Anche il Coronavirus, attraverso lo smart working, sfida il culto della segretezza di Apple

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Si cambia per non cambiare. Il COVID-19 ha costretto l’implementazione di molte modifiche alle nostre abitudini, restrizioni più o meno pesanti al fine di contenere e, si spera, superare l’emergenza nelle prossime settimane, favorendo il ritorno alla normalità (anche se sarà un processo estremamente lungo). Il lavoro agile è diventato realtà pure in Apple, così come in tante altre realtà, nel corso delle ultime settimane e abbiamo già avuto modo di parlarne. La chiusura degli Store originariamente stabilita sino al 27 marzo per tutti i punti al di fuori della Cina è stata posticipata a data da definirsi, e anche se alcuni rumor hanno avanzato l’ipotesi di una riapertura graduale a partire da metà aprile allo stato attuale sembra improbabile. Sul piano produttivo, se le fabbriche cinesi stanno tornando a regime, qualche complicanza ha colpito gli impianti di altri Paesi, soprattutto l’India, in quarantena totale per 21 giorni, e si stanno ancora valutando gli impatti presenti e futuri della situazione. In questa situazione, come se la sta cavando la Apple “corporate”? Specialmente tenendo conto del suo famoso culto della segretezza?

Gli inizi, come prevedibile, non sono stati semplici. Due settimane fa, ad iniziative di smart working appena avviate, il Wall Street Journal evidenziava le difficoltà di operare da casa per colpa di accessi remoti lenti alle risorse aziendali e di regolamentazioni legate al contesto lavorativo in tempi normali che non erano state adeguate anzitempo per fare fronte a potenziali scenari come quello manifestatasi. Più o meno, però, è la sorte capitata a gran parte delle realtà catapultate all’improvviso nel lavoro agile, come sottolineato pure dal report del WSJ. Tornando al caso specifico di Apple, man mano stanno ora emergendo altre sfide da affrontare, descritte in due approfondimenti separati da The Information (a pagamento; fonte free MacRumors) e Bloomberg sulla base delle testimonianze raccolte da dipendenti attuali e passati della mela.

Lo smart working non era stata sinora una pratica diffusa nel colosso di Cupertino, che preferisce la presenza fisica e la comunicazione di persona, testimoniato anche dalla struttura open space dell’Apple Park, che riserva singoli uffici solo ai dirigenti di maggiore grado, concedendo per il resto solo piccole aree private temporanee per chi ha bisogno di effettuare un lavoro o una chiamata con la massima concentrazione. Come ogni azienda, dove possibile viene promosso l’utilizzo di strumenti proprietari, sia per l’integrazione che possono offrire con le risorse interne sia per questioni di sicurezza avendo il controllo dell’intera filiera. Tuttavia, servizi come FaceTime e iCloud Drive non sembrano essere ancora in grado di coprire le esigenze lavorative di non pochi dipendenti Apple, pertanto viene tollerato l’utilizzo di selezionati strumenti terzi con una maggiore vocazione aziendale come Slack e Box (sarà pure per questo, probabilmente, che iMessage potrebbe avere un robusto aggiornamento in occasione di iOS 14).

L’uso di app non Apple richiede non poca fiducia da accordare, da parte di Cook e del resto della dirigenza. Basta un minimo errore per riempire i siti del mondo Apple, incluso il nostro, con leak e l’abbiamo visto a più riprese in questi anni. Avere a casa build di iOS 14, macOS 10.16 o altro software richiede l’autorizzazione esplicita di uno dei vicepresidenti, se non addirittura degli SVP come Craig Federighi. Per garantire ulteriormente l’anonimato dei progetti in fase di preparazione, Apple invia con regolarità email ai dipendenti con suggerimenti per svolgere al meglio la propria mansione e cerca di replicare quanto più possibile nel focolare domestico le norme che mettono al riparo da occhi indiscreti, nonostante per partner, figli ed altri familiari dovrebbe già essere un deterrente sufficiente la possibile perdita di una fonte di reddito se esce dalla porta lo spiffero sbagliato. Per il resto, si utilizzano VPN aziendali o desktop remoti come quasi ovunque, e viene consentito (presumiamo previa notifica) di portarsi a casa strumenti lavorativi dall’ufficio nonché di ottenere il rimborso spese su materiale necessario all’operatività, incluse sedie e scrivanie.

È tuttavia un altro l’ambito dove il culto della segretezza fa più a pugni col Coronavirus, ossia quando si ha a che fare con hardware vero e proprio. La realizzazione di prototipi è diventata pressoché impossibile, dal momento che l’accesso ai laboratori per la realizzazione e per i test è stato fortemente contingentato. L’approccio open space praticato da Apple è inoltre ritenuto un vantaggio in queste situazioni, con designer ed ingegneri hanno la possibilità di condividere pareri, risolvere problemi progettuali e studiare nuovi approcci; tutto questo si è perso, sostituito solo in parte dalle videochiamate. L’unica facilitazione è costituita dalla possibilità per gli impiegati coinvolti di portarsi a casa la componentistica di prova per proseguire lì le prove, anche in questo caso tuttavia a condizioni stringenti, inclusa l’approvazione da parte di un VP come abbiamo già visto nel caso del software. Nuove versioni di iPhone, iPad (non Pro), Apple Watch, Apple TV, HomePod, iMac e MacBook Pro sono in pieno sviluppo e non c’è alcuna intenzione di tornare a smarrire prototipi.

Il contesto diventa ancora più complicato quando sono coinvolti i fornitori asiatici, coi quali le interazioni fisiche si sono del tutto interrotte. I frequenti voli verso la Cina sono stati ora sostituiti da tonnellate di email, a cui vengono allegate immagini dei componenti prototipali, scattate solo da personale autorizzato con fotocamere prive di funzionalità wireless e poste sotto sigillo sino al prossimo utilizzo una volta scaricato il materiale dalla memoria. Da mere fotografie può dipendere ora, quindi, la direzione di alcuni dei prossimi prodotti. La differenza di fuso orario fornisce un ulteriore elemento di complicazione, cui Apple sta ponendo rimedio con turni notturni a rotazione tra gli ingegneri, in modo che possa sempre esserci qualcuno a mantenere i contatti.

Tanti grattacapi, quindi, ma del resto Apple è nella stessa situazione di molte altre, una situazione ben più grande di loro. Il morale resta comunque ottimista, testimoniato non solo dalla fiducia nella ripresa produttiva cinese e dal mantenimento delle tempistiche previste per i prodotti in arrivo, ma anche dal concorso fotografico interno per la scrivania casalinga più bella (con la condizione di non includere nella foto elementi confidenziali…). Speriamo che a breve potremo tutti finalmente avere un morale più alto, vedendo la luce in fondo al tunnel.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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