Castelli di software crescono sotto il nostro naso

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Poco prima dell’estate Dropbox ha aggiornato il suo client desktop e lo ha fatto all’insaputa degli utenti. La cosa non è piaciuta a nessuno perché si è passati da un’icona nella menubar ad un’app in finestra che si apriva da sola appena installata, e soprattutto senza aver chiesto un’autorizzazione. A seguito delle molte polemiche l’azienda ha fatto un passo indietro: ha rimesso le mani nei nostri computer per la seconda volta ed ha ripristinato l’apertura in menu bar come comportamento predefinito, attivando la finestra completa solo su richiesta.

Dato il feedback negativo ed il parziale dietro front, si poteva pensare che l’esperienza sarebbe servita come deterrente per i posteri, ma questa mattina ho notato un comportamento analogo di Adobe con il client della Creative Cloud. Di punto in bianco è passato dall’essere una piccola finestrella nascosta nella barra dei menu ad una finestrona ricolma di orpelli inutili.

Forse se avessero integrato all’interno tutto quello che si vede nel menu laterale sarebbe anche stato comodo, ma se si vuole navigare nei font, ad esempio, si viene sempre rimandati al sito web sul browser esterno. E questo vale per tutta la sezione in basso a sinistra. In pratica nell’enorme spazio in più che si sono arrogati il diritto di occupare sui nostri schermi non c’è nulla di davvero utile per noi. Si sono semplicemente espansi, costruendo un grattacielo in quello che evidentemente considerano ormai un  territorio colonizzato.

Al di là delle diverse situazioni prese singolarmente e del fatto che io trovi comunque più fastidioso Dropbox – perché ha la tendenza ad occupare ingenti risorse di sistema manco fosse il vecchio Norton Antivirus – questi aggiornamenti forzati sono delle violenze e, come tali, risultano spiacevoli sotto ogni punto di vista. Ne ho parlato pochi giorni fa anche in relazione a come Apple “suggerisce” di passare a Catalina con quel delicatamente ossessivo badge di notifica.

I nostri schermi sono territori colonizzati su cui costruiscono i loro castelli

Non voglio fare della facile retorica ma non si può non notare che il confine tra quel che è nostro e quello che considerano sotto il “loro” demanio si è spostato parecchio. Vengo da un’epoca non così lontana eppure sono cresciuto sapendo che ciò che acquistavo era mio. Semplice no? Compravo un oggetto e potevo usarlo, romperlo, regalarlo. E questo valeva anche per i software in fin dei conti, al netto di alcune limitazioni d’uso che sono sempre state presenti all’interno delle EULA. E sono proprio gli Accordi di Licenza ad aver portato la big company dentro la nostra vita senza che ci accorgessimo di nulla. Per questo li considero il più importante Cavallo di Troia della storia contemporanea.

Prima degli anni 2000 si comprava un computer con un sistema operativo e con quello rimaneva. Eri tu che, volendo, potevi acquistare un aggiornamento ed installarlo. Oggi sembra tutto più bello perché è gratis ma anche perché ci vendono una falsa sensazione di sicurezza. La frenesia da aggiornamento si porta dietro sempre più bug con la promessa che verranno risolti dal successivo update, che a sua volta ne introdurrà di nuovi. È un’infinita rincorsa all’ultima Emoji.

Le EULA sono i moderni Cavalli di Troia

Gli smartphone hanno estremizzato ulteriormente il rapporto simbiotico con la casa madre: sono sempre meno dispositivi autonomi e sempre più estensioni di un ecosistema che non ci appartiene. E non ci appartengono neanche i contenuti, che sono online o nel cloud, così come non ci appartengono i software, sempre più spesso forniti come servizi in abbonamento. In pratica paghiamo un dispositivo hardware per ottenere un accesso condizionato ad un mondo in cui rappresentiamo solo dati. Informazioni da collezionare per alimentare qualche IA emergente quando non addirittura da vendere.

Avevo detto che non avrei ceduto alla facile retorica e temo di non esserci riuscito. Ma ditemi voi quali sono i reali vantaggi che ne abbiamo ottenuto e con quale debito. Non sto urlando che la fine del mondo è vicina. Non ho usato il pennarello grosso per scrivere “SVEGLIATEVI!” su un pezzo di cartone e non sto andando per strada a sbatterlo in faccia ai passanti. Mi piace semplicemente unire i puntini, solo che il disegno che ne sta venendo fuori è molto meno divertente di quelli della Settimana Enigmistica.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.