Approdano i Metal Developer Tools su Windows: i possibili benefici per il gaming sulle piattaforme Apple

La relazione tra Apple e i videogiochi possiamo definirla complessa. Da un lato ha la piattaforma di mobile gaming più potente e profittevole, con iPhone, iPad e iPod touch, grazie tanto all’amato/odiato (dagli sviluppatori) App Store quanto ai System-on a-Chip imbattuti nell’ambito da diversi anni, con prestazioni sempre crescenti. Dall’altro, dopo una partenza promettente sembra aver perso la bussola su Apple Arcade, costringendo ad una forte ristrutturazione del servizio a nemmeno un anno dal lancio, e in salotto non ha sfruttato a dovere il potenziale hardware della Apple TV 4K per intercettare quella fetta di casual gaming che per le sue esigenze lunghe non necessariamente sente il bisogno di PlayStation ed Xbox. Ci sono poi altri punti alti (come il supporto ai controller che migliora di versione in versione) e bassi (Game Center è ancora tra noi, ma con minori ambizioni di quelle iniziali). Dunque c’è il Mac, che non ha mai avuto nei giochi uno dei suoi maggiori punti di forza ma risulta indispensabile se si vuole svilupparne per iOS.

Un investimento che si ripaga in molti casi, ma pur sempre un investimento che non tutti gradiscono fare. La maggior parte degli strumenti di sviluppo per il gaming, inclusi quelli rivolti alle console, girano su Windows e nella stessa fascia di prezzo dei Mac le software house possono acquistare workstation più potenti per la progettazione dei titoli. Sviluppare anche per i sistemi Apple ha pertanto comportato sinora un esborso maggiore, dovendo spesso avere strumenti doppi (PC e Mac) e anche più personale, specialmente quando si parla di giochi molto complessi nella loro realizzazione.

Alla WWDC 2020, un po’ in sordina, Apple ha teso una mano agli studios, soprattutto quelli più piccoli ed indipendenti, col rilascio dei Metal Developer Tools per Windows. Tali strumenti permettono la compilazione di giochi destinati a Mac e iDevice anche sul sistema operativo Microsoft, riducendo così i soprammenzionati costi maggiori per una doppia infrastruttura nonché accelerando lo sviluppo stesso. In questo caso, infatti, potrà essere sufficiente un singolo Mac per svolgere le operazioni residue, ovvero la firma del codice, il testing e la pubblicazione sull’App Store. A maggior ragione la mossa assume importanza nella transizione dei Mac ad Apple Silicon, che da un lato perdendo Boot Camp non si presteranno più facilmente ad uno sviluppo multipiattaforma ma dall’altro potranno eseguire in modo nativo pure applicazioni e giochi sviluppati per iOS, già adatti per l’uso coi vari mezzi di input disponibili (tocco, tastiera e mouse/trackpad, controller), anche qui semplificando drasticamente la fase di testing.

Potremmo definirla in sostanza la reinterpretazione del classico detto: «Se la montagna non va da Maometto, allora Maometto va alla montagna.» In questo caso, è Apple che viene incontro agli sviluppatori, senza più aspettarsi il contrario, riconoscendo qui l’importanza tecnica e commerciale dei PC Windows dietro le quinte. Detta così, può sembrare un’ammissione di sconfitta, ma non se si considera l’obiettivo finale, ovvero attrarre sempre più sui suoi sistemi i cosiddetti titoli “da tripla A”, rendendo l’operazione a portata di mano per qualsiasi studio, dal gigante del settore al piccolo indie debuttante. E guardandola così, la prospettiva cambia decisamente.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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