Recensione Apple Studio Display, il compagno perfetto per il tuo Mac

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I monitor Apple hanno sempre fatto categoria a sé. Ricordo ancora quando giravo nei reparti di pre-stampa della mia tipografia di riferimento ammirando tutti quei magnifici Cinema Display 30″ con gli occhi a cuoricino. E ricordo benissimo il mio LED Cinema Display 27″ del 2008: sarebbe difficile non farlo dato che lo uso ancora oggi sul Mac Pro del 2013. Un monitor fatto bene può durare moltissimi anni, per questo ho sempre preferito acquistarli separati dal computer. Purtroppo, dopo l’uscita degli iMac 27″ 5K Apple non ha realizzato un monitor con lo stesso pannello ed ha anzi interrotto la vendita dell’ultimo modello QHD (il Thunderbolt Display) nel 2016. E siccome anche il Mac Pro del 2013 non ha subito aggiornamenti importanti dopo l’uscita, c’è stato un lunghissimo periodo in cui chi voleva un Mac recente e con buone prestazioni anche della scheda grafica, doveva obbligatoriamente comprare un all-in-one, ovvero iMac o iMac Pro.

Nel 2019 Apple ha riportato un monitor nella sua lineup, ma lo ha fatto con il Pro Display XDR ed il nuovo Mac Pro, prodotti posizionati in una fascia di prezzo molto più elevata e difficilmente raggiungibili sia dagli utenti consumer che da una buona parte di quelli professionali. Finalmente a marzo 2022 è arrivato quel monitor che Apple poteva fare già da 8 anni, ovvero lo Studio Display con schermo molto simile a quello dell’iMac 27″ 5K del 2014. Ed è arrivato insieme al Mac Studio, andando contestualmente a rimuovere dalla vendita gli iMac da 27″ Intel. Forse in futuro ci sarà un nuovo all-in-one con Apple Silicon più grande dell’attuale iMac 24″, per ora la proposta di Apple per gli utenti evoluti ed i professionisti sembra essere ritornata sulla più tradizionale formula del computer+monitor, cosa che personalmente apprezzo per la maggiore flessibilità.

Lo Studio Display ha un design perfettamente in linea con la produzione Apple: riprende le forme base dei precedenti e le svecchia con un piedistallo più lineare e le cornici sottili introdotte nel Pro Display XDR. Non troppo sottili (per fortuna), ma quel tanto che basta per renderlo ben più moderno del Thunderbolt Display. Un’altra cosa che non cambia è il suo essere tuttofare, includendo webcam, casse, microfono e un piccolo hub di 3 porte USB-C. In questo è anche più completo del Pro Display XDR che, essendo pensato per un pubblico professionale, presuppone che si utilizzino periferiche dedicate per audio/video di qualità superiore.

Studio Display (27″) e Pro Display XDR (32″)

Lo spessore c’è, come per altro in tutti i monitor Apple, ed è in gran parte dovuto al fatto che dentro ci sia un alimentatore e due ventole per tenere tutto al fresco. Non temete, però, non si sentono affatto. È davvero impressionante il livello di ingegnerizzazione interno, certamente insolito per un monitor. Si potrebbe facilmente scambiare per un all-in-one guardando le foto scattate da iFixit durante il classico teardown.

Interno dell’iMac… pardon, dello Studio Display fotografato (e smontato) da iFixit

Da dietro esce solo un cavo di alimentazione che si può rimuovere e sostituire in caso di rottura, ma solo facendo una gran forza (ed è rischioso) o con uno strumento dedicato (qui il modello 3D). Io ho molti vecchi monitor Apple e alcuni hanno il cavo di alimentazione rimovibile facilmente, ma almeno su Cinema Display, LED Cinema Display e Thunderbolt Display sono fissi i cavi di input video, input dati e anche MagSafe. Non so cosa sia peggio, ma devo dire che reggono benissimo la prova del tempo. Comunque è un cavo davvero difficile da rompere (soprattutto ora che è fatto anche meglio) e si può sostituire nel raro caso in cui succeda, è solo più difficile farlo.

Il tool di rimozione del cavo di alimentazione / fonte @StellaFudge

Il piedistallo standard ha una sola cerniera che consente l’inclinazione. Erano già così i precedenti monitor, ma qui interrompere la tradizione sarebbe stata cosa buona e giusta. È davvero strano che non capiscano quanto sia importante la regolazione in altezza per l’ergonomia, costringendoci a cercare soluzioni alternative per sollevare lo schermo. Si può risolvere con un supporto per monitor e persino con un libro (come ho mostrato nella recensione di iMac 24″), però è sempre un ripiego. C’è la possibilità di scegliere allo stesso prezzo la versione con attacco VESA, ma in questo caso l’utente dovrà poi acquistare una base o un supporto a cui collegarlo.

Una novità dello Studio Display è l’opzione in fase d’acquisto con il sostegno a inclinazione e altezza regolabili, che ricorda un po’ la soluzione già vista nel piedistallo del Pro Display XDR. È ben ingegnerizzato in termini di movimento e resistenza però costa 460€ in più, non permette la rotazione a 90° ed ha pure il difetto di avvicinare e allontanare lo schermo dagli occhi mentre si modifica l’altezza, cosa che può risultare piuttosto fastidiosa. Capisco l’eleganza del progetto e soprattutto i vantaggi derivanti da una struttura ben più robusta rispetto quella dei comuni monitor, ma la praticità di avere un piedistallo con tutte le regolazioni attaccato tramite VESA è infinitamente superiore, dato che puoi sempre toglierlo e usare altri supporti in caso di necessità.

Altezza dalla scrivania dello Studio Display con base standard

Altra opzione presente in fase d’ordine è quella del vetro nanotexture, che abbiamo già visto nel Pro Display XDR e nel precedente iMac 27″ Intel. Costa 250€ in più ed è estremamente utile per ridurre i riflessi. L’effetto generale è simile rispetto ai tradizionali monitor opachi, però mantiene meglio contrasto e brillantezza rispetto a quelli che usano la plastica. Ho usato la medesima finitura sull’iMac 2020 e mi è piaciuta molto: lo schermo risulta molto confortevole e si avvicina un po’ all’effetto della carta, cosa utile per chi stampa.

Personalmente lo consiglio per chi lo userà in ambienti non controllati, con sorgenti di luce potenzialmente fastidiose, e a chi si occupa di grafica, ma non è strettamente necessario se si posiziona bene lo schermo e soprattutto l’effetto può non piacere a tutti. Inoltre riduce leggerissimamente la nitidezza, anche se molto molto meno dei tradizionali monitor che hanno film di plastica e non il rivestimento di vetro.

Il fantasma di un A13

Nello Studio Display c’è un SoC A13 completo. Lo stesso chip che muove gli iPhone 11, compresi i 4GB di RAM e 64GB di storage. Apple dice che ha il suo peso nel gestire il comparto multimediale, in particolare la webcam con Center Stage, ma appare certamente sprecato visto che non aggiunge nessuna funzionalità extra. La Apple TV 4K di ultima generazione è mossa dal precedente A12, con meno RAM, meno memoria e prestazioni inferiori, quindi qui era sicuramente possibile avere almeno le stesse cose. E invece non ce n’è nessuna, neanche il banalissimo supporto per AirPlay. Non si può non rimanere delusi da questo punto di vista. Ho ancora una piccolissima speranza che qualcosa possa arrivare con un aggiornamento firmware futuro, però cerco di mantenere basse le aspettative.

Multimedialità ok

Devo purtroppo concordare con chi ha detto prima di me che la webcam non è eccezionale, tuttavia mi sembra che si sia perso qualche importante dettaglio per strada. Se si guarda la resa del sensore da 12MP con l’intero obiettivo ultra grandangolare non è poi così male. Sicuramente migliorabile, dato che Apple stessa ha confermato prestazioni inattese e un aggiornamento firmware in arrivo. Si deve tuttavia porre l’accento sul fatto che nell’uso tipico in videochiamata con le app compatibili, tra cui ovviamente FaceTime, la funzionalità Center Stage qui introdotta esegue un crop vistoso per tenere centrato il volto di chi è seduto davanti allo schermo.

L’uso di una porzione del fotogramma ne riduce naturalmente la qualità, anche solo per i limiti dell’ottica prima ancora che del sensore. Si sarebbe potuto risolvere con un obiettivo meno grandangolare, come sui MacBook Pro 14/16, ma grazie a Center Stage è la prima volta che riesco a fare delle videochiamate alla scrivania con la webcam in alto e la mia faccia al centro senza dover fare il contorsionista e inclinare in modo strano lo schermo. Aspetto con interesse il miglioramento firmware di cui si è parlato, ma già così Apple mi ha risolto un problema. Tanto se devo fare dei video professionali non uso la webcam e credo che nessuno lo faccia, per cui apprezzo di più il fatto di avere un’inquadratura giusta senza alcuno sforzo. Speriamo che la compatibilità con questa funzione arrivi presto su tutti i servizi di terze parti.

Il sistema di speaker è molto buono, davvero tanto per essere integrato. Finché lo si considera per quel che è, penso di poter dire che ecceda le aspettative per qualità e piacevolezza d’ascolto. Negli ultimi anni Apple ha curato sempre meglio questa parte nei suoi computer e con lo Studio Display va ancora meglio. Deve solo essere chiaro che non sostituisce in alcun modo i sistemi dedicati o le casse monitor, mentre regge tranquillamente il confronto con gli speaker smart di buon livello che popolano le nostre case. Escludendo gli appassionati di audio e tutti noi che produciamo contenuti multimediali, per la maggioranza degli acquirenti andrà benissimo così, senza aggiungere periferiche esterne.

L’array di tre microfoni ha una resa simile a quella degli ultimi MacBook Pro, anche se qui mi è parso un po’ meno focalizzato sulla voce. È probabile che il formato ad L dei portatili aiuti in questo senso. Come per le casse, anche in questo caso non si sostituisce l’uso di strumenti professionali dedicati, ma puoi fare video conferenza in modo piuttosto valido anche perché elimina in automatico il ritorno delle casse. Sono quei dettagli che fanno la differenza.

Hub e connessione

Il segnale video arriva allo Studio Display tramite una porta col fulmine, che significa ovviamente Thunderbolt 3. Questa fornisce alimentazione fino a 96W al dispositivo connesso tramite Power Delivery. E poi c’è un hub di 3 porte USB-C a 10Gbps che supportano dati e varie periferiche, ma non un ulteriore schermo in cascata. Questo perché lo stream DisplayPort viene assorbito interamente dallo schermo 5K.

Cosa interessante è che pur essendo l’input Thunderbolt 3, il Display Studio funziona anche con una normale USB-C. L’ho infatti collegato all’iPad Air e riconosce tranquillamente sia lo schermo che l’hub posteriore. L’ho anche connesso al mio portatile Asus G14 (Ryzen 7 4800HS e RTX 2060) sempre tramite USB-C e su Windows si sfrutta l’intera risoluzione 5K, funziona l’hub posteriore e anche casse, microfono e webcam (senza Center Stage). Considerando che il nuovo design non prevede il logo Apple frontalmente, è un monitor che può stare benissimo anche in una postazione Windows, volendo.

Su Windows funziona praticamente tutto, tranne Center Stage

Diagonale e risoluzione

Personalmente speravo in un aumento di diagonale, ma Apple è piuttosto quadrata nelle scelte e difficilmente scombina la sua lineup. Un punto fermo per loro è che la risoluzione dei monitor da scrivania deve corrispondere a circa 218 dpi per poterli definire Retina, quindi un 32″ 4K era completamente da escludere. Con una diagonale di 32″ servono 6K per mantenere quella densità di pixel, difatti sono proprio queste le specifiche del Pro Display XDR. Una possibilità per realizzare un modello più economico sarebbe stata quella di posizionarsi nel mezzo, ad esempio con un 30″. In questo caso si sarebbe potuto optare per 5,5K: risoluzione insolita, ma non più di quella 4,5K degli iMac 24″.

Monitor iMac 24″ Studio Display Ipotetico 30″ Pro Display XDR
Diagonale 23,5″ (59,69 cm) 27″ (68,58 cm) 30″ (76,20 cm) 32″ (83,82 cm)
Risoluzione 4,5K 5K 5,5K 6K
Pixel 4480 × 2520 5120 x 2880 5760 x 3240 6016 x 3384
Densità (ppi) 218 218 220 218

Per ragioni interne che non possiamo conoscere, ma che immagino legate alla “convenienza”, non si è ricercata questa strada e si è preferito mantenere l’ormai classico rapporto 27″ 5K. Secondo iFixit il pannello è esattamente lo stesso degli iMac e quindi Apple ha potuto mantenere in piedi la precedente commessa al produttore. Tutto questo si traduce in una maggiore semplicità produttiva, ovvero un vantaggio economico per l’azienda, e mi fa anche riflettere sulla vera ragione per cui l’iMac 27″ sia stato ritirato dalla vendita. Molti hanno concluso che sia semplicemente stato sostituito dal Mac Studio, ma a me sorge il dubbio che Apple possa aver avuto bisogno di destinare tutti i pannelli 27″ 5K al nuovo monitor. D’altronde il Mac mini Intel è ancora in vendita, quindi non ha senso pensare che l’iMac 27″ sia stato ritirato solo perché usava i chip Intel.

5K: un’arma a doppio taglio

In passato ho usato con grande soddisfazione monitor 32″ 4K, un formato che mi piace moltissimo e che trovo davvero produttivo. Negli ultimi anni, però, avere dei Mac aggiornati e piuttosto performanti mi ha condotto sulla via degli all-in-one, con iMac Pro prima (recensione) e iMac 2020 poi (recensione). Sono dunque ritornato sui 27″ del LED Cinema Display QHD, ma con i 5K è raddoppiata la risoluzione. macOS utilizza la modalità HiDPI per renderizzare il contenuto dello schermo, che in sostanza moltiplica tutto x2 e successivamente lo adatta alla griglia di pixel del pannello. Analizziamo meglio questo aspetto.

Preferenze Schermo su Studio Display 5K per scrivania 2560 x 1440

La risoluzione standard dei 27″ Retina (come lo Studio Display) riporta la dicitura “appare come 2560 x 1440” nelle Preferenze Schermo, che si traduce nella produzione di una scrivania virtuale doppia di 5120 x  2880 successivamente scalata per adattarsi alla risoluzione reale dello schermo. Se questa è di 5K allora ci sarà una corrispondenza perfetta, quindi un rapporto 2:1 che ci darà uno spazio di lavoro coerente con quello QHD (2560 x 1440), solo molto più dettagliato dato che per ogni pixel se ne useranno in realtà 4 (2×2).

Preferenze Schermo su BenQ PD2720U UHD per scrivania 2560 x 1440

Con i monitor 4K UHD (3840 x 2160) la risoluzione da scegliere per avere il medesimo rapporto 2:1 sarebbe quella che “appare come 1920 x 1080″, ovvero FullHD. In questo modo si mantiene la stessa qualità teorica, ma sui 27” diventa tutto troppo grande. Per fortuna dalle Preferenze Schermo si possono scegliere altre modalità Ridimensionate, compresa la stessa “appare come 2560 x 1440″ che si usa nativamente sui 5K e che risulta ideale sui 27”. La differenza è che su uno schermo 4K UHD non si avrà un rapporto 2:1, perché per ottenere uno spazio di lavoro QHD (2560 x 1440) il Mac parte sempre da una scrivania virtuale doppia (quindi 5K), ma quando la deve stampare a schermo si troverà con meno pixel e dovrà effettuare un ridimensionato, con un rapporto che sarà di 1,5:1.

Sulla carta non c’è dubbio che 5K sia meglio di 4K, così come non c’è dubbio che un ridimensionamento con rapporto intero in modalità Retina porti a risultati tecnicamente migliori. Se si guarda lo schermo molto da vicino sui testi con forte contrasto (bianco su nero o viceversa) questa cosa si vede. Il punto è: quante volte guardate lo schermo 27″ da 10 cm di distanza? Io mai, anche quando sto vicino sono a 60 cm. Sicuramente non sono Occhio di Falco, quindi parlo per me, ma nelle normali condizioni d’uso non noto alcuna differenza tra i due. Poi ovvio che se prendo la Sony A1 (50MP) con obiettivo 90mm macro e scatto da 40m facendo un crop ravvicinato sul testo, il vantaggio ritorna visibile.

Sopra BenQ PD2720U UHD, sotto Studio Display 5K (entrambi in modalità 2560×1440)

Mi sono perso in questo lungo approfondimento soltanto per far capire meglio la mia personale conclusione: i 5K sono tecnicamente superiori agli UHD, ma da anni li uso entrambi (sia affiancandoli che alternandoli) e non sembrano poi così diversi nell’uso quotidiano; solo che un 5K impone diversi limiti nella gestione degli input video (la classica HDMI 1.4 non basta) e porta ad un notevole incremento di spesa. Si tratta sicuramente di una caratteristica di prestigio per Apple, ma è anche un’arma a doppio taglio di cui a volte vorrei si potesse fare a meno. Se non ci fosse questo vincolo si potrebbe ad esempio proporre un 32″ 5K, che avrebbe più o meno la resa dei 27″ UHD, e potremmo avere dei monitor Apple grandi e comunque di ottima qualità con prezzi decisamente inferiori.

Luminanza e luminosità

Un osservatore attento potrebbe domandarsi come fa lo Studio Display ad avere una luminanza di 600 nit quando il pannello degli iMac 27″ (e dell’LG UltraFine 5K) ne ha solo 500. In realtà questo non significa che siano schermi diversi, infatti è possibile che per il minor calore da dissipare rispetto all’iMac si sia potuta spingere un po’ più alto la retro illuminazione senza rischi. Bisogna infatti ricordare che questo dato è direttamente correlato alle capacità hardware, ma viene sempre gestito dal firmware. Tanto per farvi un esempio: ad aprile del 2019 i MacBook Air Intel hanno ricevuto un aggiornamento che ha portato lo schermo a 400 nit, mentre di fabbrica arrivava a 300.

600 nit sono “abbastanza”. Certamente più della maggior parte dei monitor in circolazione, eppure non sono molti di più di 500. E non mi riferisco al fatto che siano numericamente “solo” il 20% in più, è proprio nella luminosità che c’è poca differenza. Vi mostro un grafico che ho trovato su una interessante ricerca in cui si spiega che il rapporto tra la luminanza oggettiva del pannello e luminosità percepita non è costante. In particolare: dopo una certa soglia l’incremento è molto meno evidente.

Per questo motivo ad un raddoppio di luminanza non corrisponde un effettivo raddoppio di luminosità. Badate bene che non sono sinonimi, anche se la maggior parte di noi tende a considerarli tali perché il mercato ci ha spinto in questa direzione. È lo stesso motivo per cui quasi tutti dicono 4K (4096 x 2160), ma in realtà intendono UHD (3840 x 2160). Comunque, non è solo l’occhio umano ad avere questa “sensazione”. Ho ripreso con la Sony A7S III ed ampia gamma dinamica (HLG/BT.2020) lo schermo dello Studio Display e del MacBook Pro 14″ con lo stesso video HDR in esecuzione.

MacBook Pro 14″ vs Studio Display 27″ (nel video si vede meglio)

Dal vivo, come nella registrazione, la differenza che si nota di più è sul nero. Lo schermo del MacBook Pro 14″ è un mini-LED, con capacità di spegnere la retroilluminazione per aree piuttosto piccole. Non è esattamente come un OLED, ma ci va piuttosto vicino. Potete notare che non c’è uno stacco tra il nero assoluto di sfondo e lo schermo del MacBook Pro 14″ (a sinistra), mentre è chiaramente percettibile nello Studio Display (a destra), dove in un ambiente buio il nero rimane un po’ illuminato e quindi appare simile al grigio scuro.

Il grafico di seguito (Parade) mostra i valori RGB dei due schermi catturati dal sensore digitale, dove a 0 corrisponde il nero assoluto e a 1023 il bianco assoluto. Noterete che nello Studio Display c’è uno stacco netto tra le righe bianche più evidenti in basso (il buio della stanza in cui ho ripreso) e le prime parti colorate del monitor. Nel MacBook Pro, al contrario, l’immagine parte del nero e sale progressivamente senza stacchi netti.

Nella parte alta dello stesso grafico si notano i picchi di colore in questo fotogramma. Sono molto più leggeri data la predominanza di nero, ma dovreste intravederli. Così come si vedono sullo schermo, dato che la parte più luminosa di verde sul MacBook Pro appare più vivida che sullo Studio Display. È un miglioramento percepibile, ma sicuramente in misura minore di quanto i valori oggettivi di luminanza potrebbero suggerire, dato che il MacBook Pro 14″ arriva a 1600 nit in HDR e lo Studio Display solo a 600. Voi direste che lo schermo a sinistra è 2,6 volte più luminoso? Immagino di no, perché di fatto non lo è.

Niente mini-LED

Ora che ci siamo abituati a sentir parlare di mini-LED e qualcuno anche ad usarli con il Pro Display XDR e i nuovi MacBook Pro 14/16, dispiace che lo Studio Display non lo sia. Anche perché il prezzo non è di un normale IPS, si potrebbe aggiungere. È facilissimo concordare con tale affermazione, molto più difficile è corroborarla da fatti. Uno dei pochissimi monitor mini-LED che si trovano nei mercati occidentali ad oggi è il Lenovo Creator Extreme, un 27″ 4K tutto di plastica, con copertura opaca di plastica, casse integrate miserrime e niente webcam. Uno dei prezzi più bassi oggi lo propone la stessa Lenovo sul suo sito, con 2117€ grazie ad uno sconto del 10%.

Uno dei pochissimi schermi mini-LED 27″ in commercio in Europa

Partiamo da questa cifra e aggiungiamo “qualcosa” perché Apple lo dovrebbe necessariamente fare 5K per essere Retina. Consideriamo anche il costo dei materiali migliori, poi la webcam, un sistema di casse di buon livello e un array di microfoni ben progettato. Facciamo pure finta che non ci sia dentro il chip A13, perché all’utente non arrivano vantaggi da questa scelta e quindi non ha motivo di volerlo pagare. È sicuramente difficile quantificare i costi vivi da aggiungere, ma di certo ci sarebbe anche quello di un buon design, e il tutto in mano ad Apple porterebbe facilmente il listino a 3000€. È una mia stima, siete liberissimi di spostare l’asticella più giù o più su, ma in tutti i casi la risposta rimane: no, non poteva essere mini-LED. A meno di non costare quasi il doppio del prezzo attuale oppure togliere alcune caratteristiche che però poi non l’avrebbero reso un monitor Apple. Dopotutto c’è il Lenovo se vi interessa un buon mini-LED 27″ 4K a circa 2100€.

Una cosa che posso dire è che per essere un IPS ha un’uniformità di illuminazione eccellente. In questi schermi è facile incorrere in alcuni difetti come il glow e il backlight bleeding, che risultano particolarmente evidenti quando la luminosità è al massimo in una stanza buia e si visualizza una immagine nera. Si tratta di un difetto dal punto di vista visivo, ma nei monitor di fascia medio-bassa è più che altro una costante e solitamente peggiora con l’aumento di diagonale.

Immagine tratta da Game Arsenal

Lo Studio Display, al contrario, non presenta questi difetti. Raramente mi è capitato di vedere uno schermo IPS superare il test al buio altrettanto bene. Certo, il nero è un po’ grigio non essendo OLED o mini-LED, ma è molto omogeneo. Dal vivo appare persino meglio che in foto, comunque supera nella resa anche il mio BenQ PD2720U per grafici, che costa 1000€ pur essendo un 27″ 4K.

La retroilluminazione dello Studio Display a massimo livello in stanza buia

ProMotion vs 60Hz

Una tecnologia che nello Studio Display manca e che invece aveva ragione di essere inserita è ProMotion. Il mini-LED a queste cifre e con tutto il resto delle caratteristiche in gioco non era possibile, ma una migliore frequenza di refresh sì. Se hanno optato per i soliti 60Hz invece che 120Hz credo sia dovuto principalmente all’uso del vecchio pannello. Non sono così tecnico da potervi dire con certezza assoluta se si poteva o no aumentarla solo tramite l’elettronica, ma sono propenso a pensare di no dato che di norma serve una predisposizione del pannello anche solo per il suo tempo di risposta. In tutti casi è una tecnologia che mi sarei aspettato di vedere da Apple in questo momento storico e per la fascia di prezzo dello Studio Display. Nell’uso non noto alcun problema perché sono abituato a lavorare su monitor 60Hz, dato che quelli per la fotografia e il video raramente salgono oltre come invece avviene con quelli da gaming, però è chiaro che rispetto allo schermo dei MacBook Pro la differenza c’è.

È un monitor HDR, ma non è HDR…

Altro aspetto interessante è che Apple non parla mai di HDR nelle specifiche tecniche dello Studio Display, mentre molti monitor che a stento toccano i 400 nit lo fanno. Ebbene, questa è solo una piccola parte della verità che è ben più complessa ed ha a che fare con i molteplici standard esistenti. Ad esempio, il classico HDR 400 di cui molti monitor si fregiano, significa semplicemente che hanno ricevuto la certificazione VESA DisplayHDR base, la quale richiede queste specifiche migliorative rispetto ad un normale monitor SDR:

  • Pannello 8-bit
  • Global dimming
  • Luminanza di picco di 400 nit
  • Maggiore gamut e contrasto rispetto SDR

A qualcuno non diranno molto, ma chi ne capisce un minimo noterà che è ben poco da richiedere: si tratta di specifiche che vengono ampiamente rispettate da quasi tutti i monitor di fascia medio-bassa, figurarsi dallo Studio Display. Se Apple avesse richiesto la certificazione a VESA, avrebbe tranquillamente ottenuto quella due step sopra, ovvero la HDR 600.

Se Apple avesse richiesto la certificazione DisplayHDR a VESA…

Hanno semplicemente deciso di non farlo, così come non è stato fatto per il Pro Display XDR (notate che non si chiama HDR, ma XDR) dove tra l’altro la luminosità di picco di 1600 nit eccede il più elevato scalino della certificazione DisplayHDR di VESA, ovvero il 1400. In poche parole: lo Studio Display supporta HDR molto meglio della maggior parte dei monitor in circolazione, perché sono pochi ad avere una luminanza di 600 nit. Infatti, se provate a riprodurre contenuti HDR da YouTube viene nativamente riconosciuto come uno schermo HDR.

Anche YouTube lo riconosce come monitor HDR

Aggiungo che, a mio parere, il non aver posto enfasi su questo aspetto del monitor sia correlato al fatto che il primo traguardo di luminanza utile a riprodurre e realizzare contenuti in HDR10 “vero” è di 1000 nit. Per cui mi sembra che siano più gli monitor a cercare di apparire migliori di quanto non siano sfruttando l’errata percezione derivante da queste certificazioni di bassa qualità. Apple ha portato a casa dei risultati nettamente migliori alla maggior parte della concorrenza, ma non lo ha sbandierato perché con 600 nit ancora non c’è una perfetta corrispondenza con le specifiche minime dei media in HDR standard. Quindi, è giusto così.

Resa cromatica

Abbiamo già visto una retro illuminazione molto curata, ma come se la cava con i colori? Beh, è addirittura meglio. Purtroppo gli manca un menu dettagliato in cui poter gestire colori e opzioni avanzate, ma dispone di una serie di calibrazioni di fabbrica che risultano piuttosto efficaci: ho fatto una misurazione della resa con il profilo standard ed ho ottenuto il punteggio più alto registrato finora. Non c’è dubbio che la stragrande maggioranza degli utenti avrà già la pappa pronta ed anche piuttosto buona, ma con una sonda si ha la possibilità di migliorare l’unico valore poco sotto il buono, ovvero la precisione del punto di bianco.

Quando lavoravo principalmente contenuti per la stampa preferivo altri tipi di monitor, ma in un mondo in cui la maggior parte delle produzioni si vedono ormai a schermo, averne uno con queste qualità e una copertura completa dello spazio sRGB (100%) e pressoché completa anche del più esteso DCI P3 (98%) è ciò di cui la maggior parte le persone hanno davvero bisogno.

Si può anche avere di meglio, ma non in questa fascia di prezzo e non con tutto ciò che ha a corredo lo Studio Display. Si può legittimamente giudicare inutile questa qualità per il proprio uso, ma ciò non significa che non abbia un valore. Di certo il controllo qualità imposto da Apple sui pannelli è tanto elevato, anche se non credo siano poi calibrati singolarmente, ecco perché il punto di bianco potrebbe richiedere una piccola correzione con un calibratore in alcuni esemplari (ma attenzione a non avere attivato True Tone prima di fare un reso, perché variazioni eccessive del grigio neutro dipenderanno sicuramente da quello).

Conclusione

Voto 4/5Spero di non aver dimenticato nulla di importante sullo Studio Display. Ah sì, supporta True Tone che è bellissimo per non affaticare la vista, finché non te lo dimentichi attivo mentre sistemi delle foto o un video e lo scopri perché hai cannato completamente i colori. Mi è successo una volta in passato e da quel momento lo disattivo sempre. Riducendo tutto all’osso, ci sono delle cose di questo monitor che mi deludono, in particolare il fatto che la base standard non si regoli in altezza e che ci sia dentro un A13 sostanzialmente inutilizzato. Ce ne sono altre migliorabili, tra cui l’assenza di ProMotion e la webcam, che però pare possa effettivamente guadagnare qualcosa via firmware – un aggiornamento già c’è stato, ma non ho visto cambiamenti importanti. Poi sicuramente ci sarà a chi non piace questo o quell’altro, ma la verità è che lo Studio Display non ha competitor diretti nel suo insieme. C’è ovviamente il vecchio LG UltraFine 5K che oggi costa anche meno, ma rientra nella categoria monitor brutti di plastica che ondeggiano sulla scrivania.

D’altro canto lo Studio Display non è neanche uno di quei prodotti che si possono consigliare a cuor leggero. La bontà della struttura, la cura nel design, l’ingegnerizzazione interna, la presenza di un buon comparto multimediale e un pannello con qualità ampiamente sopra la media, lo hanno portato a costare molto più di quanto la maggior parte degli utenti vogliono e possono spendere per un monitor. Con i suoi 1799€ di listino è quasi 4 volte più costoso di un tradizionale 27″ 4K più che decente. E tra l’altro c’è chi, come me, non ama i 27″ e non sente tutto questo bisogno di quel K in più nella risoluzione. Avesse avuto mini-LED e ProMotion sarebbe stato un immediato best-buy, ma vi ho dimostrato che almeno per il primo si sarebbe arrivati in una categoria di prezzo completamente diversa. Presumibilmente prossimi a 3000€ con l’attuale mercato. Per questo già al momento della presentazione ho supposto che ci sarebbe lo spazio per creare un terzo modello a metà tra lo Studio Display e il Pro Display XDR (che, ricordo, costa 5599€ senza piedistallo).

Questo essere più costoso della media, ma senza arrivare nel reame degli schermi più all’avanguardia, è ciò che lo rende difficile da inquadrare. A suo favore posso dire moltissime cose, e l’ho già fatto in questa recensione, ma quelle che più di tutti mi inducono a guardarlo con interesse sono due:

  1. nessuno come lui ti dà la comodità d’uso di attaccare un cavo e creare una postazione fissa così completa e anche appagante in termini di qualità
  2. da possessore di tutti i precedenti monitor Apple LCD dal 1999, so che hanno una longevità tale ed un mantenimento del valore dell’usato per cui si ripagano nel lungo periodo

PRO
PRO Design molto curato
PRO Ottimi materiali e qualità costruttiva
PRO Risoluzione elevata
PRO Pannello di ottima qualità
PRO Diversi profili pre-calibrati
PRO Buona luminosità per un IPS standard da 27″
PRO Ricarica il computer fino a 96W
PRO Il vetro dona eccellente profondità e i brillantezza
PRO Casse integrati di buon livello
PRO Buona resa dei 3 microfoni
PRO Webcam integrata (vedi considerazioni sotto)
PRO Alimentatore integrato
PRO Supporta True Tone
PRO Hub versatile con 3 porte USB-C
PRO Funziona anche su Windows (e non ha il logo Apple davanti)
PRO Funziona anche via USB-C, non richiede necessariamente Thunderbolt 3

CONTRO
CONTRO La base regolabile in altezza è opzionale
CONTRO Il chip A13 è sostanzialmente sprecato
CONTRO Frequenza di refresh fissa a 60Hz

DA CONSIDERARE
DA CONSIDERARE La webcam non è eccellente, ma fa un ottimo lavoro per il posizionamento
DA CONSIDERARE Non è mini-LED, ma non sarebbe potuto esserlo a questo prezzo

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.