Recensione Sony LinkBuds: auricolari true wireless con l’anello della trasparenza

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Negli anni ’80 era piuttosto frequente ascoltare musica con i Sony Walkman, indossando le cuffiette on-ear con cuscinetti arancioni che hanno segnato un’epoca. Le stesse che i più giovani avranno visto usare da Starlord ne “I Guardiani della Galassia”. Oggi tra i prodotti più usati ci sono gli auricolari true wireless, che vediamo usare praticamente a chiunque intorno a noi. Secondo una proiezione realizzata da Sony per il 2022, questo enorme mercato crescerà ancora del 14%, con il 75% degli acquisti indirizzato al segmento di prezzo superiore a 100€. A guardare le classifiche su Amazon può non sembrare così, ma anche chi inizia con un modello super economico, più avanti, ne sceglie uno migliore.

Comodità è la parola d’ordine e gli auricolari true wireless la risposta. Li indossiamo senza fastidio, si notano poco e sono sempre pronti a riprodurre ciò che preferiamo: video, musica, podcast; o semplicemente a rispondere ad una telefonata. Una funzione che sta ottenendo sempre più popolarità è quella della riduzione del rumore digitale (ANC), utile per chi voglia isolarsi per ascoltare più chiaramente in ambienti rumorosi. che siano i mezzi pubblici, un bar, l’ufficio. L’abbiamo già vista conquistare quasi tutto il mercato high-end delle cuffie e da qualche anno si trova anche negli auricolari.

La proposta di Sony fascia alta si chiama WF-1000X M4, con degli auricolari in-ear che usano l’ANC sia per isolamento che in modalità trasparenza, dando la possibilità di sopprimere o ascoltare l’ambiente esterno. Li ho già recensiti qualche tempo fa, ma è interessante notare che l’azienda ha da poco realizzato un prodotto innovativo con una diversa concezione, ovvero pensato per rimanere sempre in contatto con l’esterno anche mentre si ascolta la musica, così da poter indossare gli auricolari in ogni circostanza. E questa volta hanno anche un bel nome facile da ricordare: Sony LinkBuds. Proprio oggi si aggiungono alla famiglia anche i nuovi LinkBuds S, che ho da poco in prova, quindi più avanti vi proporrò una corposa comparativa dei tre, mentre in queste settimane ho potuto approfondire la conoscenza e l’uso dei LinkBuds, e di questi vi parlerò in questa recensione.

La confezione in materiale ecosostenibile e riciclato contiene gli auricolari, inseriti nel loro case. Questo si apre a conchiglia, con un meccanismo di sblocco affidato ad un piccolo pulsante frontale che richiede una pressione con la punta del dito.

La parte superiore ha un fine corsa che consente di mantenere il case aperto a 90° e alla chiusura si deve fare un minimo di forza per avvertire lo scatto di blocco. Il sistema funziona bene, solo il tasto frontale è un po’ scomodo.

Interessante dettaglio è che anche gli auricolari sono bloccati nel case, nel senso che capovolgendolo da aperto questi non cadono. E quando li riponiamo avvertiamo subito il magnete che li allinea allo scompartimento e poi si deve fare una piccola pressione per assicurarli. Il tutto mi sembra studiato in modo intelligente per l’uso in ambiente urbano, soprattutto per evitare di perderli accidentalmente.

Sul retro si trova il pulsante per avviare il pairing e la porta di alimentazione USB-C. In dotazione c’è un piccolo cavo USB-C/USB-A e una serie di gommini di diverse dimensioni, da XS a XL, con gli M già montati.

La cosa che bisogna subito capire è che questi non sono i classici elementi finali che vanno dentro le orecchie, in quanto i LinkBuds non sono auricolari in-ear. Il design ad anello è concepito per poggiarsi semplicemente nella conca, al di fuori del condotto uditivo, così che il foro centrale lasci passare l’ambiente esterno. La capsula posteriore sta al di sopra e i gommini si attaccano a questa, allo scopo di trovare un appiglio stabile nella fossa dell’antelice.

Nel mio caso la misura giusta per non sentire gli auricolari ed avere una buona stabilità è stata la L, ognuno potrà trovare quella adatta alle sue necessità con una rapida prova. Da notare che su ogni gommino c’è un piccolo taglio che si allinea ad una sporgenza della stessa dimensione intorno alla capsula dell’auricolare: un metodo semplice ed efficace per evitare che un orientamento errato.

Il collegamento allo smartphone avviene tramite Bluetooth 5.2 e si attiva manualmente su iOS, mentre per Android è supportato il Fast Pair e su Windows Swift Pair, che fanno aprire un popup per una connessione più rapida.

Per il controllo completo si deve scaricare l’app Sony Headphones. Qui troviamo varie funzionalità come quella che consente di personalizzare i controlli. Gli auricolari non sono sensibili al tocco, ma all’urto. Per questo motivo il singolo tap non è contemplato, in quanto sarebbe troppo facile da attivare per errore. Per ogni auricolare possiamo scegliere l’area d’azione, ad esempio:

  • controllo volume: doppio tocco alza, triplo tocco abbassa
  • controllo playback: doppio toppo play/pausa, triplo tocco brano successivo
  • seleziona canzone: doppio toppo brano successivo, triplo tocco brano precedente
  • assistente vocale: doppio tocco attiva assistente, triplo tocco annulla richiesta

Oltre a questi è sempre possibile scegliere nessun comando e poi ce ne sono di aggiuntivi se si abbinano gli auricolari al nostro account Alexa o direttamente a Spotify. Ovviamente con 4 comandi in totale qualcosa rimane sempre fuori, ma diciamo che le cose principali si riesco ad avere. Personalmente avrei preferito delle opzioni più granulari, potendo definire liberamente cosa fare per doppio e triplo tocco, in modo da poter decidere magari di non avere l’avanzamento di traccia e mettere al suo posto l’assistente vocale.

Una curiosità è la funzione tocco area estesa, che amplifica la sensibilità alle vibrazioni al punto da poter attivare i tocchi anche picchiettando sull’area della guancia. La ritengo più una curiosità che altro perché non è molto precisa e mi è capitato che partisse anche mentre masticavo.

I LinkBuds supportano il play/pausa automatico quando si rimuovono, sono certificati IPX4 per resistere al sudore ed hanno una autonomia di circa 5h, mentre la custodia offre una singola ricarica completa aggiuntiva.

Per quanto riguarda i codec, su questo prodotto Sony ha scelto di non inserire LDAC (aptX lo ha già dismesso da un paio d’anni). Quindi, sia che si colleghino ai dispositivi Apple o a quelli basati su Android, il massimo bitrate supportato sarà quello di 256 Kbps del codec AAC. Decisione insolita, ma non illogica. Pensate che già serve una sorgente adatta ed un orecchio allenato per distinguere tra AAC e LDAC in ottime condizioni, con cuffie o auricolari in-ear “sigillanti”, immaginate quale minimo apporto avrebbe avuto con il design aperto dei LinkBuds. Anzi, forse il fatto di non avere inserito codifiche particolarmente elevate è utile a far capire quanto vedremo ora parlando di qualità audio ai possibili interessati.

Indossare i Sony LinkBuds è un’esperienza piuttosto diversa sia rispetto agli earbuds che in-ear. Trovata la giusta dimensione dei gommini è facile dimenticarsi di averli addosso, perché pesano pochissimo ma rimangono stabili in posizione, il tutto senza tappare le orecchie. In questo periodo li ho spesso indossati in casa anche per provarli, ma il loro impiego ideale è all’esterno. Li metti ed esci, rimanendo sempre in contatto con l’ambiente su cui puoi semplicemente aggiungere un nuovo livello: la musica. E non necessariamente anche quella, ad esempio mi è piaciuto molto sentire i podcast in questa modalità, perché ti arriva una voce extra che non copre nulla di ciò che ti sta intorno. È una bella esperienza, devo ammetterlo, perché difficilmente stanca. L’unico appunto è sulla dimensione dell’anello, perché se si hanno particolarmente piccole può risultare un po’ pressante alla lunga.

Se parliamo di qualità audio, però, è meglio non aspettarsi miracoli. È fisicamente impossibile con questa struttura aspettarsi una grande precisione in riproduzione e anche la pressione sonora è ovviamente limitata dall’apertura dell’anello. Il risultato è un suono sottile e leggermente medioso, con carenza di basse. Con l’equalizzazione qualcosa si può fare, magari agendo su clear bass che io tengo a 7/10, ma il punto è un altro. I LinkBuds si pongono come una netta alternativa rispetto agli auricolari da puro ascolto e mirano invece ad offrire una esperienza comoda e del tutto trasparente, senza l’ausilio dell’elettronica.

Voto 4/5È chiaro che la qualità dei WF-1000X M4 è superiore in tutto, anche solo per il volume, ma su l’ergonomia è questione di gusti e comunque costano molto di più. E se devo uscire di casa e voglio sentire qualcosa mentre passeggio o mi sposto per lavoro, l’esperienza dei LinkBuds è semplicemente più pratica. Io trovo il volume ideale intorno al 50%, perché oltre salgono per lo più solo le alte per farle venir fuori nel rumore della città. La cosa bella è che usate così coprono comunque molti rumori della città o dell’ufficio, ma se qualcuno ti parla già da 1,5 m senti abbastanza bene quel che dice.

Sarà interessante adesso provare per bene i LinkBuds S, perché costano solo 20€ di più dei LinkBuds e proveranno ad essere il punto d’incontro tra i LinkBuds e WF-1000X M4. Che poi, a questo punto, proporrei a Sony di abbandonare queste brutte sigle ed utilizzare LinkBuds Pro per i futuri WF-1000X M5.

PRO
PRO Leggeri e comodi
PRO Case compatto e comodo in tasca
PRO Non isolano dall’ambiente (in questo caso un pro)
PRO Custodia e auricolari con blocco anticaduta
PRO Certificazione IPX4
PRO Sistemi di abbinamento smart per Android/Windows
PRO Controlli originali

CONTRO
CONTRO La qualità audio non è la priorità
CONTRO Il Bluetooth non è multipoint

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.