Apple e Google progrediscono nella loro soluzione di “contact tracing”, il 28 aprile primo rilascio delle API

La lotta al Coronavirus sta impegnando a pieno regime le forze di governi, scienza e tecnologia, con lo scopo di accelerare quanto più possibile il contenimento dapprima e la cessazione poi della pandemia. Il 10 aprile, Apple e Google hanno comunicato la loro unione d’intenti su una soluzione di tracciamento dei contatti che avrà le stesse caratteristiche sia su iOS che su Android, inizialmente attraverso specifiche API per le app e in una fase successiva integrata nei sistemi operativi con un aggiornamento software. La prima versione delle API è ad ottimo punto, tanto che il primo rilascio avverrà il prossimo martedì 28 aprile; un risultato in tempi rapidissimi, che testimonia l’importanza di questa collaborazione tra superpotenze tech. Intanto, in vista proprio della data fatidica, le due aziende hanno approfondito alcuni aspetti cruciali del loro sistema, soprattutto sul fronte della privacy.

Il tutto è stato raccolto in una FAQ in inglese, consultabile nella sua interezza su MacRumors. Qui raccoglieremo le informazioni principali, che più riguarderanno noi utenti finali. In generale, Apple e Google tendono a non utilizzare i termini “contact tracing”, preferendo sostituirli con “exposure notification”, letteralmente notifica di esposizione, in questo caso ricevuta da coloro che sono stati a contatto con una persona positiva. Viene ribadita la completa volontarietà del sistema: l’utente avrà libera scelta in qualsiasi momento se acconsentire o no al tracciamento e lo stesso vale anche per la conferma di positività, che dovrà essere fornita manualmente. Solo le autorità pubbliche di sanità con le loro app ufficiali potranno usufruire delle API e dovranno rispettare criteri stringenti di privacy e sicurezza. I due colossi non avranno alcun accesso ai dati raccolti e avranno la facoltà di disattivare il sistema anche su base locale man mano che le situazioni di emergenza rientreranno, non rendendolo più necessario.

Oltre al fattore volontario, viene garantito l’anonimato assoluto. Non verranno raccolte né condivise informazioni di geolocalizzazione e i beacon di trasmissione Bluetooth cambieranno ogni 10-20 minuti per minimizzare i rischi d’identificazione da parte di malintenzionati. Tutte le elaborazioni saranno effettuate in locale, le uniche attività online riguarderanno l’invio della segnalazione di positività e la notifica di allerta ai contatti più prossimi. Coloro che riceveranno la notifica potranno solo visualizzare il giorno del potenziale contatto, l’intensità del segnale Bluetooth emesso dallo smartphone della persona positiva al fine di valutare la vicinanza (più alto è il livello di segnale, più i due individui sono stati in prossimità) e la durata dell’esposizione. Il minimo sarà a discrezione delle singole implementazioni pubbliche, ma il massimo riportato non potrà in ogni caso eccedere i 30 minuti, anche qui misura volta a preservare quanto più possibile la privacy personale. Dai 5 minuti in su verrà riportata ad incrementi di 5 minuti.

Apple e Google continueranno ad accogliere e valutare suggerimenti tecnici che possano aumentare l’efficacia della loro soluzione, così come le osservazioni provenienti dagli enti direttamente coinvolti, a maggior ragione visto che il rilascio del 28 aprile sarà iniziale, coi plausibili margini di miglioramento che di norma accompagnano ogni versione 1.0. Nel frattempo, si potrà già iniziare a breve lo sviluppo delle app di tracciamento, su una base comune affidabile (anche se almeno nel primo periodo sarà inevitabile la convivenza con implementazioni proprietarie, come probabilmente sarà nel caso dell’italiana Immuni).

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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