I Mac Intel (e non solo) potrebbero non essere ufficialmente supportati da Windows 11

Prima di ogni nuova release di macOS ci si interroga su quali modelli verranno supportati, dopo l’annuncio si discute sul perché alcuni siano stati tagliati (quando ciò avviene). È avvenuto anche per Monterey, che per il secondo anno consecutivo dopo Big Sur ha lasciato per strada non pochi modelli di lungo corso. Da questo punto di vista, Windows è sempre stato decisamente più conservatore. La versione uscente, Windows 10, dotata di tutti gli aggiornamenti è in grado di girare (preferibilmente con qualche upgrade alle memorie) pure su computer di oltre 10 anni fa, soprattutto considerando la classica versione a 32-bit. Windows 11, fresco di annuncio, calerà invece una pesante scure come non se ne vedevano da tempo in casa Microsoft, lasciando fuori non solo la già citata vecchia guardia a 32-bit ma pure dispositivi ancora piuttosto recenti, inclusi tutti i Mac Intel.

Come spiega 9to5Mac, il nocciolo della questione si chiama TPM 2.0. È una piattaforma di sicurezza implementata da diversi anni, con varie versioni susseguitesi, presente su molti computer – l’ultima release, la 2.0 appunto, risale al 2014. Molti, ma non tutti, per svariati motivi. Innanzitutto, tra il rilascio delle specifiche e l’arrivo di hardware compatibile passa diverso tempo, il che ha fatto arrivare le prime soluzioni dotate di TPM 2.0 dal 2015. C’è poi un discorso di volontarietà: il Trusted Platform Module è stato a lungo consigliato ma non imposto, e se gli OEM hanno in larga parte seguito il consiglio (seppur con un plot twist che affronteremo tra poco) la situazione è ben più complicata per quel che concerne i PC assemblati in proprio. Non tutte le schede madri, specialmente quelle di qualche anno fa, hanno il chip TPM 2.0 già integrato e i requisiti annunciati per Windows 11 hanno scatenato un’improvvisa corsa all’acquisto dei moduli aggiuntivi, con conseguenti riduzioni di scorte e prezzi in salita.

Si arriva poi al punto che riguarda pure Apple: il supporto TPM 2.0 potrebbe essere presente lato hardware ma disabilitato su quello software. Per fortuna la maggior parte delle volte è sufficiente un giro nel BIOS/UEFI per attivarlo; in casi come quelli dei Mac non vi è invece accesso diretto al firmware e non è possibile compiere operazioni di questo genere. Di conseguenza, se si va a verificare con l’apposito strumento la compatibilità di un Mac Intel con Windows 11, si riceverà un responso negativo. A questo punto non resta che sperare in un aggiornamento da parte di Apple che abiliti il TPM 2.0 (scarse chance che avvenga su una gamma che intende dismettere il prima possibile) oppure nel ritrovamento di modi per scavalcare il requisito (nella build di Windows 11 trapelata alcuni giorni fa è possibile farlo, ma non è detto che tali falle resteranno a lungo aperte). Questo almeno per quel che riguarda Boot Camp. Coinvolgendo la virtualizzazione, le cose vanno meglio. Posto che si abbia l’edizione Pro e almeno la versione 15, su Parallels è possibile abilitare un modulo di sicurezza virtuale aderente alle specifiche e riconosciuto dal sistema. VMware Fusion dispone di un’analoga opzione, mentre Virtualbox non la prevede.

Più in generale, non è solo il TPM che sta condizionando l’elenco di computer compatibili con Windows 11 ma la stessa Microsoft. I requisiti ufficiali base parlano di un processore a 64-bit con due o più core e frequenza minima di 1 GHz; scavando più approfonditamente nella documentazione tecnica, però, la lista delle CPU supportate rivela che i modelli più datati in lista sono gli Intel Coffee Lake di fine 2017 e gli AMD Ryzen 2018-2019, col conseguente effetto misto tra ilarità e sconcerto di lasciare fuori persino parecchi Microsoft Surface, incluso l’all-in-one Studio 2 tuttora in vendita a partire dal modico prezzo di 4199€.

 

Il paradosso vuole che ci siano all’estremo opposto dei dispositivi low-cost perfettamente supportati. Due anni fa recensii su queste pagine il Lenovo Ideapad S130, un economicissimo laptop di marca acquistato allora su Amazon per poco più di 160€ al fine di sostituire come secondo computer il mio vecchio MacBook bianco. Andando in questi giorni a ricercare nel dettaglio le specifiche tecniche ho avuto la conferma che è dotato di chip TPM 2.0. A perorare ulteriormente la causa, il Celeron N4000 del modello in mio possesso è nella lista dei processori Intel supportati da Windows 11, portando così alla conferma definitiva sottostante, che lo renderà l’unico computer in casa mia ufficialmente compatibile col nuovo sistema operativo (visto che gli altri due sono un MacBook Air M1 e il Dell Latitude aziendale, peraltro nemmeno supportato causa CPU appena precedente a quelle minime stabilite).

È verosimile pensare che i requisiti verranno rivisti a breve, viste le implicazioni eccessive e le polemiche che si stanno susseguendo. Se fossi ancora utente Windows a tempo pieno, mi sentirei arrabbiato nel pensare che un portatile da meno di 200€ possa essere aggiornato a 11 mentre resta fuori il PC principale preso solo un anno prima a cifre decisamente maggiori. Si critica (e critico) tanto Apple quando taglia modelli di Mac potenzialmente in grado di gestire senza problemi l’ultima versione, è giusto che Microsoft riceva le stesse rimostranze essendo riuscita a copiarla in peggio. Considerato pure il periodo che stiamo ancora vivendo, sarebbe auspicabile mantenere per Windows 11 pressapoco gli stessi requisiti di 10 versione 64-bit, rinviando le misure più stringenti alla prossima grande versione tra qualche anno.

In chiusura, vediamo la situazione sul fronte ARM e nello specifico i Mac M1. Come abbiamo appurato dall’assenza di indicazioni in merito, sia da Apple sia tantomeno da Microsoft, Windows 11 non potrà essere installato in modo nativo né la licenza della versione ARM sarà acquistabile liberamente come quella x86. Sul piano tecnico, se le cose staranno come ora per Windows 10, se si acquista una copia x86 la relativa product key è in grado anche di attivare la copia Insider ARM disponibile sul sito Microsoft, tuttavia lo riportiamo solo a titolo informativo poiché in assenza di aperture da Redmond si resta sempre su un’area grigia al confine tra ciò che permette e non permette il contratto di licenza. Ad ogni modo, per eseguire 11 occorrerà attendere un aggiornamento di Parallels Desktop, in quanto nella versione M1 il TPM virtuale soprammenzionato non è al momento disponibile.

ERRATA CORRIGE POST-PUBBLICAZIONE: In realtà, secondo quanto riportato nella sezione 5 del documento ufficiale destinato principalmente agli OEM coi requisiti minimi che i computer di nuova produzione dovranno rispettare per Windows 11, le macchine virtuali presentano una parziale eccezione. Sebbene Microsoft consiglia comunque il rispetto di quanto indicato, in fase di installazione pulita o aggiornamento non ci sarà un controllo specifico sulla conformità come avviene per le istanze eseguite direttamente sull’hardware reale. Ciò renderebbe non strettamente necessaria l’abilitazione dei TPM virtuali in Parallels e VMware né il ricorso a metodi di bypass.

Sui software di virtualizzazione eseguiti sui Mac Intel resta comunque consigliato abilitarlo qualora s’intendesse provare il programma attraverso i rilasci Insider oppure effettuare l’upgrade senza il probabile ricorso alle immagini ISO che quanto citato poco fa potrebbe comportare. Sui Mac M1 rimaniamo cautelativamente con quanto già espresso alla fine dell’articolo originale, attendendo novità da parte di Parallels, visto che la forma di distribuzione delle build sotto forma di hard disk virtuali VHDX rende più difficile l’upgrade a Windows 11 attraverso i metodi manuali (verosimilmente potrebbe essere necessario ripartire ogni volta da zero con la VM). La speranza finale è che, in ossequio all’eccezione stessa, Microsoft migliori i suoi sistemi di riconoscimento per la compatibilità al fine di rilevare quando il sistema viene eseguito in un’istanza virtuale e rimuovere i blocchi, sostituendoli perlopiù con un avviso riguardante la potenziale esecuzione non ottimale del sistema che lascerebbe all’utente la decisione su come procedere.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.