Tim Cook è il nuovo CEO di Apple: accadeva 10 anni fa

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10 anni fa – 8 mesi dopo il suo congedo per malattia – Steve Jobs passava definitivamente il timone della sua creatura a Tim Cook. Il nuovo CEO aveva iniziato ad assumere già da qualche tempo incarichi sempre più rilevanti in Apple, ma fin lì Jobs aveva mantenuto il ruolo di Amministratore Delegato. A seguito delle sue dimissioni, Steve Jobs ha voluto mantenere il ruolo di Presidente del Consiglio, Direttore e Dipendente Apple, com’esso stesso ha scritto nella lettera aperta:

Con la presente rassegno le dimissioni da Amministratore Delegato di Apple. Vorrei servire, se il Consiglio lo ritiene opportuno, come Presidente del Consiglio, Direttore e dipendente Apple.
– traduzione parziale della lettera di dimissione di Steve Jobs del 24 agosto 2011

Se escludiamo qualche rapido balzello del titolo, spesso dovuto a speculazioni, l’azienda si è mantenuta in ottima salute, chiudendo il Q4 2011 con una crescita del 39%. E non più tardi del mese scorso, è stato raggiunto l’ennesimo record nel Q3 2021.

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Non starò qui a ripercorrere ogni tappa di questi 10 anni, ma vorrei provare a fare il punto della situazione ora che c’è un lungo storico a cui fare riferimento. Intanto è fuor di dubbio che l’azienda viaggi a vele spiegate e che i timori di un imminente tracollo siano ormai un’ombra lontana. E altresì evidente che questa Apple non sia più quella di Jobs.

Tim Cook

La direzione di Cook è stata molto più razionale, forse un po’ disattenta rispetto al prodotto ma mai rispetto alle questioni manageriali, logistiche e finanziarie. È stato un direttore d’orchestra discreto, disinteressato dalla ribalta e generoso rispetto al proprio team. Personalmente divido la produzione di questi 10 anni in tre parti, ognuna delle quali è in qualche modo correlata ad un’altra figura, quella di Jony Ive.

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Nei primi 4 anni dall’assenza di Steve Jobs sembrava si viaggiasse in folle, sfruttando la corposa spinta accumulata e le idee già in cantiere. Dietro le quinte, però, si sentiva la necessità di trovare un nuovo leader di prodotto, dato che non c’era nulla di più lontano dalle corde di Tim Cook. Inizialmente sembrava che il successore designato potesse essere il carismatico Scott Forstall, se non fosse che ad ottobre del 2012 se n’è andato insieme John Browett, lasciando ad Ive pieni poteri su ogni aspetto del design, dall’hardware al software.

Molto si è ricamato sulle motivazioni dietro questo storico passaggio, ma una cosa è certa: sia Forstall che Ive sono uomini polarizzanti e ciò ha creato una forte instabilità al vertice. Ha vinto Ive, se così possiamo dire, e i primi frutti della sua direzione li abbiamo visti in quella che considero la seconda fase della produzione, quella a partire dal MacBook 12″ Retina del 2015.

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Computer sempre più sottili, sempre più chiusi, sempre meno versatili e potenti. Le linee da lui disegnate hanno continuato a guidare ed influenzare lo sviluppo dell’intero settore, ma dal 2015 al 2017 (e parte del 2018) abbiamo visto probabilmente la peggiore Apple in termini di prodotti. Non a caso in quel periodo avevo ripreso un’intensa attività nella produzione di PC assemblati, pubblicando qualcosa anche qui sul sito.

Nel 2018 la spiacevole condizione è diventata particolarmente palese anche nel disappunto della base d’utenza professionale e serviva un cambiamento. Ive era sempre più distante e nel 2019 è arrivato l’annuncio della separazione. Guardando sempre ai prodotti e servizi, Apple ha fatto molto meglio nell’ultimo triennio, dimostrandosi più attenta alle necessità della clientela, compiendo numerosi passi indietro dove necessario ed aprendo varchi sulle altre piattaforme.

Al tempo stesso è stata capace di progettare e mettere in campo una delle più importanti trasformazioni del settore informatico post-2000, ovvero il passaggio dai chip Intel/x86-64 ad Apple Silicon/ARM progettati in casa. Una transizione ancora in corso e di cui non possiamo conoscere gli esiti finali, ma che sembra essere arrivata al momento giusto e con dei primi risultati che hanno soddisfatto, e forse anche superato, le aspettative.

Abbiamo quindi vissuto un primo periodo di passività sull’onda lunga della precedente direzione, un secondo di oscurantismo in cui si è scelta una strada sbagliata ed un terzo, di rinascita, in un’azienda diversa, più corale rispetto a quella diretta da Jobs, ma forse ancora più solida.

Tra alti e bassi, la dirigenza Cook è riuscita a mantenere Apple sulla cresta dell’onda, superando anche un periodo di evidente crisi progettuale. Grazie al suo operato, oggi c’è molta concretezza e il fervore di un importante cambiamento in essere che appare ben orchestrato. Un risultato che non era per nulla scontato 10 anni fa. Dubbi sulla sua capacità manageriale non ce ne sono mai stati e come CEO ha fatto più di quanto ci si potesse aspettare, però mi chiedo se questa Apple – così diversa da quella che ricordiamo – sarà in grado di raccogliere nuove sfide dirompenti. Dall’esterno mi sono fatto l’idea che proprio in questo momento positivo potrebbe essere utile iniziare una progressiva transizione verso una nuova figura di spicco. Cook potrebbe continuare a fare benissimo in ambito manageriale e politico, finché ne avrà voglia, ma i tempi sembrano maturi affinché ritorni un leader più carismatico e visceralmente legato ai prodotti anziché alla produzione.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.