Ive, cronaca degli ultimi anni dal grande potere all’addio

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Con Jonathan Ive se ne va indubbiamente un grande pezzo di Apple. Uno degli ultimi sinora rimasti della seconda era Jobs, proveniente peraltro dalla gestione Sculley essendo stato assunto sin dal 1992. Solo il tempo ci dirà se e cosa porterà questa separazione delle strade (vedo più la dichiarazione di Apple prossima cliente principale di LoveForm come una forma per alleggerire il distacco e concludere al meglio i progetti esistenti), ma si avvertiva una sensazione di stanchezza nelle ultime creazioni di Ive. Una perdita di quel mix tra estetica e funzionalità che aveva contraddistinto la Apple degli anni 2000, con scelte spesso discutibili, a partire dalle tastiere a farfalla. Se si va a guardare, i prodotti più riusciti degli ultimi anni, ovvero Apple Watch ed AirPods, hanno avuto maggiore impegno da parte di altri dirigenti, come Jeff Williams, nella loro creazione. Ciò ovviamente non significa che Ive non sia più un valido designer: è e rimarrà uno dei migliori, semplicemente si è rivelato evidente come avesse perso stimoli. Un cambio di rotta servirà a lui tanto quanto ad Apple. Nel frattempo, due report ci aiutano a capire dapprima quanto il suo potere si era esteso in azienda dopo la morte di Jobs (la maggior parte è concorde nell’averli ritenuti l’uno il freno delle esagerazioni dell’altro) e poi come le sue responsabilità erano gradualmente diminuite.

A raccogliere la parte in crescita della narrativa è The Information (a pagamento; free via AppleInsider). Siamo negli ultimi mesi del 2012, quando a seguito del sonoro fiasco iniziale di Apple Maps a pagarne le conseguenze fu Scott Forstall, responsabile allora sia del software sia di molti servizi online Apple. Le sue mansioni furono suddivise tra Craig Federighi, Eddy Cue e, appunto, Jony Ive, che da lì segui il design cupertiniano anche sul piano del software, con iOS 7 come primo frutto del nuovo corso. L’avvicendamento sarebbe in realtà avvenuto ancor prima dell’annuncio ufficiale: ad una delle riunioni periodiche dello Human Interface Team, al posto di Forstall si presentò Ive, che all’osservazione di un membro del team si limitò a dire che il loro precedente capo non era più in Apple. Il meeting fu seguito da una visita guidata presso lo studio di design dove il britannico progettava insieme al suo gruppo i nuovi prodotti hardware, mostrando un prototipo di quello che dopo diversi anni sarebbe effettivamente diventato l’Apple Watch e un televisore, che invece come sappiamo non ha mai visto la luce col marchio Apple. Come da tradizione Ive, l’aspetto era estremamente minimale, quasi tutto in vetro.

L’approfondimento prosegue analizzando il modo in cui Jony concepiva l’eventuale Apple Car. Agli albori del progetto Titan, il suo coinvolgimento era molto marcato, spingendosi addirittura a creare un concept utilizzando legno e pelle, da mostrare a Cook. Nella visione di Ive, il veicolo non doveva disporre di un volante, utilizzando per controllarlo i soli comandi vocali. Per la dimostrazione, in assenza del supporto da Siri non essendo il concept funzionante, assunse un’attrice per simulare le interazioni uomo-macchina. Non ci è dato sapere se Ive colpì nel segno, ma il fatto che Titan abbia cambiato natura nonché sia passato nelle mani di Bob Mansfeld e Doug Field implica che la sua idea non ha sortito la presa sperata.

Del resto, le attenzioni di Ive erano nel frattempo mutate, dedicando molto più tempo all’Apple Park, cui collaborò insieme a Norman Forster. Qui entra in gioco il secondo report, di Bloomberg, che racconta la lenta discesa del coinvolgimento del designer inglese nell’operatività quotidiana in California. Il primo segnale arrivò nel 2015, con l’apparente promozione a Chief Design Officer, che in realtà si rivelò un mascheramento per giustificare la minore presenza di Ive nei progetti in cantiere. Le normali responsabilità erano state infatti assunte da Richard Howarth e Alan Dye. Col ridimensionamento di entrambi nel 2017, si pensò che Ive avrebbe ripreso completamente le redini del suo studio. Non è stato così: le sue visite in ufficio, a One Infinite Loop e poi nell’Apple Park da lui stesso curato, si sono diradate sempre più. Molto del suo lavoro per Apple lo eseguiva nel nuovo studio di San Francisco, che sarà anche la sede base di LoveForm, e il team era stato costretto ad adeguarsi svolgendo molte delle riunioni “in trasferta”. In aggiunta, sono aumentati sensibilmente i viaggi verso questa sponda dell’Atlantico, in direzione Londra, sul suolo natio di Sir Jonathan.

Una lunga era che si conclude, con tanti risvolti positivi e qualcuno negativo, ma come ho osservato ad inizio articolo a parere mio, e pure di tanti altri, serviva una svolta. Se sarà buona o cattiva non lo si vedrà il prossimo anno, ma almeno dopo due o tre. Alcune fonti confidatesi con Bloomberg non ripongono molta fiducia nel futuro, che potrebbe porre limiti alla cura estetica che ha tanto contraddistinto Apple in favore di un approccio più metodico e conservativo. Evans Hankey, l’attuale capo del gruppo Industrial Design, viene considerata un ottimo manager ma non è una designer essa stessa, perciò non ci si aspetta che avrà grande impatto sulle decisioni progettuali. Colui che avrà maggior voce in capitolo a tal proposito sarà Jeff Williams, il Chief Operating Officer, che ha già supervisionato vari progetti, incluso Apple Watch: per quanto nemmeno Williams abbia avuto il design nel suo percorso di studi, sembra nutrirvi una particolare attenzione e per potervici dedicare maggiormente ha elevato Sabih Khan come Senior Vice President per la parte Operations, rendendolo di fatto il suo vice. Per il design software, invece, tornerà Alan Dye ad essere il riferimento, in stretta collaborazione col team ingegneristico di Federighi.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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