Recensione MacBook Pro 16″: finalmente ritorna grande!

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Credo di averlo già detto in passato ma voglio ripeterlo: una delle cose che preferisco nelle recensioni dei computer è che le puoi scrivere usandoli. In questo momento sono seduto sul divano con il MacBook Pro 16″ sulle gambe, il suo bellissimo schermo davanti agli occhi e la nuova tastiera sotto le dita. Anche il video che trovate in questa pagina è stato montato con lui. Lo sto usando ormai da quattro mesi ed ho voluto attendere questo lungo tempo per poter affrontare tutte le principali attività del mio lavoro, dai viaggi fuori sede all’impiego stazionario sulla scrivania, sia per la produttività quotidiana che per i progetti più impegnativi.

Storia: un rinnovo necessario

Dopo l’ultimo MacBook Pro 15,4″ “Retina” del 2015, l’anno successivo Apple ha introdotto un nuovo design più moderno con uso esclusivo di porte Thunderbolt 3. Con tutta quella banda a disposizione le potenzialità sono aumentate, ma alcune novità non sono state accolte positivamente. Penso all’assenza delle porte standard ed alla conseguente nascita di quella molti chiamano dongle-era; alla Touch Bar che ci ha privato del tasto Esc fisico; all’esclusione del comodo lettore SD; al nuovo delicato meccanismo a farfalla per la tastiera, che a sua volta a portato alla nascita di un programma di richiamo perpetuo. Nei tre anni successivi Apple ci ha consegnato altrettanti aggiornamenti di quel computer, ma senza mai cambiare traiettoria. E con il nuovo chassis più sottile sono venuti fuori anche dei limiti nella capacità di dissipazione. In particolare il thermal throttling ha reso sostanzialmente inutili i processori Core i9 di maggior frequenza, dato che non riuscivano a dare nulla di più di quelli inferiori.

Lavorando solo ed esclusivamente con quel ristretto manipolo di software professionali realizzati da Apple, grossi problemi non ce ne sono mai stati. Final Cut Pro X, ad esempio, è così “furbo” da scorrere fluido anche su hardware sottodimensionato. Merito di una buona integrazione e di un sapiente gioco di priorità, mostrando anteprime a qualità ridotta ed anticipando le richieste di rendering dell’utente con l’attività in background. Inoltre il chip T2 si occupa di molte operazioni di codifica e decodifica, scaricando così la CPU e sopperendo alla bassa potenza delle schede grafiche. Tuttavia il mondo professionale non si può limitare in questo recinto e non si può chiedere a chi sceglie un Mac di lavorare solo con Logic, MainStage, Final Cut, Compressor, Motion (e mi pare di non dimenticarne altre).

A fine 2019 era atteso un altro rinnovo in fascia alta, più corposo degli step intermedi occorsi nel frattempo, e c’era motivo di sperare che fosse finalmente quello giusto. Ma c’era pure la possibilità che finisse male, com’è avvenuto nel 2016: poteva essere posizionato in una fascia di prezzo ancora più alta, non risolvere i problemi alla tastiera ed alla dissipazione, continuare a lesinare su storage e GPU, limitando anche le possibilità di upgrade in fase d’ordine. Tutte cose già successe e che avrebbero deluso ma non stupito. Per fortuna non è andata così ed è solo per questo che mi ritrovo qui a scrivervi dal mio MacBook Pro 16″.

Configurazione in prova e consigli

Inizio col dire che sono rimasto piacevolmente stupito dal cambio di rotta sulle configurazioni base. Il modello d’ingresso mantiene lo stesso prezzo del precedente 15,4″ ma ha un SSD più che accettabile di 512GB e finalmente anche una GPU moderna, la Radeon Pro 5300M con 4GB. Che un modello nuovo sia migliore del precedente è scontato, ma erano 3 anni che non cambiavano le dimensioni dei dischi e che non si aveva una scheda grafica abbastanza performante anche sulla versione base.

È migliorata pure la situazione lato processori, dato che si parte da un i7 (6-core) che “rende” quasi come l’i9 più potente del vecchio modello. A vedere i benchmark non si direbbe, eppure i miglioramenti nella dissipazione hanno questo effetto ed era ciò che ci auguravamo. Quindi il cambiamento di cui parlo non è solo quello di avere di più a parità di prezzo, bensì è ciò che nell’insieme ci ha portato da un portatile che costava 2799€ ma era inadatto al professionista della creatività ad uno che costa uguale ma va molto bene. Inoltre ora l’utente può scegliere la più potente GPU 5500M anche sul modello base, mentre prima doveva acquistare il top di gamma solo per avere l’opzione della migliore GPU Vega (che richiedeva un ulteriore esborso). Insomma, non è che oggi il MacBook Pro sia diventato di colpo economico, ma sino a poco meno di 6 mesi fa – con l’ultimo modello 15,4″ uscito a maggio scorso – servivano almeno altri 1000€ per poterci lavorare bene nel mio settore.

Notate che se non dovete fare modifiche i prezzi su Amazon sono nettamente migliori:

Finalmente un modello base completo e “conveniente”

Oggi la versione da 16″ base è già adattata a molteplici impieghi professionali, capace di offrire buone prestazioni praticamente in ogni ambito, compreso il montaggio video. Nel mio lavoro ho bisogno di schermi grandi, tante periferiche e velocità, dunque preferisco i computer desktop, ma questo MacBook Pro da 16″ sembra finalmente una buona soluzione per il lavoro fuori casa. Non essendo un rimpiazzo della postazione primaria ho evitato di esagerare con la spesa, e probabilmente sarebbe stata sufficiente la versione base, ma ho reputato che il modello top con upgrade su CPU, GPU ed SSD per 500€ in più potesse portarmi diversi vantaggi concreti.

Questo ha processore i9 8-core da 2,3GHz (i9-9880H), 16GB di RAM, 1TB SSD, GPU Radeon Pro 5500M con 4GB. Volendo tentare di utilizzarlo come postazione principale avrei dovuto aggiungere in opzione almeno i 32GB di RAM (+480€) e scegliere la GPU superiore con medesimo chip ma con 8GB di GDDR6 (+120€). Ricordo che una delle cose che non è assolutamente cambiata nel nuovo modello è che tutti i componenti sono saldati sulla scheda logica, dunque non sono possibili upgrade in un secondo momento, né fai-da-te né tramite l’assistenza Apple.

È interessante notare che è disponibile in opzione anche una CPU superiore, sempre i9 (8-core) ma con una frequenza base di 2,4GHz. Lasciando stare il Turbo Boost, che in un ultra portatile come questo è pressoché un miraggio, ci sono solo 100MHz in più a fronte di una spesa aggiuntiva di 255€, cosa che non reputo conveniente perché si tradurrà in un incremento misero di velocità reale.

Una valida novità per alcuni professionisti è l’opzione RAM da 64GB (+960€), cosa che però risulta utile solo per impieghi particolarmente avanzati e che nel campo video (per mia esperienza) non è necessaria lavorando in 4K. Gli 8GB di memoria GDDR6 sulla 5500M sono invece un’ottima scelta per chi vuole fare di questo MacBook Pro 16″ la sua postazione principale di video editing, anche perché l’opzione non costa tanto (+120€ rispetto quella con 4GB) e la RAM video viene sfruttata anche a prescindere dal suo processore.

L’ultimo elemento su cui si può intervenire in fase d’ordine è il disco che, come ho detto, parte da 512GB nel modello base e sale ad 1TB in quello top. Io l’ho lasciato così dato che non ho intenzione di buttarci dentro tutti i progetti in lavorazione ma solo sistema operativo, applicazioni e librerie primarie. Ovviamente dovrò fare affidamento a dischi esterni per scaricare il materiale video girato, però lo faccio comunque perché così lo sposto più facilmente tra i vari computer. Tuttavia per chi ha bisogno di maggiore capacità Apple ha molte opzioni di storage superiore, ovvero: 2TB (+480€), 4TB (+1200€) e addirittura 8TB (+2640€). Costosissimo ed anche impressionante viste le ridotte dimensioni e le velocità in gioco, ma in pochi ne avranno davvero bisogno e ancora di meno potranno permetterselo, senza considerare le implicazioni nella gestione del backup.

Cosa cambia fisicamente

Come si può facilmente intuire dal nome, il nuovo MacBook Pro 16″ porta in dote un leggero ingrandimento dello schermo, che rispetto al 15,4″ ha 1,5 cm in più sulla diagonale. Si nota subito a colpo d’occhio ma dopo un po’ si dimentica: dopotutto è sin troppo facile abituarsi ai miglioramenti. Rimane però evidente la cornice più stretta sui bordi che conferisce al portatile un’aria più giovane oltre che una maggiore immersività per i contenuti.

La funzionalità torna a vincere sull’estetica

In pianta è cresciuto davvero poco come ingombro, solo mezzo cm in più in altezza e un cm scarso in larghezza. Ho trovato interessanti gli 0,7 mm aggiunti sullo spessore, dato che non si vedeva un incremento di questa misura da anni e, per quanto minima, rende evidente che questa volta la priorità nel design del prodotto è stata data all’efficienza e non all’estetica. Allo stesso modo è salito anche il peso, che passa da 1,83 kg a 2 kg, ma in borsa o nello zaino non si nota. Considerate però che alcune tasche fatte proprio su misura del vecchio modello non sono adatte al nuovo. Ad esempio nella Everyday Messenger di Peak Design il 16″ non entra.

Tastiera: una nuova speranza

Una delle cose più importanti per me è stata la progettazione di una nuova tastiera che ha abbandonato il fallimentare meccanismo a farfalla per ritornare su quello più tradizionale a forbice. Si tratta chiaramente di un nuovo progetto ma che ricorda da vicino le tastiere esterne dei Mac, infatti Apple ha utilizzato la classica nomenclatura Magic Keyboard.

Sono quattro i vantaggi che si ottengono: il primo è che non ci dovrebbero essere problemi di affidabilità e in effetti dopo 4 mesi non ho ancora sentito nessuno lamentarsi di tasti incastrati, falsi contatti e tutte le altre problematiche che affliggevano i vecchi modelli; il secondo è che l’altezza del tasto è leggermente superiore e quindi ti dà finalmente (anzi nuovamente) la sensazione di premere qualcosa di concreto; il terzo è il ritorno del tasto Esc fisico; il quarto i tasti freccia con layout a T capovolta. Quindi è un bel passo avanti e ne sono contento, ma non mi ha convinto al 100%. Il feedback è buono e non è troppo rumorosa, tuttavia scrivendo in velocità mi capita spesso che si perdano delle lettere, in particolare quelle ai lati della tastiera, come se fosse richiesta maggiore forza o precisione. Il meccanismo a forbice aveva tanti difetti ma finché funzionava bastava veramente premere su uno spigolo per far scendere il tasto dritto. Mi auguro che in futuro si riesca a prendere il meglio delle due tecnologie per raggiungere veramente la perfezione, ma ad ogni modo preferisco avere l’affidabilità che garantisce la nuova tastiera del 16″ e non tornerei indietro sulla tecnologia ed il layout del 15,4″.

Ben tornato tasto Esc

Vorrei sottolineare quanto sia prezioso per chi usa molto la tastiera il ritorno del tasto Esc fisico, che è stato ottenuto riducendo la larghezza della Touch Bar. Questo piccolo aspetto ha pesato molto nella decisione d’acquisto perché quello virtuale dei precedenti modelli mi dava un sacco di problemi. La Touch Bar continuo a considerarla un gadget carino ma del tutto inutile. Secondo me Apple dovrebbe metterla in aggiunta rispetto alla riga dei tasti funzione standard o quanto meno dotarla di feedback aptico per dare la sensazione e soprattutto un segnale del fatto che si sia premuto qualcosa, anche se si tratta di un tasto “finto”. Attualmente uso BetterTouchTool per attivare il feedback aptico del trackpad, ma essendo distante rispetto alla Touch Bar non dà una sensazione naturale. Comunque con lo schermino accorciato a sinistra per il tasto Esc e a destra per il Touch ID, ora è molto difficile attivare delle pressioni involontarie.

Trackpad: sempre il migliore

Prima di utilizzare portatili Apple portavo sempre con me un mouse per evitare di usare i pessimi touchpad dei portatili. Ad oggi esistono molti computer di altri produttori che non presentano problemi da questo punto di vista, specie con i driver Synaptic TouchPad, ed anche quello del Surface Laptop 3 mi è piaciuto (recensione). Tuttavia il trackpad dei computer Apple rimane ancora una spanna sopra e quello del MacBook Pro 16″ è davvero il migliore. Grandissimo, preciso, ricco di gesture comode e naturali, fluido in ogni movimento. Inoltre l’assenza del meccanismo fisico lo rende più affidabile e la possibilità di schiacciare in ogni punto è davvero comoda.

Display Excellence

Lo schermo nei computer Apple è uno degli aspetti che viene curato con maggiore attenzione. Un tempo avevamo anche i modelli opachi per i professionisti della carta stampata, che io apprezzavo lavorando in quel settore, mentre attualmente sono tutti lucidi per favorire il contrasto e la riproduzione multimediale. La scelta è un po’ controversa ma la resa è eccellente e considerando che la maggior parte dei lavori di creatività ora sono finalizzati agli schermi è, nel complesso, “ragionevole”. Bello il formato 16″ – anche se è molto più vicino al 15,4″ che al vecchio glorioso 17″ – validissima la risoluzione di 3072 × 1920 pixel con scrivania standard in modalità HiDPI equivalente a 1536 x 960 pixel, che offre un rendering perfetto che non scaletta le immagini o il testo.

Sul fronte della riproduzione colore non siamo di fronte ad uno schermo adatto alla filiera della prestampa, ma per tutti i lavori di fotografia, grafica e video lo trovo davvero convincente. Ha infatti una buona calibrazione di serie, il supporto all’estesa gamma cromatica P3, ottimi angoli di visuale e luminosità eccellente fino a 500 nit. Se non si lavora sulla grafica, e dunque non serve una corrispondenza esatta, sono anche utili le funzionalità True Tone e Night Shift, che adeguano la tinta all’ambiente circostante per ridurre l’affaticamento visivo. E funzionano molto bene.

Possiamo cambiare il refresh rate

Novità importante per lo schermo del 16″ è quella di poter modificare il refresh rate della preferenze, spostandolo dai 60 Hz di default a 59,94, 50, 48 o 47,95. Ovviamente è una caratteristica utile principalmente per i professionisti del video editing, ad esempio per chi lavora i contenuti a 25fps e può vederli con riproduzione perfetta impostando i 50Hz. È interessante anche in riproduzione per lo stesso motivo, dato che ci consente di apprezzare meglio tutti i contenuti non in standard NTSC. Se si sperimenta un po’ bisogna poi ricordarsi di riportare poi il refresh rate a 60Hz per avere il massimo della fluidità sulla scrivania.

Audio: il migliore della classe

Ancor più impressionante dello schermo è il comparto audio. Semplicemente non esistono altri portatili, più o meno costosi, che abbiano una resa migliore. Con i 6 altoparlanti ed un design che consente di ridurre le vibrazioni delle basse frequenze, Apple è riuscita ad ottenere tanto volume, riproduzione pulita ed un bilanciamento sempre molto gradevole. Vedere un video o ascoltare musica con le casse integrate di un portatile non è solitamente una bella esperienza, però con il MacBook Pro 16″ lo è eccome. Difficile aver bisogno del volume massimo ma è apprezzabile che sia così elevato e senza distorsioni. Davvero giù il cappello per Apple.

La medesima attenzione è stata posta anche alla parte di registrazione. Ci sono tre microfoni con una resa davvero incredibile, grazie ai quali si riesce a parlare in modo chiaro nelle chiamate in vivavoce, ma anche a registrare audio per il web e persino voiceover. Ovviamente non è la soluzione definitiva per i professionisti del settore perché è sempre meglio un microfono esterno per chi lavora con podcast, video, ecc.. ma per le attività quotidiane o registrazioni d’emergenza senza dispositivi dedicati, ci offre la migliore qualità del settore.

Video a 720p? Really??

Se per lo schermo, la riproduzione e la registrazione audio si possono solo fare complimenti, c’è invece da storcere il naso nel vedere la videocamera FaceTime HD sempre a 720p. È un vero peccato perché l’attenzione sugli altri aspetti multimediali rende il MacBook Pro 16″ il portatile più valido del mercato e una webcam 1080p sarebbe stata il giusto completamento. Non dico che faccia schifo quella presente e capisco pure che lo spessore dello schermo non consenta molto di più, ma resta il fatto che il video a 720p sia sotto tono rispetto al resto.

Migliorata la dissipazione

Apple è stata duramente criticata per la resa dei processori più potenti nei precedenti MacBook Pro 15,4″. Nei primi esemplari con i9 era davvero una tragedia la regolazione del voltaggio e la dissipazione, portandoli immediatamente a raggiungere il tetto di temperatura e riducendo drasticamente le potenzialità delle CPU più performanti. Con degli aggiornamenti firmware la situazione è leggermente migliorata, ma c’era un evidente problema di progettazione. Con il nuovo chassis del 16″ ed una maggiore attenzione sotto il profilo termico, oggi non ci sono più questi problemi. Bisogna sempre ricordare che si tratta di un ultraportatile leggero e compatto, dunque i laptop da gaming più spessi faranno sempre di meglio, ma qui si è finalmente raggiunto il giusto equilibrio per non sacrificare troppo le performance.

Il modello con CPU i9 8-core che ho scelto ha una frequenza base di 2,3GHz che non solo viene sempre mantenuta ma non scende quasi mai sotto i 3GHz, anche sotto stress prolungato della CPU. Il Turbo Boost massimo a 4,8GHz rimane sostanzialmente un dato di cartellino e si vede solo per pochi istanti, cosa del tutto normale per un portatile di questo tipo, però nelle operazioni brevi ci dà comunque un po’ di sprint.

Se si mette sotto torchio anche la GPU nello stesso momento, i 100W circa che eroga la batteria non sono in grado di tener testa a tutto il sistema, quindi in questi casi il MacBook Pro deve necessariamente ridurre l’erogazione di corrente e il processore può avere picchi minimi di frequenza da 2 GHz o magari inferiori. Non si tratta però di Thermal Throttling ma di limiti fisici che non si possono superare. Va detto comunque che portare al 100% contemporaneamente sia il processore che la scheda grafica è piuttosto raro, nel senso che vorremmo farlo ma pochi software sfruttano così a fondo l’hardware. Nel complesso si è raggiunto un ottimo livello che solo in rare circostanze va a penalizzare le potenzialità ottimali del portatile. E quindi siamo molto molto al di là della pessima efficienza registrata dai vecchi 15″.

Le temperature massime possono essere elevate sotto stress, come da tradizione per i computer Apple, ma siamo sempre nei limiti di sicurezza e il computer non scalda mai sotto le mani. Forse d’estate si potrebbe rivalutare la cosa tenendolo sulle gambe, per il momento mi sto trovando bene. Continuo a ritenere poco utile il processore più potente i9 8C/16T a 2,4 GHz che richiede 255€ in più sul modello top, mentre l’i7 6C/12T del base sembra già più che valido, anche per uso professionale.

Final Cut è così ottimizzato da non saturare l’hardware, Premiere Pro è così poco ottimizzato da non riuscirci

Con i software che sfruttano pesantemente l’hardware, come ad esempio DaVinci Resolve, c’è attualmente un’eccessiva tendenza a far partire le ventole, che non sono troppo fastidiose ma neanche silenziose. Apprezzo che si sia puntato a mantenere il più possibile elevate le performance, ma durante i montaggi video ho trovato necessario l’utilizzo di cuffie. Con Final Cut e Premiere Pro la cosa si avverte di meno, anche se per motivi differenti: il primo è molto ben ottimizzato e non manda l’hardware in saturazione, il secondo è così poco ottimizzato da non riuscirci.

Finalmente GPU moderne

Erano secoli che vedevano nei Mac schede grafiche Radeon della serie 4xx e 5xx: non se ne poteva più! La parentesi Vega è stata utile ad AMD per rimettersi in carreggiata sul fronte tecnologico ma le ha fatto perdere uno dei suoi pochi vantaggi storici: il buon rapporto prezzo/prestazioni. Lo si può vedere nelle Vega 56/64 degli iMac Pro, costose e poco performanti per un computer simile, ma anche per il fatto che nei precedenti 15,4″ le Vega 16/20 fossero disponibili solo come costose opzioni aggiuntive. Di sicuro Apple avrebbe potuto fare uno sforzo in più per evitare di mettere ancora vecchie GPU nelle configurazioni di default dei suoi portatili top tra il 2016 e il 2019, tuttavia una parte della colpa era di AMD.

Con la nuova architettura Navi l’azienda rivale di NVIDIA ha finalmente ripreso la sua competitività. Non ancora nella fascia più elevata ma sicuramente in quella media. Sul fronte desktop è infatti arrivata la valida RX 5700 XT, che sarà disponibile sul Mac Pro in una forma potenziata con il modulo MPX. Nel mobile, con il MacBook Pro 16″, adesso si parte di serie dalla RX 5300M da 4GB, scheda con un validissimo rapporto prezzo/prestazioni e che supera la vecchia Vega 16 su quasi tutto (e quest’ultima era una costosa opzione). Io ho voluto spingermi leggermente più in là con il modello top, in cui si trova la 5500M con medesimo quantitativo di GDDR6 mentre in opzione si può avere anche la versione con 8GB per soli 125€ in più, che consiglio per chi conta di usare questo computer come rimpiazzo totale per il desktop in ambito creativo/multimediale.

Al di fuori dei benchmark, che sono comunque validi, non si tratta comunque di soluzioni che possono competere con quelle desktop, soprattutto con le NVIDIA di fascia alta. Tuttavia queste ultime hanno delle richieste energetiche tali che nei portatili Windows non si riesce a sfruttarle lontano da una presa di corrente. Questo perché la batteria non può fisicamente dargli che una frazione dell’alimentazione che richiedono visto che c’è anche la CPU e tutto il resto dei componenti. Dunque ci si trova nella spiacevole condizione per cui un portatile che va bene a corrente diventa molto più lento in mobilità, anche se quello dovrebbe essere il suo principale ambito di utilizzo. Anche nel MacBook Pro 16″ i circa 100W della batteria sono insufficienti se si spinge l’hardware al massimo, ma dato che le richieste totali sono più contenute (e mi riferisco in particolare alle GPU AMD rispetto quelle NVIDIA), la riduzione di prestazioni senza alimentazione è davvero minima e si verifica solo nei rari casi in cui si porta al massimo sia la CPU che la GPU. In quelle situazioni, il sistema dovrà farsi decidere come distribuire la potenza massima tra i vari componenti. Il succo di tutta questa situazione è che quando si lavora in mobilità il MacBook Pro 16″ supera la maggior parte delle controparti, anche più carrozzate… e questo è un aspetto da non sottovalutare.

Batteria, caricatore, autonomia

Apple ha portato la capacità della batteria vicina al limite consentito di legge per i viaggi in aereo, ovvero 100 Wh. Una giusta decisione che consente di mantenere un’elevata autonomia quando si compiono attività leggere, raggiungendo un totale dichiarato di 11h. Nella mia personale esperienza con uso semplice ma realistico che prevede mail, navigazione, social, musica, foto, ecc.. la vera autonomia è compresa tra 5 e 6h. Adeguata al prodotto, direi, e non distante da quanto ci si può aspettare da una macchina simile. Per quanto detto in precedenza, però, se lo portiamo al massimo delle sue capacità per un tempo prolungato, ad esempio nella codifica video, dopo 1h e 40min circa servirà il caricatore.

Anche qui nulla di nuovo e anche qui un approccio che ritengo corretto: se ci serve autonomia non ci mettiamo a fare un lavoro così impegnativo per l’hardware e, anche avendone necessità, tagliare le prestazioni per risparmiare batteria ci porterebbe a terminare un’operazione di 20 minuti nel doppio o triplo del tempo, quindi alla fine l’autonomia si ridurrebbe comunque con l’unico risultato di farci perdere tempo.

Vorrei anche ricordare che il caricatore del MacBook Pro è merce rara. È piccolo, leggero, con un solo cavo. In effetti in alcuni casi può essere utile una prolunga (che un tempo veniva data in dotazione), ma quando si viaggia e nel trasporto in generale è davvero comodissimo. Specie se confrontato a quei mattoni grandi e pesanti che troviamo nella maggior parte dei computer della concorrenza.

Connettività al top, connessioni complesse

Togliamoci subito il dente per quanto riguarda il fronte wireless, dove mi è dispiaciuto non vedere il Wi-Fi 6, mentre il Bluetooth è fortunatamente il 5.0. Parlando invece della parte cablata vorrei premettere che non ho problemi a criticare Apple per le sue scelte, ma se mi soffermo a pensarci devo riconoscere che 4 porte Thunderbolt 3 con 40 Gbps di banda siano un lusso da non sottovalutare.

Nell’uso di tutti i giorni sarebbe molto meglio avere un lettore SD ed un’uscita video diretta, che sia HDMI o DisplayPort, così come una USB-A di formato tradizionale, ed è questo che soggettivamente possiamo non apprezzare in base al nostro uso. In effetti è un trend ci ha portato a dover girare con adattatori di diverso tipo ed a spendere anche soldi per acquistarli, cosa che evidentemente non fa piacere a nessuno. Tuttavia quando poi si deve ottenere il massimo con un MacBook Pro 16″ su una postazione, la flessibilità offerta da questa configurazione di porte è inarrivabile.

Thunderbolt 3: croce e delizia per gli utenti Apple

È vero che serviranno spesso Dock, ma si può riuscire a collegare una infinità di periferiche senza incorrere in limiti di banda. L’unico problema che oggettivamente rimane è quello di trovare i giusti cavi, perché con tutti gli standard presenti si è creato un vero pastrocchio. Ci sono USB-C 3,1 gen 1 e gen 2, altri con velocità dati da USB 2 ma supporto esteso alla ricarica, Thunderbolt 3 passivi compatibili anche con USB-C ma che non supportano la banda piena o il PD fino a 100W, altri ancora Thunderbolt 3 attivi e completi che però non funzionano su porte USB-C. Insomma, un delirio. Per questo non riesco ad essere del tutto contento della proposta Apple pur non negandone la versatilità e la potenzialità offerta in ambito professionale. Diciamo che rispetto ai primi anni ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. Sia sul fronte della conoscenza degli standard che avendo già preso molti accessori USB-C/Thunderbolt 3 utili che ci ritrovano tra una generazione e l’altra.

Prestazioni nel video

Per quanto mi piacerebbe offrirvi una panoramica concreta delle reali prestazioni in tutti i campi di lavoro, non mi è onestamente possibile. Ciò che posso fare è offrire un approfondimento utile a chi si occupa come me di immagini e video. Da circa 6 mesi il mio software di montaggio preferito è DaVinci Resolve, che utilizzo con soddisfazione su Mac, PC e spero anche Linux a breve. Nella parte più lunga ed importante della mia carriera professionale ho invece adoperato Premiere Pro, che comunque rimane sempre presente nel mio workflow sia per storico che per alcune cosette per le quali lo ritengo più pratico. Quando però ho iniziato a lavorare sui Mac sono passato temporaneamente a Final Cut Pro, acquistando anche la versione X che ho anche oggi installata su tutti i miei computer. Non lo preferisco rispetto agli altri sul fronte della UI, per la gestione della libreria e dei plugin, ma è innegabile che sia molto ben ottimizzato sui Mac. Ed è normale che sia così. Visto che il settore è molto vasto e le preferenze pure, ho provato ad analizzare tutti e tre questi applicativi, riscontrando anche dei comportamenti piuttosto diversi.

Prima di procedere dovete concedermi due ulteriori, ma importanti, precisazioni. La prima è che la resa di tutti questi software cambia da versione a versione e gli aggiornamenti possono modificare drasticamente i risultati supportando meglio le specifiche hardware (in alcuni casi è successo anche che si andasse a peggiorare). La seconda è che considerando tutte le codifiche possibili per i file in ingresso, i montaggi e gli effetti applicabili, nonché le differenti configurazioni in esportazione, le combinazioni sono praticamente infinite e non si possono considerare tutte. Dunque ho preso in esame le condizioni che mi si presentano con maggior frequenza più alcune altre che ho ritenuto rilevanti.


Premiere Pro

Piaccia o non piaccia, Premiere è praticamente uno standard nel mondo del video. È un po’ pesante (e sono gentile) ma è molto completo e si integra bene con gli altri software professionali Adobe come After Effects. La versione utilizzata per le prove è la 14.0.4 e per avere un metro di riferimento ho eseguito gli stessi test anche con il mio iMac Pro 2017, che ha 32GB di RAM, CPU Xeon W 8-core e Vega 56. Si tratta di due computer molto diversi che normalmente non si prendono in esame l’uno rispetto all’altro ma vedrete che i risultati sono piuttosto interessanti.

Timeline H264 8bit
UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Abb. Fluida Abb. Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 11:44 5:37 5:23 5:38
Uso GPU 0% 0% ~25% ~25%

Questa prima prova mi ha completamente spiazzato. Premiere usa la GPU solo per il rendering, ma come mai è rimasta sempre allo 0%? Già solo per applicare LUT e color avrebbe dovuto adoperarla un minimo. Inoltre si sa che HEVC è più complesso di H264 da elaborare, eppure il tempo di esportazione con quest’ultimo è stato addirittura migliore che con l’iMac Pro, mentre con H264 molto più lento. Ho alcune teorie in risposta a tali quesiti ma nessuna mi sembra inattaccabile, dunque evito di ipotizzare e mi limito a mostrarvi i risultati.

Timeline HEVC HDR
UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 10:49 5:17 5:04 5:18
Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%

Passando ad una timeline basata su file HEVC in HDR si ritrovano tempi generalmente simili ma un po’ più veloci, questo perché c’è sempre un po’ di color ma non la LUT dovuta alla registrazione in log del primo esempio. Anche in questo caso ho registrato una sostanziale uguaglianza esportando in HEVC con iMac Pro e MBP16 (bene), tuttavia quest’ultimo ha difficoltà con l’esportazione H264. Questo ci dice che il problema del primo test non era sicuramente nel file d’origine. Piuttosto è Premiere che non sfrutta adeguatamente le risorse del MacBook Pro 16″ in questi casi, anche se stranamente la cosa impatta sia la codifica QuickSync della iGPU Intel che la potenza di calcolo della GPU discreta.

Timeline 10bit semplice
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Abb. Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 9:32 6:08 5:53 5:44
Uso GPU <15% <15% <15% <15%

Passando ad una timeline con video a 10bit, Premiere si è reso conto che il MBP16 ha pure una GPU (alleluja!). Essendo file più complicati, l’iMac Pro ha spuntato un piccolo vantaggio già con HEVC, mentre per H264 rimane lo stesso problema già visto nelle prime due prove che rende il portatile ben più lento delle aspettative.

Timeline 10bit con montaggio
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Qualche DropFrame Abb. Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 8:04 7:09 22:38 22:46
Uso GPU ~5% ~5% ~5% ~5%

Qui tenetevi forte perché le bizzarrie di Premiere aumentano. Con una timeline identica a quella di prima ma con un montaggio video effettuato su diversi livelli, con aggiunta di effetti e titolazioni, non solo il problema dell’esportazione H264 si è ridotto moltissimo sul MBP16, ma questo ha superato l’iMac Pro in modo imbarazzante, con un tempo di esportazione nettamente inferiore. Se riuscite a spiegarmi questa cosa scrivetelo nei commenti perché sono davvero molto curioso.

Timeline ProRes
4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Qualche DropFrame Abb. Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 5:51 5:38 6:10 5:36
Uso GPU ~20% ~20% ~20% ~20%

Passando ai file ProRes la decodifica dei file sorgenti diventa più semplice, quindi anche con un bitrate più elevato i risultati sono migliori. Inoltre qui si nota un po’ di coerenza in più nei numeri ed inizia ad intravedersi un trend interessante, ovvero quello per cui il MBP16 riesce a superare l’iMac Pro nei tempi di esportazione (ricordo che quest’ultimo ha lo stesso chip T2 ma gli manca la iGPU e di conseguenza non può usare Intel QuickSync).

Final Cut Pro X

Il software di montaggio realizzato da Apple è ovviamente tra i più ottimizzati per le proprie macchine. Faccio presente che in passato è anche successo che alcune nuove release fossero più lente delle precedenti perché disattivavano il supporto alla codifica hardware a causa di qualche bug transitorio. Quindi specifico che i test che vedrete di seguito sono stati realizzati con la versione 10.4.8 senza pre-rendering in background onde evitare variazioni imprevedibili dei risultati.

Timeline H264 8bit
UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:37 5:35 4:49 5:32
Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%

Final Cut utilizza la GPU per il playback ma in esportazione predilige Intel QuickSync o il chip T2. Non dobbiamo dunque stupirci più di tanto nel vedere la GPU allo 0% in fase di esportazione sul MBP16 che è dotato di entrambe. Buoni comunque i tempi, sostanzialmente in linea con quelli dell’iMac Pro.

In realtà un minimo mi sarei aspettato di vederla salire per renderizzare le timeline ma a quanto pare non è così. Almeno non su questo Mac e con questa release del Final Cut e di macOS Catalina. In generale ho l’impressione che i driver per le nuove GPU AMD su Mac non siano ancora del tutto ottimizzati, speriamo che in un futuro imminente le cose possano migliorare.

Timeline HEVC HDR
UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:48 5:18 5:14 5:26
Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%

Piuttosto in linea con i precedenti risultati, con video HEVC vediamo persino un vantaggio per il MBP16, specialmente esportando in H264.

Timeline 10bit semplice
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 8:14 9:45 7:42 8:08
Uso GPU 0% 0% ~15% ~15%

Quando le cose iniziano a diventare più complicate, utilizzando file 10bit 4:2:2, l’iMac Pro tira fuori i muscoli dovuti alla sua architettura. Tuttavia il MBP16 regge molto bene il confronto e riesce ad offrire risultati consistenti e molto validi per un portatile.

Timeline 10bit con montaggio
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Abb. Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 12:10 13:54 9:30 10:10
Uso GPU 0% 0% ~20% ~20%

Aggiungendo più livelli, transizioni, sfumature e titolazioni in un montaggio completo basato sugli stessi file, il MBP16 va in sofferenza ben prima rispetto all’iMac Pro. Questo sia scorrendo la timeline che in fase di esportazione, con tempi che si allungano di un 30% circa. Comunque tutto appare comprensibile e lineare al contrario di quanto registrato con Premiere.

Timeline ProRes
4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:35 5:34 5:23 5:00
Uso GPU 0% <0% 20/40% 20/40%

Infine, con i file ProRes il MBP16 è andato molto bene codificando in H264 e bene anche in HEVC. Arrivati a questo punto si potrebbe pensare che questi dati dipendano solo ed esclusivamente da qualche “magia” fatta da Apple con il suo software e che quindi si sia costretti ad usare Final Cut Pro X. In realtà, però, non è così. E ce lo dimostra Blackmagic.

DaVinci Resolve

Ho iniziato relativamente da poco ad utilizzare questo software ed ho ancora molto da imparare, ma già lo preferisco agli altri due. Resolve gira su Windows, su Mac e persino su Linux. Non è privo di bug, però in quanto a risorse hardware si comporta bene ed offre libertà di scelta all’utente sul fronte hardware. Ad esempio nei test della NVIDIA GTX 1080 vs RTX 2080 abbiamo visto che fa utilizzare la codifica NVENC a differenza di Premiere.

Timeline H264 8bit
UHD 10min H.264 8bit 4:2:0 100Mbps 25fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:29 5:16 4:45 5:15
Uso GPU 20/100% 25/100% ~20% ~25%

Con Resolve l’utilizzo della GPU è garantito e questo ci porta ad ottenere ottime performance. Il MBP16 è risultato più veloce dell’iMac Pro e i tempi di esportazione nettamente migliori rispetto a Premiere ma anche rispetto a Final Cut Pro X. Una cosa da notare, e ne riparleremo in seguito, è che il portatile arriva molto più rapidamente a riscaldarsi a ad attivare le ventole.

Timeline HEVC HDR
UHD 10min HEVC HLG 8bit 4:2:0 100Mbps 24fps + Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:30 5:14 5:14 5:14
Uso GPU 20/100% 20/100% ~10% ~10%

La stranezza registrata con Premiere sulla codifica H264 qui non si presenta e i dati mostrano una solida coerenza tra le varie prove. Anche con la Timeline HEVC il MBP16 viaggia veloce su Resolve e supera sia l’iMac Pro che gli altri software in quanto a tempo richiesto.

Timeline 10bit semplice
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 5:43 5:36 4:58 5:37
Uso GPU 20/100% 20/100% ~20% ~20%

Passando ad una timeline con file video a 10bit 4:2:2, le prestazioni rimangono ottime e sempre superiori sia a quelle di Premiere e Final Cut che all’iMac Pro. La forbice con quest’ultimo va comunque a ridursi molto perché la codifica più complessa richiede maggiore forza bruta all’hardware.

Timeline 10bit con montaggio
4K DCI 10min H264 10bit 4:2:2 150Mbps 24fps + LUT/Color/Montaggio
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Abb. Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 11:16 10:34 9:09 9:33
Uso GPU 25/100% 25/100% ~35% ~35%

Per il test del montaggio video il raffronto diretto con gli altri software non si deve fare, in quando gli effetti e le titolazioni sono diverse. Tuttavia rimane interessante il rapporto con l’iMac Pro, che rimane positivo pur registrando tempi di esportazione leggermente superiori. Ancora una volta: quando serve potenza bruta la tecnologia hardware superiore vince.

Timeline ProRes
4K DCI 10min BMPCC4K ProRes 500Mbps 4:2:2 24fps + LUT/Color
Hardware MBP16 i9 8C+5500M iMac Pro 8C+Vega56
Timeline Fluida Fluida
Esportazione H264 HEVC H264 HEVC
Tempo 4:45 5:34 4:50 5:14
Uso GPU 25/100% 25/100% ~35% ~30%

Infine il test con i file ProRes è andato bene, confermando un trend complessivamente positivo. Ognuna delle prove con Resolve ha dato risultati ragionevoli e complessivamente migliori rispetto agli altri software. Per quanto riguarda l’iMac Pro, pur non essendo un rivale diretto e qui utilizzato solo per confronto di massima, vediamo che nell’uso semplice del software non riesce a competere con le tecnologie più recenti del MBP16 ma vince quando le codifiche o gli effetti in gioco da renderizzare sono più complessi.


I limiti di un ultra portatile

Come si sarà notato, con Resolve l’utilizzo della GPU è molto alto, infatti si vedono spesso picchi del 100%. Questo comportamento ha ovviamente risvolti ottimi nei tempi di lavorazione ma ne ha pure due negativi da considerare. Il primo è che insieme all’uso dell’hardware aumentano anche i consumi, il secondo è che il portatile scalda e diventa rumoroso per via delle ventole.

Il comportamento generale della dissipazione è buono per un ultraportatile, come di fatto è il MacBook Pro 16″, e sicuramente molto migliore di quello registrato nei precedenti 15,4″. Tuttavia nell’utilizzo reale si sente che l’hardware viene sottoposto ad un notevole sforzo. In particolare nel confronto con l’iMac Pro i numeri sono ottimi e spesso anche migliori, ma quest’ultimo rimane sempre silenzioso e appena finito un task di lavoro è immediatamente pronto a dare il massimo per un’altra prova. Sul MacBook Pro 16″, invece, l’impegno si sente più a lungo e servono almeno un paio di minuti dopo il termine delle esportazioni per riavere un computer fresco e le ventole a bassi regimi. Ovviamente questo discorso vale principalmente con Resolve, che, come si è visto, ottiene prestazioni migliori spremendo sia la CPU che la GPU.

L’impatto di questo comportamento non si avverte soltanto in esportazione, quanto anche nel montaggio. Sebbene la timeline sia generalmente fluida, ci sono diversi momenti in cui si sente che il computer va sotto sforzo e tende a rendere il lavoro più complicato, sia perché può andare un po’ a singhiozzo sia per il rumore delle ventole. Dunque anche se alla prova del cronografo è andato benone, continuo personalmente a preferire il lavoro su desktop. Ovviamente l’iMac Pro non è la macchina più adatta con cui confrontarlo, ma anche un iMac “normale” leggermente carrozzato è comunque una scelta migliore per chi lavora in ambiti che impegnano l’hardware massicciamente come nel montaggio video.

Conclusione

Voto 4,5/5Il MacBook Pro è uno dei computer Apple più importanti per me, nonché il primo che ho acquistato dopo aver deciso di passare definitivamente a Mac nel 2006 (a seguito di una piccola parentesi con l’iMac G3 nel 1999). Da quel momento in poi ne ho cambiato più o meno uno ogni due anni e per un periodo è stato anche il mio unico computer casa/lavoro che usavo come “core” che alimentava le rispettive postazioni. Negli ultimi 10 anni l’intensificazione dell’attività in ambito video mi ha portato a sentire sempre più stringenti i portatili, così ho iniziato ad adoperare i computer desktop fino all’attuale iMac Pro (recensione).

Nel 2016 l’avvento dei modelli Thunderbolt 3 non è entrato nelle mie corde. Ho vissuto con una certa negatività il nuovo corso fatto di rinunce, sia sul fronte delle connessioni che per la tastiera a farfalla. Inoltre ho trovato poco utile la Touch Bar ed inaccettabili i problemi di dissipazione, specie confrontati ad un prezzo di listino esagerato per l’hardware offerto. Sul fronte delle porte ho avuto modo di abituarmi possedendo i nuovi iMac, iMac Pro e Mac mini, ma per i portatili ho preferito usare i 13″ fino al 2019 al solo scopo di avere un “vero” computer da viaggio (in aggiunta all’iPad Pro per le attività più semplici).

L’arrivo del MacBook Pro 16″ mi ha rimesso fin da subito nel giusto mood perché Apple ha evidentemente ascoltato i 3 anni di lamentele arrivati dalla comunità professionale. Il nuovo portatile rimane chiaramente nella scia evoluzionistica naturale rispetto al precedente ma rimette in discussione anche alcune scelte infelici consegnandoci nuovamente un MacBook Pro che piace. Piace perché è un po’ più grosso ma la dissipazione è nettamente migliore, piace perché non ci si deve più preoccupare della problematica tastiera a farfalla, piace perché è finalmente ritornato il tasto Esc fisico. Soprattutto, però, piace perché a fronte di un prezzo che rimane invariato ci viene finalmente data una giusta configurazione fin dal modello base. Quindi per la prima volta dal 2016 sono finalmente contento di aver acquistato un MacBook Pro di taglia “grande” e sono riuscito ad inserirlo nel mio workflow senza rimpianti. In alcuni frangenti va persino più forte del mio iMac Pro (che non è il più potente…) anche se ci tengo a ribadire che non lo sostituirei. È vero che mi farebbe risparmiare alcuni minuti nelle esportazioni “semplici” ma se inserito in un flusso di lavoro realistico queste sono piuttosto rare. Nei montaggi veri e completi l’iMac Pro vince quasi sempre e soprattutto lo fa senza battere ciglio. Ciò non toglie che si tratta di un confronto impari per il povero MacBook Pro 16″ che, a conti fatti, ha brillantemente soddisfatto le mie aspettative.

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PRO
+ Schermo più grande in dimensioni simili al precedente 15″
+ Ottima qualità del display, buona la calibrazione di fabbrica
+ Riproduzione audio al top della categoria
+ Eccellente resa dei microfoni integrati
+ Tastiera ritornata affidabile e con i tasti freccia a T capovolta
+ C’è il tasto Esc fisicoooo!!!
+ Configurazione di base già molto valida in uso professionale
+ La batteria è la più capiente che si possa avere su un portatile “da viaggio”
+ Comodissimo il piccolo alimentatore USB-C
+ Dissipazione adeguata al dispositivo
+ Prestazioni in mobilità elevate (spesso superiori a quelle di computer più carrozzati)
+ Autonomia più che adeguata (se si spreme consuma di più, ma è normale!)
+ Ampia flessibilità di connessione con ben 4 porte Thunderbolt 3
+ Finalmente GPU moderne
+ Rapporto qualità/prezzo nettamente aumentato rispetto al vecchio 15″

CONTRO
- Wi-Fi 5 (il 6 richiede le CPU di decima generazione)
- Fuori luogo la webcam 720p
- Il prezzo rimane complessivamente alto
- Non si può espandere niente dopo l’acquisto

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.