Recensione: iMac Pro, la workstation con l’abito da sera

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È mia abitudine iniziare le recensioni importanti con una lunga retrospettiva, nel tentativo di collocare i prodotti in un contesto storico il più ricco e chiaro possibile. Con l’iMac Pro mi è sembrato un esercizio difficile, non fosse altro perché è il primo del suo genere. Volendo proprio trovare un precedente spirituale potrei pensare al Power Mac G4 Cube, ma con le dovute differenze. Anche in quel caso, infatti, Apple tentò di realizzare un computer a metà tra l’all-in-one consumer (iMac) e la più tradizionale torre desktop (Power Mac), ma il form factor finale è risultato più simile a quest’ultimo. Ecco perché considero il Mac Pro del 2013 il vero erede del Cube, computer con cui ha condiviso una spiccata singolarità di design e qualche problema di dissipazione (minore nel Mac Pro a cilindro ma comunque presente). Ad ogni modo non è certo semplice portare hardware di classe workstation in un formato compatto, ma il punto è: siamo sicuri che sia una buona idea?

Una workstation in un profilo così snello? Solo Apple poteva pensarci e riuscirci

I tentativi visti finora non mi pare abbiano portato a buoni risultati e i motivi sono evidenti. Una workstation è tale non soltanto per la CPU o la RAM installata ma per tutta una serie di soluzioni tecnologiche che incidono sulla longevità dei componenti e l’espandibilità. Di recente ho ripreso il mio vecchio Mac Pro 2008 per il progetto SaggiaStoria e l’ho potuto aggiornare con una CPU più potente, mettendo una scheda PCI per un SSD SATA3, una per le porte USB 3 (che mancavano), 32GB di RAM ECC e una GPU NVIDIA GTX 980 con firmware EFI adattato per i Mac.

Giusto per sorridere: dopo il cubo e il cilindro, cosa arriverà?

Anche se si è trattato di un esperimento, queste modifiche mi hanno consentito di ottenere un signor computer, ancora attuale e capace di macinare ore di lavoro senza battere ciglio. Quindi chi lo ha acquistato al lancio ha avuto ampio margine di manovra per effettuare miglioramenti costanti e mantenere il proprio computer produttivo per ben 10 anni, massimizzando l’investimento. Avvicinandosi a formati più compatti, estremizzati negli all-in-one come l’iMac, ci si allontana drasticamente da quell’idea di computer longevo in favore di una soluzione quasi blindata che è molto più caratteristica del mercato consumer.

L’iMac Pro è oggi il computer più potente dell’offerta Apple

Ecco perché sono stato scettico sull’idea stessa di iMac Pro fin dal principio e, dopo averlo usato per diversi mesi, ne sono ancora più convinto. Devo però precisare il mio punto di vista, che non è certamente quello di uno specialista video che lavora ad Hollywood ma bensì di un professionista medio cui le performance dell’iMac top di gamma e la sua rumorosità sotto carico stanno strette, e che ha dovuto mettere da parte il proprio Mac Pro 2013 per la debolezza delle schede video e le difficoltà di areazione.

È un iMac grigio siderale. Anche lo schermo 5K da 27″ è identico, nel bene e nel male

Esternamente è pari pari un iMac, eccezion fatta per la nuova colorazione grigio siderale. Apple ha scelto di mantenere lo stesso schermo 27” 5K, che è sicuramente bello da vedere ma può essere limitante per la fedeltà cromatica e per la dimensione in molte attività professionali, inducendo più facilmente all’acquisto di un secondo schermo per avere più spazio e mandando alle ortiche l’idea stessa di all-in-one. Mi chiedo se non sarebbe stato il caso di puntare direttamente ad un 32”, non solo perché è una diagonale che riesce a soddisfare anche le esigenze più evolute con un solo pannello (con un secondo dedicato solo all’anteprima) ma anche per distanziare un minimo il Pro dall’iMac tradizionale.

Uguale fuori diverso dentro: l’iMac Pro ha un’ottima dissipazione, finalmente

A quanto pare si è preferito limitare al minimo l’intervento di modifica in termini strutturali, ma il lavoro ingegneristico c’è stato e si sente: l’iMac Pro è completamente nuovo all’interno, riprogettato per ottimizzare la dissipazione. Solo dopo diversi minuti di attività molto impegnative in multitasking mi è capitato di avvertire le ventole, ma sempre con una rumorosità ben inferiore a quella dell’iMac 27” tradizionale e pure del Mac Pro (2013), se per questo.

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L’interno dell’iMac è stato completamente riprogettato per una migliore dissipazione termica

C’è tuttavia una differenza sostanziale dovuta all’hardware: durante tutto il periodo di prova non mi è mai capitato di vedere il processore Xeon octa-core del mio iMac Pro sfruttato al 100%. Anzi, rarissimamente ho notato qualche picco al 50/60% durante le più lunghe conversioni video. Al contrario, le CPU Intel Core di classe consumer presenti negli iMac tendono a saturare le risorse rapidamente, dando il massimo ma riscaldando molto di più, ragione per cui sono meno adatte a sopportare task onerosi per lungo tempo.

Le CPU Intel Core consumer danno subito il massimo, ma scaldano tanto e non reggono bene i carichi di lavoro impegnativi per tempi prolungati

Per l’utente si tratta di una delle differenze più rilevanti tra le due architetture e che può rivelarsi un pro come un contro. Provate a dividere nella vostra mente i lavori che effettuate in tempo reale da quelli in cui impartite un comando ed attendete che il computer generi un risultato. Per i primi le CPU consumer reagiscono mediamente meglio a parità di core e frequenze, per i secondi non c’è partita. Tanto per fare un esempio concreto, la conversione in background di tutte le clip 4K e FHD di un evento in formato ridotto (proxy) con l’iMac Pro base che ho scelto ha richiesto il 20% di tempo in più rispetto al mio precedente iMac 27” (2017) top di gamma…

L’iMac Pro riesce ad eseguire lavori pesanti in background lasciando la CPU scarica

Potrebbe sembrare un controsenso, ma c’è una differenza fondamentale: mentre con l’iMac standard rimanevano giusto le risorse di un PowerPC G3 per attività leggere di navigazione, office e piccoli interventi su immagini, il modello Pro è rimasto quasi del tutto scarico (20/30% di media), offrendo completa libertà di manovra… quasi come se non stesse facendo nulla. Questo significa che il computer rimane sempre fresco e responsivo, garantendosi una maggiore longevità e potenza di calcolo disponibile per l’utilizzatore. Prima di addentrarci in altri test sul campo devo spiegare quale modello di iMac Pro ho scelto e perché. Anzi, direi che è il caso di approfondire un po’ i prezzi e le varie opzioni hardware.

La CPU top dell’iMac normale vale circa 1/3 di quella base dell’iMac Pro

Nel modello base troviamo uno Xeon 8-core/16-threads da 3,2GHz, precisamente il W-2140B con architettura Skylake (valore ~$835) uscito verso la metà del 2017, che ha un TDP di 140W e regge fino ad un massimo di 48 linee PCI Express (in base anche alla scheda logica, ovviamente). Sono numeri che sottolineano ulteriormente la differenza dell’architettura workstation rispetto quella consumer: pensate che questa CPU supporta 4 canali per la RAM (ovviamente ECC) per un totale massimo teorico di 512GB (ma sono 128 quelli installabili sui quattro banchi dell’iMac Pro). Per fornire un termine di paragone, l’iMac 5K attuale top di gamma (che poi è ancora quello del 2017), ha un i7-7700K (~$339) con TDP di 91W, un massimo di 16 linee PCIe e RAM dual-channel con un limite di 64GB. In sintesi l’iMac Pro parte più avanti da dove l’iMac consumer arriva, cosa che viene rispecchiata pure dal prezzo di vendita.

Uscita cuffie, lettore SD, quattro USB 3, quattro Thunmderbolt 3, Ethernet 10 Gbps

Grazie alle linee PCIe in più, ad esempio, è stato possibile raddoppiare il numero di porte Thunderbolt 3 senza sottrarre nulla dalle restanti connessioni. Anzi, in realtà c’è un’aggiunta importante sulla porta Ethernet, che passa da una tradizionale Gigabit alla nuova 10 Gbps, che richiede una infrastruttura adeguata per essere sfruttata a dovere ma è chiaramente retrocompatibile. Ulteriore novità invisibile riguarda il lettore di memorie SD, che ora supporta lo standard UHS-II e risulta anche abbastanza efficiente, come evidenziato dal nostro report sulle secure digital di nuova generazione.

Le SD UHS-II sono sempre più utilizzate, è un bene che il lettore dell’iMac Pro sia compatibile

Continuando ad analizzare il modello base: si parte da 32GB di RAM DDR4 ECC a 2666MHz in quad-channel (4x8GB), con un massimo installabile di 128GB (+2880€), mentre l’iMac tradizionale ha 8GB DDR4 2400MHz in dual-channel (sempre quattro slot ma nel formato SO-DIMM tipico dei portatili) che in opzione raggiungono un tetto di 64GB. Un piccolo svantaggio dell’iMac Pro è che non possiede il tradizionale sportellino per un semplice upgrade fai-da-te, quindi per aggiornare la RAM si dovrà smontare lo schermo (cosa che richiede l’intervento di un tecnico autorizzato per non far decadere la garanzia).

Non c’è più lo sportellino: la RAM ora si trova internamente, sopra le porte di connessione

Prima di passare in rassegna le altre specifiche, anticipo brevemente un discorso che è poi l’ago della bilancia relativo alla mia valutazione di questo nuovo computer. Sopra ho inserito il prezzo della CPU Xeon base e potete ben vedere quanto sia pesante rispetto a quello del Core i7, ma tutti (o quasi) i componenti dell’iMac Pro sono più costosi rispetto alla sua controparte consumer. La RAM ECC, di cui ho appena parlato, è un altro esempio ma il discorso si estende pure al disco, come avremo modo di vedere a breve.

Il modello base costa 5599€ e vale ogni centesimo

Tuttavia l’iMac Pro base costa 5599€, mentre il modello liscio con la CPU migliore in opzione, 32GB di RAM e 1TB di SSD arriva a 4379€. Ci sono 1220€ di differenza e potrebbero sembrare tanti, ma sono meno del costo aggiuntivo dovuto ai componenti. Questo dato è molto importante, poiché rende l’iMac Pro uno dei computer Apple più convenienti finché non si aggiungono upgrade, al punto che con la sommatoria dei singoli pezzi al momento del lancio si arriva quasi esattamente al prezzo di vendita, senza considerare il design, l’ingegnerizzazione e tutto quello che un computer del genere può offrire in più rispetto ad un assemblato con specifiche equivalenti. Di più o di meno, chiaramente, poiché bisogna pur considerare la campana di chi può ritenere più conveniente investire la medesima cifra (o anche qualcosa di meno) in un PC di altro marchio e non all-in-one, dove aggiungere RAM, cambiare la GPU o collegare un altro schermo è facile come bere un bicchiere d’acqua.

Iniziamo a pensare all’imminente arrivo di Coffee Lake sull’iMac

Qui sopra vedete i dettagli dei tre computer che metterò più spesso a confronto in questa recensione e vi spiego subito perché c’è anche un PC. L’attuale iMac 2017 è ancora fermo a Kaby Lake con un i7 quad-core, mentre il prossimo sarà equipaggiato con Coffee Lake, il cui Core i7 ha 6-core/12-thread. Il #ProgettoCaffeina che ho realizzato a febbraio di quest’anno monta proprio quella CPU e ci dà quindi un’idea realistica di come cambieranno le cose.

La CPU i7-8700K dei futuri iMac consumer si avvicina molto ai risultati dell’iMac Pro base

Vero anche che lì dentro ci ho piazzato una GeForce 1080 e non una AMD, ma la Vega 56 dell’iMac Pro ha praticamente lo stesso prezzo di mercato, per cui anche questo ci potrà essere utile per le valutazioni. Potevo mettere a confronto anche il Mac Pro 2013, lo so, ma ho trovato più giusto guardare avanti e non indietro. Lo possiedo ancora ma ormai tendo a non sforzarlo troppo, perché col calore dovuto al massiccio utilizzo si è già rotto una volta.

Cerchiamo di valutare le cose in base ai risultati e non per le etichette

Vorrei anche chiarire una cosa ai non addetti ai lavori: noto che in certi ambienti da tastiera è diffusa la convinzione secondo cui esista una netta distinzione tra quello che può o non può usare un professionista. Ebbene vi dirò che non è affatto così. Ci sono studi di produzione dove molti lavori si fanno tranquillamente con un iMac consumer, perché bello, comodo, snello ed affidabile. In nessuna attività si spende di più per avere uno Xeon se non apporta vantaggi di produttività e sicurezza, e non perché c’è uno Xeon si è più affidabili: danno più problemi di surriscaldamento i Mac Pro 2013 che gli iMac 2017, tanto per fare un esempio.

Nell’iMac Pro il volume di boot è in realtà un set RAID controllato dal chip T2

Novità interessanti si sono presentate sul fronte archiviazione, che nell’iMac Pro prevede esclusivamente dischi flash, evitando per fortuna le soluzioni miste di scarsa affidabilità e performance come il Fusion Drive. La versione base possiede 1TB SSD, ma si può anche configurare con 2TB (+960€) o 4TB (+3360€), ottenuti con due unità identiche di metà capienza in RAID stripe, che danno luogo ad un solo volume logico. Se vi siete ripresi dal sicuro mancamento per le cifre tra parentesi, spiego meglio il discorso del doppio disco.

Il chip T2 è posizionato tra i due dischi PCIe e include il controller RAID (foto iFixit)

Ad accorgersene per prima è stata ifixit durante il suo classico teardown, in quanto dal sistema operativo non si nota nulla di tutto questo e anche da terminale si vedrà un unico volume. Tale particolarità dipende dal fatto che il nuovo chip T2 (evoluzione del T1 presente nei MacBook Pro 2016/2017) contiene anche un controller RAID che si occupa di gestire il tutto a livello hardware, non impattando sulle risorse di sistema come farebbe un set RAID software. Lo stesso chip gestisce anche la Secure Enclave, la crittografia, il processore audio e video (per la camera frontale) e fa le veci del System Management Controller (SMC). In fase di boot verifica che i componenti hardware e software siano integri e, in caso contrario, blocca il Mac. Difficile crederci ma ne servirà un altro collegato tramite USB-C per ripristinarlo con Apple Configurator. Bisognerà trovarsi in tali condizioni per valutare se questo si rivelerà un aspetto positivo o negativo, per il momento apprezzo sicuramente l’incremento di sicurezza e spero per il meglio.

La velocità raggiunta dai dischi è ottima, come era lecito immaginare considerando l’unione di due SSD PCIe, con la particolarità di offrire performance di lettura e scrittura sostanzialmente allineate su 2,5GB/s (con i tagli superiori i picchi salgono a 3GB/s). La soluzione proposta da Apple è tecnicamente avanzata e molto efficiente, l’unico aspetto negativo da considerare è che con due unità fisiche in RAID stripe si va più veloce ma si moltiplicano le possibilità di rottura.

Il RAID stripe è molto veloce ma non è sicuro

Personalmente avrei offerto all’utente (che si presume un minimo avanzato per acquistare un computer simile) la possibilità di scegliere se configurare il controller in modalità RAID 0 oppure 1 a livello di pre-boot nell’EFI Firmware. Pur sacrificando un po’ le prestazioni massime e dimezzando lo spazio effettivamente utilizzabile, sarebbe stata un’interessante opportunità quella di far funzionare i due dischi da 500GB in mirror, avendo un backup 1:1 sempre aggiornato e riducendo la possibilità che problemi fisici dei drive possano interrompere il lavoro o, peggio, farci perdere irrimediabilmente dei dati.

Apple ha dismesso le basi AirPort e le Time Capsule di recente, eppure sembra pensare che Time Machine rappresenti ancora una politica di backup valida, mentre io lo ritengo un palliativo per utenti consumer. Se una macchina di produzione ha un errore sul disco di boot, che sia fisico o logico, non si ha sempre il tempo di indagare il problema in tempo reale, verificare il tipo di danno (sperando sia solo software), installare di nuovo il sistema operativo e poi importare i dati da Time Machine. Può essere una cosa in più, quella, ma un clone 1:1 aggiornato quotidianamente del disco di avvio è e rimane l’unica cosa che ti consente di essere immediatamente operativo, rimandando le riparazioni a quando si sarà consegnato il lavoro.

 

Ho lasciato per ultime le considerazioni sulla GPU, che, purtroppo, non possono essere positive. Prima di ogni cosa niente NVIDIA e bye bye CUDA, ma questo era tristemente prevedibile. Ciò non toglie che rimane uno dei punti deboli principali di questa macchina in ambito professionale, perché i software esclusivamente CPU based sono sempre di meno e OpenCL va anche bene ma non offre le stesse performance (Metal? non pervenuto). Comunque, a parte questo, la cosa da sottolineare è che Apple ha inserito nell’iMac Pro delle GPU consumer. E non è neanche solo questo il punto, perché se fossero state delle GPU consumer di NVIDIA, dalla 1080 in su, sarebbero state rose e fiori. E invece nel modello base c’è una Vega 56 con 8GB di memoria HBM2 ed aggiungendo 720€ si può optare al massimo per la Vega 64 con 16GB.

Invia delle NVIDIA

Non sono delle cattive GPU in senso assoluto, ma se non ci fossero gli Xeon a sopperire con la potenza bruta al posto loro, si noterebbe in modo incredibile il collo di bottiglia. Sono nettamente indietro alle pari fascia di NVIDIA, dati alla mano, e rimangono comunque dei componenti desktop di cui non possiamo prevedere la tenuta a lungo tempo, specie in un case così sottile. È da notare anche che non sempre tutti i core degli Xeon possono compensare i limiti delle GPU, specie quando si ha necessità di rendering in real-time.

L’iMac Pro è più indicato nei compiti CPU based: gli Xeon sono forti, le AMD usate meno

Ciò non toglie che queste siano le migliori schede grafiche mai viste su un Mac e che, fatto il confronto con gli iMac attuali ed anche con i Mac Pro 2013, l’iMac Pro rimane sicuramente superiore. Questo è un aspetto importante da tenere a mente, perché se un’azienda o un professionista è vincolato per ragioni preferenziali o strutturali all’ambiente Apple, potrà certamente piangere le potenzialità mancante ma sarà più felice di vedere i miglioramenti che effettivamente ci sono.

GPU consumer contro GPU consumer: a parità di fascia NVIDIA vince sempre

C’è un’altra riflessione che vi stimolo a fare: le Vega 56 e 64 rappresentano le naturali evoluzioni delle RX 570 e 580 che equipaggiano gli iMac 27” 2017 e, di conseguenza, le dovremmo ritrovare nei prossimi modelli in arrivo nel 2018 basati su Coffee Lake. Insomma, a meno che Apple non decida di mantenere ancora le vecchissime RX (cosa che sarebbe davvero indecorosa), o che si inventino dei modelli castrati della Vega 56, finirà che a breve iMac e iMac Pro avranno le medesime GPU. E se queste risultano perfette ed auspicabili per i primi, vista la superiorità rispetto la RX, sono decisamente forzate sui secondi, messe assieme a CPU Xeon e RAM ECC.

Pur di usare GPU di AMD, Apple ha messo quelle consumer nell’iMac Pro

La colpa di Apple è quella di aver voluto onorare il solito accordo di partnership a tutti i costi, anche quando non c’erano evidentemente i presupposti per farlo, ma il problema principale è la pochezza dell’offerta di AMD in ambito workstation. L’unica alternativa adatta per categoria e fascia di prezzo sarebbe stata quella di utilizzare le WX 5100, 7100 e 9100, ma queste sono ancora basate sulla vetusta architettura Polaris ed è il motivo per cui sono state scartate, in attesa delle prossime Radeon Pro Vega (i cui prezzi, però, sembrano essere fin troppo elevati). In sostanza Apple si è voluta mettere da sola con le spalle al muro, vincolandosi ad una realtà che ormai rappresenta la seconda scelta in fatto di GPU, specialmente in ambito professionale (per il gaming o il mining il rapporto qualità/prezzo delle AMD è spesso conveniente).

Negli ambienti ricettivi non c’è computer migliore dell’iMac: il retro è quasi più bello del davanti

La mia personale considerazione sulla questione GPU può estendersi sull’intero iMac Pro, un computer che sembra nato più per esigenze strategiche che di sostanza. Il Mac Pro 2013 è stato un progetto bellissimo ma come workstation si è rivelato quello che tutti i professionisti immaginavano: un bel bidone. A Tim Cook non restava che gettare la spugna oppure tentare di rientrare nel segmento con un computer più in linea con le esigenze esposte dai clienti professionali.

Per fortuna si è scelta la seconda strada ma per il prossimo Mac Pro si dovrà attendere il 2019, visto il ritardo accumulato. Per questo hanno voluto lanciare sul mercato l’iMac Pro, ma era inevitabile che risultasse un compromesso. Un piccolo contentino che dice: rimanete con noi e sperate per il meglio. In tal senso il prodotto lo ritengo riuscito, hanno certamente mirato alla praticità utilizzando lo chassis del vecchio iMac riverniciato più scuro, ma il risultato è ottimo e non sono stati approssimativi nella realizzazione, prova ne è il fatto che il sistema di areazione è finalmente adeguato dopo anni di iMac che soffrivano con utilizzo impegnativo.

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Pur dopo tanti anni, è bastato un po’ di colore per farci ricordare quanto sia bello l’iMac

A prescindere dal forte impatto estetico e dalla possibilità di riempire i comunicati stampa e le pagine del sito web con termini ad effetto come Workstation, Xeon e millemila-core, mettendo l’iMac Pro sotto una lente di ingrandimento non si può non vederne le grandi contraddizioni. Il modello base è quasi economico considerando i componenti, tuttavia è quello che ha minor senso visto il target e per lo scarto di prestazioni rispetto l’iMac top di gamma imminente (appena arriverà l’i7-8700K Coffee Lake che dovrebbe pure avere stesse GPU). Se però si prova a scegliere una CPU migliore o ad aggiungere RAM ed SSD, ecco che i prezzi gonfiati degli update lo rendono meno conveniente.

I prezzi degli update sull’iMac Pro non sono realistici, sono numeri studiati a tavolino

E poi è una macchina pensata per professionisti ma non possiede una delle caratteristiche che molti continuano a valutare prioritaria nel processo di scelta: la longevità. Un errore che Apple ha già fatto con il Mac Pro 2013 e che non poteva che ripresentarsi oggi con un all-in-one, che è esattamente l’opposto di un progetto modulare. Questo spazio proveranno a riempirlo nel 2019 con il futuro Mac Pro, ma il tentativo di far collidere la natura di un computer così blindato con quella di una workstation è una contraddizione all’origine.

L’iMac Pro è bellissimo, da qualsiasi parte lo si guardi

La sfida rimane comunque interessante e non dico che il risultato sia da cestinare, tuttavia la sua collocazione nel mondo reale è tutto fuorché chiara e definita. Sicuramente esistono ambienti dove un iMac Pro da 10 mila Euro può essere la macchina da piazzare in segreteria, magari per mostrare i lavori ai clienti in modo elegante e con la possibilità di metterci mano in tempo reale, però a me interessa di più valutarne l’appetibilità per un professionista medio, quello che investe soldi nell’hardware dopo aver considerato pro e contro e non perché è bello o c’è scritto Pro. In tal senso mi pare che l’iMac Pro abbia un solo ruolo oggi: essere acquistato (o preso a noleggio) dai professionisti che attendono il nuovo Mac Pro per tamponare l’attesa. Quest’ultima, tanto per chiarirci, è la casistica in cui rientro io stesso. Ecco perché le versioni più carrozzate mi sembrano assurde (specie considerando le GPU) e conviene valutare o il base, che sempre meglio di un iMac top e di un Mac Pro 2013 è, o l’update così composto.

Configurazione consigliata

  • (5599€) iMac Pro Base
  • (+960€) Xeon 10-core
  • (+960€) 64GB RAM
  • (+720€) Vega 64 16GB
  • 8239€

Ho visto tutti i video promozionali sul canale YouTube di Apple, con professionisti indiscussi di altissimo livello che mostrano dei lavori eccellenti realizzati con l’iMac Pro, cose che onestamente vanno ben al di là delle mie competenze e che guardo con la bocca spalancata come tutti voi. Tuttavia a me sembra relativamente poco interessante il fatto che il modello con tutte le opzioni attive ed un totale di 15.439€ sia un mostro di potenza. Perché, diciamoci la verità, potevamo darlo già per scontato no? Io sposterei i dubbi su questioni differenti.

  1. Conviene investire cifre del genere su un computer all-in-one che ci vincola sia per lo schermo che per l’utilizzo di una sola CPU e di una sola GPU, per giunta di classe consumer e con prestazioni medie?
  2. Il rapporto prezzo/prestazioni è valido per i modelli più carrozzati?

Inutile dire che le risposte sono No e No, almeno secondo me. Ho lavorato ad una intro di pochi secondi su After Effects, con qualche elemento in una scena 3D e va tutto a scatti nel playback, si deve lavorare basandosi esclusivamente sullo scrubbing della timeline. Chiaro che va comunque meglio dell’iMac normale, ci mancherebbe, ma con il #ProgettoCaffeina (CPU Core i7-8700K ed una banalissima GTX 1080) non solo l’esportazione è quasi due volte più veloce rispetto l’iMac Pro testato ma è proprio l’esperienza d’uso con rendering in realtime che è di un altro livello.

Bastano pochi effetti per interrompere il rendering in realtime, costringendo a lavorare di scrubbing

Ribadisco dunque che questo computer è altamente controverso: un discreto passo avanti rispetto l’iMac nella versione base, irragionevole da acquistare in quella più carrozzata. Non tanto per la CPU, che anche se singola spinge tanto, quanto perché pur spendendo 15 mila Euro si ha comunque una scheda video che vale sì e no 1/15 del totale, cosa insensata a tutto tondo e che lo diventa ancor di più se si usano software che giovano dell’accelerazione hardware.

C’è poco da fare: pur con uno Xeon 8-core, le prestazioni sono limitate dalla GPU

[AGGIORNAMENTO] Aggiungo qui, su richiesta di alcuni utenti, una piccola menzione a Final Cut Pro X. Non lo avevo inserito nella prima stesura perché non lo uso più da tempo e perché dà risultati insoliti, ma anche per via del fatto che non ho una cinepresa che giri in RAW come le RED. In sintesi ho fatto un benchmark standard con una timeline breve in 5K che ha anche diversi effetti. Il risultato è stato a dir poco curioso: l’iMac “liscio” va più veloce del Pro in esportazione, sia H.264 che ProRes 4:2:2. Ho fatto un po’ di ricerche e pare che sia così per tutti, probabilmente Apple non ha ancora ottimizzato bene il software per sfruttare gli Xeon, anche se ormai da quando ci lavorano a quando l’hanno presentato e poi rilasciato, venduto, ecc… sono passati davvero tanti mesi. E poi con il loro software di punta per questa macchina.

Va però detto che chi ha delle cineprese che girano in formato RAW ha riscontrato una cosa importante: l’iMac consumer non ce la fa proprio con footage “grezzo” da 6/8K, mentre l’iMac Pro sì, proprio grazie agli Xeon. Un aspetto da considerare ma sul quale non posso purtroppo fornire altri dati di prima mano. Posso solo constatare che per un uso “medio” Final Cut Pro X sembra andare ancora meglio sull’hardware consumer, mentre il Pro può spingersi in territori più evoluti grazie ai processori più potenti. Speriamo che Apple risolva con futuri aggiornamenti.

La diversa gestione delle risorse rende gli Xeon tanto più utili salendo con il numero di core e specialmente se utilizzati in configurazioni multi-CPU, che non sono disponibili negli iMac Pro. Considerando questo e valutando anche la strana scelta della GPU, mi chiedo se non sarebbe stato meglio basare questo computer sui Core Extreme SkyLake X, con un top di gamma mostruoso come l’i9-7880XE (18-core e 36-thread). Quello sì che sarebbe stato il perfetto anello di congiunzione tra ambiente consumer e professionale, offrendo prestazioni superiori, costo inferiore e maggiore coerenza dell’intero progetto. Se poi ci avessero messo dentro una Titan XP avrebbero incanalato le esigenze dell’intero settore nel campo del multimedia/vfx/3D ed accalappiato senza remore anche i consumatori più esigenti.

E invece ci troviamo di fronte a questo mezzo-sangue, un bellissimo esercizio di stile e competenza, fatto di eleganza e qualità, ma privo di un’identità che esuli dal suo design. Capiamoci: non è il prezzo il problema qui. A meno che non si punti a conquistare solo famosi youtuber per influenzare utenti facoltosi ad acquistare cose di cui non hanno bisogno, un professionista non si fa troppi problemi a spendere queste cifre per una postazione di lavoro che magari gli fa guadagnare 5/10 volte tanto in un anno. E c’è sempre da considerare il noleggio operativo o il leasing, che diluiscono la spesa ed offrono vantaggi fiscali importanti. Questi argomenti, però, non valgono solo per Apple e l’iMac Pro.

Anche con DaVinci Resolve 14, l’iMac Pro soffre per la GPU nel rendering realtime

La mia impressione è che questo computer sia davvero uno spettacolo, un qualcosa che difficilmente si potrebbe non desiderare a prescindere da tutti i se e tutti i ma. E per fortuna che Apple ha iniziato a vendere direttamente la Magic Keyboard estesa, il Magic Mouse 2 e il Magic Trackpad 2 in grigio siderale, perché c’erano persone che li rivendevano a caro prezzo in quanto esclusivi (e pure Apple li ha resi più costosi rispetto a quelli normali…).

All Black… anzi, Grigio Siderale

A proposito di tastiera, devo dire che una delle cose che amo tanto dei Mac è la coerenza del layout, perché puoi usare la tastiera del portatile più piccolo e del desktop più grande sapendo che tutto è sempre allo stesso posto. Purtroppo hanno iniziato a demolire questa comodità con l’introduzione dalla Touch Bar nei MacBook Pro e non capisco perché la tastiera estesa wireless l’abbiano mantenuta come la vecchia col cavo invece di renderla più smart. Dovevano aggiungere solo il tastierino numerico a destra di quella stretta (come nella Logitech K780), evitando così di spostare a zonzo il tasto Fn ed avendo i tasti opzione e i tasti freccia (!) nella medesima posizione. Visto che non hanno fatto così, io sto evitando di abituarmi a questo layout usandone un’altra, altrimenti poi mi trovo a disagio sull’iMac di casa e sul portatile.

Conclusione

L’iMac Pro è nato come momento di passaggio, un ponte tra l’iMac e il Mac Pro che sarà. È un segno positivo dell’impegno di Apple nel mantenersi attiva in un segmento in cui fatica ad essere competitiva da troppi anni, e di questo siamo tutti felici. Però si avverte chiaramente la natura contraddittoria del progetto, con forti connotazioni consumer e qualche componente da workstation. Il suo compito tampone, però,  lo svolge perfettamente: già il modello base è più potente dell’attuale iMac più carrozzato e non costa troppo di più, per cui l’esperimento è positivo a voler essere onesti. Anzi, è così interessante che sarebbe bastato un piccolo sforzo in più per renderlo davvero ghiotto nel mercato professionale cui ammicca. In particolare, secondo me, si nota la ristrettezza di questo bellissimo schermo, ma soprattutto è la GPU che è un colpo al cuore (del computer). L’iMac Pro riesce a gestire anche file video RAW ad altissime risoluzioni, cose che l’attuale iMac consumer non può fare, ma tutto poggia sulla CPU. Credo che se avessero ingrandito lo schermo e adeguato la scheda grafica, sarebbe stato difficile resistergli. Mentre sarebbe stato un sogno (almeno il mio) con i9 Extreme e GPU NVIDIA, cosa che mi avrebbe permesso di spegnere il PC definitivamente e fare tutto sul Mac. E invece mi pare che la finalità più evidente raggiunta sia stata quella di ammaliare gli occhi degli utenti, guadagnandosi un posto come sfondo della scrivania per poterlo ammirare tutti i giorni, come il poster nella cameretta di una bella donna/auto/quello-che-preferite.

Xeon 10-Core, Vega 64, 64GB RAM: questa la configurazione suggerita

Il prezzo del modello base dell’iMac Pro è posizionato in modo strategico, perché può spingere più di qualcuno indirizzato sull’iMac più potente ad aggiungere qualcosa per portarsi a casa il più ambito modello Pro grigio siderale. Allo stesso tempo, però, costringe chi vuole dare un senso compiuto alla macchina ad investire tanto, perché almeno la Vega 64 (+720€) conviene considerarla, visto che la 56 fatica e non c’è possibilità di cambiarla. Un po’ di movimento sarà possibile sulla CPU (che non è saldata), ma considerate l’idea di partire già dal 10-core (+960€) che ha anche una frequenza di clock migliore. Sulla RAM i 32GB possono essere sufficienti per alcuni lavori, ma i software più pesanti li riempiono in un attimo. Tenete da conto che essendo quad-channel Apple occuperà tutti i banchi, per cui se vorrete aggiornarli da voi dovrete rivendere i precedenti ed acquistarne quattro nuovi, cosa che potrebbe rivelarsi un po’ rognosa. Ecco perché, tutto sommato e vista la natura chiusa della macchina, col senno di poi sarei partito da 64GB (+960€). Sul disco, invece, manterrei comunque il minimo da 1TB, tanto i dati per i progetti di questi computer saranno tutti all’esterno e ad aggiungere dischi di cache Thunderbolt 3 (ma anche USB-C 3.1 Gen 2) si fa presto e si va veloce. Questa da 8239€ è la configurazione che mi pare più centrata: se vi serve di più non credo che vi convenga spenderli sull’iMac Pro, se vi serve di meno aspettate senza dubbio il prossimo iMac con Coffee Lake. L’iMac Pro è una workstation con l’abito da sera, sicuramente più elegante che in tuta di lavoro ma decisamente più limitata nei movimenti. Ciò non toglie che la si possa preferire… magari proprio per questo motivo.

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PRO
+ Bello da togliere il fiato
+ Dissipazione termica efficace
+ Sempre il solito schermo, sempre un ottimo schermo (per usi generici)
+ Disco di boot con doppio SSD PCIe in RAID (0)
+ Ampia possibilità di configurazione per le CPU, con Xeon fino a 18-core
+ Più potente dell’iMac più carrozzato
+ Più potente dell’attuale Mac Pro
+ Prezzo della configurazione base allettante

CONTRO
- GPU consumer e di capacità inadatta, l’insieme si salva solo per le potenti CPU
- Prezzi degli upgrade esagerati in modo… esagerato
- Schermo troppo piccolo e non affidabilissimo per alcuni impieghi professionali
- Il disco RAID è impostato per forza in stripe, non è il massimo per la sicurezza

DA CONSIDERARE
| Una buona postazione potente da tenere in bella mostra, magari nelle sale di consegna lavori dove serve anche intervenire sui progetti in tempo reale
| È plausibile che le stesse GPU consumer AMD Vega 56 e 64 equipaggeranno i prossimi iMac, che avranno pure CPU i7 ad alta frequenza 6-core/12-thread… per molte attività andranno meglio dell’iMac Pro base e costeranno di meno
| Dal momento che non è a tutti gli effetti una workstation multi-cpu e monta GPU consumer, per questo progetto ponte ci avrei visto molto meglio i più potenti Core Extreme, come l’i9-7880XE, e magari una bella Titan XP
| RAM e CPU sono aggiornabili, ma bisogna scollare lo schermo

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.