di Google. Personalmente ritengo ci sia anche tanto marketing qui, nel senso che queste mosse servono prima di tutto a contrastare sui media le notizie che si susseguono in direzione contraria e che ci dipingono un quadro sempre più costrittivo e difficile per l’azienda cinese. Certamente le alternative le stanno valutando davvero, ma ho diversi dubbi sull’efficacia di queste scelte.

Pensate a Samsung che ha già il proprio OS Tizen e lo usa su wearable e smart TV, dove per giunta è molto apprezzato oltre che diffuso, ma non è riuscita a staccarsi da Android sugli smartphone. Questo succede perché gli utenti vogliono semplicità, compatibilità, universalità di app e funzioni, cosa che ha portato alla scomparsa di tutte le piattaforme minori. Anche se Huawei riuscisse nell’intento di realizzare un sistema operativo efficiente, ovviamente basato su AOSP (Android Open Source Project), si troverebbe con un fork simile al Fire OS di Amazon e dovrebbe dunque arrangiarsi non solo per lo store ma anche per tutto quanto Google inserisce nel Google Play Services.

Non è una cosa così banale in quanto questo è fondamentale per le app e gestisce diversi sistemi legati ad esempio alla sicurezza o alle notifiche. Lo store portoghese Aptoide è abbastanza diffuso ma nella mia esperienza è spesso legato alla pirateria o all’utilizzo di app al di fuori della loro distribuzione naturale. Ad esempio molti box TV cinesi usano le distribuzioni Android per smartphone e non sono dei veri Android TV, quindi lo usano per accedere ad app che non si potrebbero naturalmente installare.

Certamente un ipotetico accordo tra Huawei e Aptoide avrebbe l’obiettivo di rendere il tutto più lineare, ma sarebbe sempre un mezzo accrocchio che renderebbe quegli smartphone meno adatti alla massa. Un po’ com’era con Xiaomi quando ancora non c’erano le versioni globali e si richiedeva un bel po’ di smanettamento agli occidentali per usarli, escludendo di fatto dai potenziali acquirenti proprio quelli che hanno fatto crescere Huawei negli ultimi anni.

P10 in hand_portrait

Sono smartphone come il P10 o il P20 Lite che hanno fatto fare i grandi numeri all’azienda cinese e quelli sono tutto fuorché prodotti da smanettoni. All’esatto opposto, sono destinati a chi vuole prodotti gradevoli e facili da usare, cosa che diverrebbe un miraggio con una soluzione cucita a pezze su un OS “forkato” ed un store di terze parti appiccicato sopra. Ma anche se il discorso fosse realisticamente attuabile e Huawei facesse un vero miracolo per rendere il tutto così trasparente agli utenti da non farli quasi accorgere del cambiamento, rimarrebbe il grosso problema dell’hardware.

Senza le forniture di Qualcomm, Intel, Panasonic ed altri, sarebbe davvero difficile realizzare gli smartphone e mantenersi in competizione con le altre aziende. TSMC ha dato un po’ di respiro dando temporanea disponibilità alla fornitura dei Kirin anche nella seconda metà del 2019, ma senza avere ARM dalla propria parte bisognerà vedere come gestire il problema dei SoC alla base di tutti i dispositivi. E se la questione del sistema operativo è sicuramente importante, prima di tutto bisogna assicurarsi la possibilità di poter produrre i dispositivi fisici in cui farlo girare.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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