WWDC 2021: il buono, il brutto e il cattivo (secondo me)

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È passata una settimana senz’altro molto interessante, come del resto lo sono sempre quelle delle WWDC annuali. La conferenza Apple per sviluppatori potremmo definirla il capodanno del suo software, dove vengono presentate le novità che terranno banco per i mesi a venire e di cui beneficeranno gli utenti finali, oltre che i dev. Maurizio ha esposto martedì le sue esaustive considerazioni sulle nuove versioni dei sistemi operativi; a mente fredda e a pancia piena, credo di essere anch’io pronto a dare qualche parere nel consueto formato “buono, brutto e cattivo”.

Il buono

Facciamo una premessa: dopo la scoppiettante WWDC 2020, era lecito aspettarsi un evento dalle tonalità un po’ più basse quest’anno. Sarebbe fantastico avere spettacolo assicurato ogni volta, ma non è sempre possibile avvenga, vuoi perché la maturità raggiunta dal software stesso rende difficoltoso tirare fuori conigli dal cilindro ogni anno, vuoi perché fa pure bene per la qualità dei prodotti alzare di tanto in tanto il piede dall’acceleratore (e quando Apple è andata troppo a tavoletta i risvolti negativi si sono visti, vedasi iOS 11 e 13).

Premesso questo, non si può dire che iOS 15 sia stato deludente. Certo, chi si aspettava una profonda rivisitazione deluso lo sarà, a maggior ragione dopo aver visto quest’anno cosa ha fatto Google con Android 12. Sul piano delle funzionalità, siamo però davanti ad una nuova release iterativa, come lo è stata iOS 14, zeppa di utili migliorie. Penso agli aggiornamenti per FaceTime, a SharePlay, a Live Text, ma soprattutto a Concentrazione.

Era da anni che attendevo di vedere su iOS una modalità Non Disturbare (perché di fatto è considerabile una pesante evoluzione del DND) così ben fatta e strutturata. La pazienza è stata ripagata e già in questa prima Beta trovo che funzioni in modo encomiabile. Ci sono ancora margini di perfezionamento, che dovranno coinvolgere anche le app terze, ma il grosso è stato fatto e adesso la strada è in discesa. Molto gradite le marce indietro su alcuni aspetti controversi, col ritorno dell’ingrandimento durante la selezione del testo e del selettore date a rotazione. Hanno ascoltato i tanti feedback su quelli che a tutti gli effetti erano peggioramenti dell’esperienza d’uso.

Un altro aspetto interessante è il discorso compatibilità: iOS e iPadOS 15 (così come del resto watchOS 8 e tvOS 15, su cui non c’è molto altro da dire) non hanno effettuato alcun taglio ai dispositivi supportati. Il nuovo highlander è l’iPad Air 2: partito con iOS 8 ad ottobre 2014, riceverà aggiornamenti di rilievo almeno fino alla prima metà del prossimo anno. Ipotizzando che iPadOS 16 lo tagli, parleremmo comunque di quasi 8 anni di supporto. Otto. Nemmeno i Mac raggiungono tale livello di longevità software (ne riparleremo più avanti). Non che iPhone 6s e SE di prima generazione scherzino, tutt’altro. Ci si aspettava venissero tagliati, invece riceveranno un’altra versione. Guardiamo ad un contemporaneo non Apple del 6s: il Nexus 5X. Lanciato con Android 6.0, ha terminato il suo ciclo vitale major con Android 8.1 a fine 2017, ricevendo poi fix di sicurezza fino a fine 2018. È vero che i Play Services e le app aggiornate singolarmente rendono meno necessario su Android il ricorso ad aggiornamenti di sistema, ma le falle restano scoperte e anche gli stessi sviluppatori concentrano le attenzioni sulle versioni più recenti. Lì il ricorso alle ROM permette di ovviare in molti casi a queste situazioni ma, per quanto semplificata rispetto al passato, resta un’operazione non alla portata di tutti e di cui l’utente comune nemmeno dovrebbe preoccuparsi di considerare.

Per fortuna Google, Qualcomm (lato SoC) e gli altri produttori stanno cambiando drasticamente il loro approccio alla questione e qualche effetto già si vede, soprattutto con Samsung, ma si dovrà aspettare ancora per un bilancio a lungo termine. Nel frattempo, ci saranno parecchi iPhone 6s del 2015 che termineranno la loro carriera con iOS 15.5/.6/.7 e forse pure oltre, visto che Apple ha predisposto un canale secondario dedicato ai soli aggiornamenti di sicurezza come su macOS. Un’anteprima di questo meccanismo l’abbiamo vista coi correttivi per iOS 12 che tuttora continuano ad uscire, mantenendo protetti quei dispositivi che non godono delle ultime versioni, come l’iPhone 5s. Questo canale secondario troverà indubbiamente uso non solo in autunno, offrendo a chi non vuole passare ad iOS 15 l’alternativa di rimanere ancora per un po’ con iOS 14 ricevendo bugfix periodici, ma anche e soprattutto negli anni a venire se ci saranno movimenti di falce nell’elenco dei prodotti supportati dalle prossime versioni.

Parlando di macOS Monterey, pure lì troviamo utili novità a tutto tondo. Nessuno stravolgimento, già svolto lo scorso anno da Big Sur, ma rifiniture rilevanti abbinate a modifiche che porteranno in futuro i loro frutti migliori, come l’approdo di Comandi su Mac.

Universal Control è dove vediamo Apple al suo meglio, sfruttando pienamente l’integrazione tra i suoi sistemi operativi. Mac e iPad (anche più di uno per ciascuna categoria di dispositivi) possono condividere il puntatore, semplicemente spostandolo da uno schermo all’altro. Oltre a mouse/trackpad, pure una singola tastiera può essere utilizzata da ambo le parti. A ciò si aggiunge la possibilità di condividere lo schermo di iPhone e iPad sul Mac tramite AirPlay, aprendo ulteriori scenari sinora preclusi.

Le migliorie relative alla privacy consolidano la buona posizione dei sistemi Apple in tal senso e stanno facendo buona scuola anche altrove, incluso Android. Non sono del tutto d’accordo che alcune vengano trincerate dietro l’abbonamento iCloud+ (di cui di fatto dispongo, avendo un piano iCloud con spazio aggiuntivo, quindi non esprimo la perplessità da estraneo), ma comprendo il perché lo fanno e so che altrove avviene lo stesso in modo peraltro peggiore (negli USA la VPN è inclusa solo nel piano più costoso di Google One), perciò meglio averle disponibili a pagamento piuttosto che non averle proprio.

In conclusione della parte buona, una menzione d’onore per il migliorato trattamento nei nostri confronti – per nostri intendo dell’Italia. Finalmente Apple porterà anche da noi Siri in italiano su Apple TV nonché l’HomePod mini (certo, dopo aver dato tutto il tempo ad Amazon e Google di razziare il mercato, ma come diceva qualcuno “gli ultimi saranno i primi”, perciò chissà che l’azzardo di Apple non paghi pure stavolta) e, strano ma vero, avremo qualcosa prima dei vicini francesi e tedeschi, ovvero le nuove mappe. All’appello mancheranno di fatto solo Apple Card, Fitness+ e News. A sensazione, due di queste le vedo abbastanza probabili nel corso dei prossimi 12-18 mesi, la terza richiederà ancora un po’ di tempo. Voglio sgombrare però il campo dall’ipotesi più ovvia: non mi riferisco all’Apple Card.

Il brutto

A dire il vero, credo che questa meriterebbe più una menzione cattiva, ma voglio dare ancora un anno di beneficio del dubbio ad Apple. L’immagine sopra chiarisce subito dove sto puntando il dito: iPadOS 15. È tutto qui ciò che da Cupertino avevano da mostrare per il sistema? iPadOS 13 fu la prima versione differenziata, ci stava che non avesse ancora una spiccata identità propria rispetto ad iOS; iPadOS 14, va bene, si arrivava da un ciclo software non proprio fortunato, si doveva puntare perlopiù alle ottimizzazioni, rinviamo le aspettative sulle grandi manovre. Ma alla terza release di fila in cui vediamo degli incrementi minori il naso si storce. A maggior ragione dopo aver introdotto l’iPad Pro con M1. Ecco, quell’evento aveva dato l’impressione di essere l’antipasto di novità succulente che avremmo visto alla WWDC. Arriviamo allo scorso lunedì, tutti belli eccitati, e… Qualcuno ha presente il meme in cui ci sono due primi piani di un ragazzo di colore, dapprima entusiasta e poi deluso? Credo che più o meno siano state le reazioni della maggior parte di chi ha assistito al keynote della WWDC 2021 quando hanno parlato di iPadOS 15.

La libreria app? Era attesa già lo scorso anno, ancora non mi è chiaro perché ci abbiano impiegato altri 12 mesi per portarla pure su iPad. I widget in ogni parte della schermata home? Idem con patate. Le modifiche al multitasking? Shelf? Tutte migliorie interessanti ed utili, ma che non vanno a modificare radicalmente il modo di agire del sistema. Quick Note? Anche lì, una chicca pregevole, però nulla di più, se avessero portato l’app Memo da macOS sarebbe stata quasi la stessa cosa. La versione per iPad dell’app Traduci? Graditissima, spero solo che nei piani per iPadOS 16 ci sia il porting della Calcolatrice per completare il lavoro – forse per iPadOS 17, visto che prima nelle priorità ci sarà Meteo.

L’unica novità davvero interessante alla fine è Swift Playgrounds 4 che darà l’opportunità di programmare e pubblicare applicazioni sullo Store direttamente da iPad, mettendo un pochino alla prova gli M1. Non è in ogni caso Xcode, così come iMovie non è Final Cut e GarageBand non è Logic. Ci si era posti delle aspettative troppo elevate? Magari sì, magari no. Certamente ci sono vie di mezzo tra il tutto e il niente e, a mio parere, Apple non ha intrapreso nemmeno quelle. Ha ragione Maurizio nella sua analisi: non si vede una visione definita per iPadOS. Non dev’essere macOS, ma nemmeno iOS con un nome diverso.

Un altro software che non riesco a promuovere è Safari nel suo nuovo maquillage. La singola barra con campo URL e pannelli mi ricorda tanto quanto era stato fatto in pompa magna da Microsoft su Internet Explorer 9. La differenza principale era la presenza di un’opzione per riportare sotto la barra dei pannelli come prima, scelta effettuata da non pochi, tant’è vero che con Edge nel 2015 (l’incarnazione precedente all’attuale) non la ripeterono, limitandosi a spostare i pannelli da sotto a sopra con un layout analogo a quello di Chrome.

Sempre Microsoft sulle piattaforme mobili era una delle principali sostenitrici della barra degli indirizzi in basso, pure questa scelta ormai abbandonata. Non riesco quindi a capire il motivo per cui Apple abbia sentito di cambiare drasticamente qualcosa che non aveva tutto questo bisogno di essere modificata. Rimanendo sempre in casa della mela, ricorda quanto successe nel 2009: le prime Beta di Safari 4 avevano adottato il layout introdotto da Chrome pochi mesi prima – pannelli insieme ai pulsanti principali della finestra, barra degli indirizzi subito sotto. Per la versione finale si era tornati al formato tradizionale, una delle rare volte in cui la Apple di Jobs, spesso accusata di non ascoltare le opinioni degli utenti convinta di sapere cos’è meglio per loro, aveva ascoltato il “furor di popolo”. La Apple di Cook ha già dimostrato di essere ben più incline a farlo, ne ho parlato pure prima, perciò non le chiedo di fare per forza un passo indietro ma solo di prevedere un’opzione per mantenere un layout simile a quello dell’attuale versione stabile, così come ce l’aveva IE ai tempi. Ciò accontenterebbe sia chi gradisce il design rinnovato sia chi non ne è convinto. Se poi una tale opzione non arriverà, ci si proverà a fare l’abitudine sperando abbia ragione Apple.

Chiudo questa parte citando una parte brutta che personalmente non la trovo male, ma di certo è stata già citata e non posso ignorarla. Funzionalità come Live Text e le mappe con elementi aggiuntivi tridimensionali sono cose che abbiamo già visto da Google, ci sta che non tutti si siano sentiti di applaudire Apple per aver pareggiato delle mancanze. Nemmeno io li applaudo, ma al tempo stesso sono soddisfatto che le abbiano messe. Quando le funzionalità utili trovano ispirazione da una parte e dall’altra, a guadagnarne sono tutti gli utenti. Per questo trovo che quanto fatto da Apple sia potenzialmente nel brutto, ma nemmeno tanto. Sarebbe stato peggio non metterle.

Il cattivo

In conclusione, andiamo nella parte cattiva di queste riflessioni. Purtroppo sono incentrate su macOS Monterey, e non per il sistema operativo in sé su cui ho già speso delle buone parole in precedenza. È l’atteggiamento di Apple che non mi convince: ha fretta di uccidere i Mac Intel e non sembra farne mistero. A partire dall’elenco dei Mac supportati: per la prima volta da quando è stato adottato un ciclo annuale di aggiornamenti, Apple ha effettuato una doppia serie di tagli importanti: lo scorso anno con Big Sur e ora con Monterey (se parliamo di piccoli tagli c’è invece un precedente con Catalina che ha lasciato fuori i Mac Pro 2010-2012 aggiornati con GPU Metal, supportati invece da Mojave che invece aveva passato la falce più grande). Dall’elenco escono infatti iMac 2014, MacBook Air 2013-2014, MacBook Pro Late 2013-Mid 2014, Mac mini 2014 e MacBook 2015.

Apple avrà i suoi buoni motivi tecnici per le scelte effettuate e, piaccia o no, non ha un obbligo a supportare i vecchi Mac in eterno, tuttavia la natura di ottimizzazione di Monterey lascia qualche perplessità. A parte Universal Control, non sono state introdotte novità così tanto rilevanti da escludere i Mac che hanno supportato Big Sur; prova ne è che sui vari forum hanno già scavalcato le limitazioni di compatibilità e la Beta di macOS 12 canta che è un piacere pure sugli esclusi (al contrario di ciò che è successo appunto con Big Sur ed altri rilasci, dove i limiti sono stati altrettanto scavalcati rapidamente ma è stato necessario un lavoro di ottimizzazione prima che il sistema girasse in modo dignitoso sui Mac non supportati).

Ha fatto però di peggio, precludendo ai Mac Intel non poche delle nuove funzionalità. Passi che sui portatili più vecchi tra quelli supportati caratteristiche richiedenti supporti avanzati, come Universal Control, o adeguate capacità computazionali, come Live Text, possano essere escludibili. Ma vogliono dirmi che i Mac Pro da 6599€ non siano per nulla in grado di effettuare un’attività avanzata di OCR perché privi del Neural Engine? Ci vuole per forza un Mac M1 per avere le mappe in 3D nelle città o zoomare indietro fino a vedere il globo in stile Google Earth?

Che con il tempo aumenteranno le funzionalità esclusive per i Mac con Apple Silicon è scontato, fa parte del gioco. Era successo pure con la transizione da PowerPC ad Intel. Che premano l’acceleratore quando la transizione hardware non è stata ancora completata e persistono in vendita dei Mac dotati di processori Intel, sembra poco corretto. Essendo felicemente “siliconato” dalla fine dello scorso anno, quanto sopra non mi tocca in modo diretto – ma penso pure a quella gran parte d’utenza che per vari motivi non può fare subito la stessa transizione e non dovrebbe sentirsi improvvisamente catapultato in serie B. Dubito che Apple ci ripenserà, abilitando sui Mac Intel tutte o alcune delle funzionalità M1-only, ma non posso che sperarlo.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.