Pagamenti esterni per gli acquisti in-app su iPhone e iPad: alcune considerazioni aggiuntive

Ieri sera ho parlato del verdetto riguardante la battaglia legale tra Apple ed Epic, che di fatto ha sancito un pareggio tra le parti più gradito a Cupertino che alla software house fondata da Tim Sweeney, pronta al ricorso. Nel pieno spirito di questo sito, ho volutamente sconfinato dalla sola notizia per effettuare una lunga riflessione, forse anche oltre il necessario. Nondimeno, nelle ore successive sono emersi degli aspetti che meritano una seconda parte di approfondimento, un po’ più concisa ma non per questo meno importante.

Uno dei punti su cui mi sono interrogato dopo l’articolo ha riguardato i servizi di cloud gaming. Come ho scritto ieri sera, i principali beneficiari dell’opportunità di usare circuiti esterni di pagamento per gli acquisti in-app sono le grandi aziende coi loro abbonamenti, come Netflix, Spotify, Microsoft 365, Adobe Cloud, Kindle Unlimited ed altri ancora. Ma lo stesso discorso potrà valere per Xbox Game Pass Ultimate, PlayStation Now, Stadia, GeForce Now (e Amazon Luna negli USA)? Il discorso resta purtroppo complesso per quelle. È vero che la sentenza delle scorse ore ha tecnicamente effetto su tutte le tipologie di app, ma non modifica il resto del regolamento dell’App Store né costringe Apple a farlo, pertanto il cloud gaming resterà una zona grigia. L’unica concessione a riguardo risale allo scorso novembre, permettendo la pubblicazione di mini-app che diano accesso al gioco eseguito in cloud nell’abbonamento in uso, ma si tratta di un’opzione cervellotica per qualsiasi fornitore, dal momento che dovrebbe farlo per ogni singolo titolo ludico e sarebbe in ogni caso costretto a passare dal processo d’approvazione. Sarebbe come se Netflix fosse costretta a realizzare delle singole mini-app per far vedere La Casa di Carta, Cobra Kai, Stranger Things e le altre serie, invece di poterle far usufruire da una singola applicazione centralizzata. Quella che appunto per i succitati servizi di cloud gaming non è previsto dalle vigenti regole, costretti a ricorrere a versioni web su Safari. Si tratta di una delle questioni irrisolte di cui accennavo ieri e che si dovrà eventualmente affrontare per stabilire fin dove Apple possa spingersi nelle sue decisioni; a sensazione, più che una delle prossime mosse di guerra da Epic contro Apple sarà ancor prima oggetto di ulteriori interventi delle antitrust.

Il secondo punto è emerso questa mattina, a seguito dell’interessante tweet di Ryan Jones visibile sopra e che mi dispiace non aver avuto in mente già ieri sera. Di tanto in tanto nelle notizie si sente parlare di bambini e ragazzi che sui propri iDevice acquistano parecchi contenuti in-app nei giochi, con spiacevoli conseguenze per i genitori che si ritrovano a ricevere da Apple fatture da migliaia di $/€ e sono costretti a lunghe discussioni, se non addirittura azioni legali, prima di ottenerne l’annullamento. Dal canto loro, Cook e soci hanno aggiunto negli ultimi anni varie opzioni per ridurre l’eventualità di questi incauti acquisti, in primis meccanismi di approvazione manuale da uno o entrambi i genitori. Il verdetto di ieri, però, non solo forza Apple ad accettare metodi di pagamento esterni per le transazioni in-app ma anche a non porre alcuna condizione a chi intende adottarli. Questo apre purtroppo ad una potenziale esplosione dei casi menzionati poco fa, lasciando tutto sulle spalle dei genitori l’onere di prevenirli.

C’è però un modo per ridurre sensibilmente questi rischi e porta al terzo ed ultimo punto che vorrei evidenziare, scaturito da un successivo tweet sempre di Jones. Come ho scritto ieri, a mio avviso i principali beneficiari delle misure stabilite in tribunale saranno le grandi realtà, che non dovranno più spartire i ricavi con Apple. Per la maggioranza dei piccoli sviluppatori, la comodità di lasciare alla mela la gestione dei pagamenti vale il 30 o 15% dei ricavi che devono corrisponderle. Tuttavia, potrebbe essere il caso di rivedere al ribasso quelle percentuali, preferibilmente dimezzandole al 15/7,5 o addirittura portandole al 10/5. Ciò non solo farebbe contenti molti indie, che resisterebbero alla tentazione di passare a circuiti esterni, ma accompagnando la riduzione delle commissioni ad una buona campagna promozionale scoraggerebbe gran parte di coloro che potrebbero approfittarne proprio per lucrare sui contenuti in-app nelle modalità sopra descritte. Un po’ di ricavi in meno nel breve termine per una migliore immagine riottenuta nel lungo. Apple lo farà? Difficile, abbiamo già visto in altre occasioni il loro orgoglio bloccare sensibili modifiche. Questa volta però sarebbe opportuno ci pensassero, prima che in un futuro non troppo lontano magari ci pensino le autorità in giro per il mondo ad imporgliele, e di agire preferibilmente in anticipo rispetto agli 89 giorni che ci separano dall’entrata ufficiale in vigore della sentenza.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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