AsSaggio: Mackie CR3, una sonora delusione

Ho cambiato casa già da diversi mesi, ma ancora non ho terminato la sistemazione del mio studio e la trasformazione del garage in laboratorio foto ed assemblaggio, ma nel frattempo sto preparando la postazione hardware che sarà destinata a quell’ambiente. Ho il precedente Mac Pro 2013, un monitor che mi sta piacendo (a breve la recensione), i miei fedeli Logitech K780 ed MX Master 2S. Ho già preso anche un secondo microfono, molto più economico del Rode Procaster che uso quotidianamente ma comunque decente. Non ho ancora deciso quale scheda audio usare ma ho voluto iniziare dalle casse, perché di quelle si sente subito la mancanza. In studio uso le Audioengine A2+ (recensione) di cui sono estremamente soddisfatto. Non hanno un volume elevato ma il suono è molto pulito e bilanciato, ricco di colore e dettaglio in ogni range di frequenza. Mancano anche un po’ di bassi, ovviamente, con queste dimensioni sarebbe impossibile il contrario, ma per il mio uso da monitor nei montaggi video/audio e per il volume d’ascolto tipico che adotto di fronte al computer, le trovo davvero ottime. Ero quasi tentato di comprarne un paio uguali o del modello superiore anche per questa seconda postazione (che io chiamo di backup), ma alla fine mi ha stuzzicato l’idea di sperimentare qualcosa di nuovo.

In queste situazioni Amazon è una brutta bestia. Non tanto il sito in sé, che offre moltissime alternative, quanto la polarizzazione che si crea su alcuni prodotti. Ogni volta che cercavo qualcosa di specifico mi ritrovavo nei consigliati, negli sponsorizzati o in qualsiasi altra bizzarra sezione di consigli si siano inventati oggi, le Mackie CR3. Sono definite “monitor” nel titolo e il costo della coppia è interessante, anche perché si parla di 50W di potenza e woofer da 3″. Insomma, non troppo grandi ma potenti e ad un prezzo di circa 100€.

Io tendo a non leggere le recensioni dei clienti, soprattutto quando sono tante, perché prima di trovarne una sensata devo perdere almeno 10 minuti a scartare deliri di ogni tipo. Quello che mette 1 stella sul prodotto perché il pacco gli è arrivato ammaccato e ce l’ha con il corriere di turno, il tipo che esordisce dicendo “io non so niente di questo argomento” e ti fa passare la voglia di leggere il resto, quello che le ha ricevute in omaggio e non conoscendolo non puoi sapere se è davvero super partes, l’immancabile deluso che ne dice di cotte e di crude e poi tanti esperti dell’ultima ora che si inseriscono nel filone di maggioranza copiaincollando le parole di altri. C’è anche la recensione giusta, quella di chi davvero le ha provate bene e sa cosa dice, ma di solito viene sepolta in quello spazio cosmico indefinito che si trova tra “la recensione più positiva” e “la recensione più critica”. Purtroppo viviamo di estremismi, di pollici in su e in giù, per cui se uno mette 3 stelle e spiega lati positivi e negativi in modo ponderato viene considerato inutile dagli algoritmi computerizzati e dalla massa. Di lui il mondo del web non ha bisogno. Vuole solo sapere che c’è chi ha trovato quel prodotto il più migliorissimo di tutti, così da superare l’ultimo scoglio prima di cliccare su acquista, oppure che, dall’altro lato, ci siano sufficienti persone a pensare che faccia schifo, così è legittimato a pensarla nello stesso modo. Vabbè, scusate, è partito l’embolo della digressione polemica, torniamo in flusso e coi piedi per terra, nel preciso momento in cui metto le CR3 nel carrello, gettando un’occhiata fugate a quelle 4,5 stelle di media con oltre 200 recensioni, traducendo così: proprio schifo non faranno.

Pesano, più di quel che pensassi. Sono 2,5Kg a cassa, con una dimensione di 14 x 21 cm e circa 16 di profondità. I richiami verdi non mi piacevano nelle foto e anche dal vivo il ho trovati un po’ eccessivi, ma la costruzione non è malvagia. Nulla di particolarmente rifinito, si nota che sono economiche ma rimangono più che dignitose. Sul retro della cassa master, che ha un cavo di alimentazione integrato, si trovano:

  • interruttore on/off
  • morsettiera per il collegamento della seconda cassa
  • ingresso TRS con jack da 6,3mm (sono supportati anche i collegamenti bilanciati)
  • ingresso RCA
  • un selettore che consente di scegliere se la cassa master dovrà riprodurre il canale L o R

Quest’ultimo elemento mi è piaciuto molto, perché a seconda della disposizione degli elementi del proprio setup o della preferenza per il raggiungimento dei controlli frontali, si può decidere se posizionare la cassa master a sinistra o a destra. In dotazione vengono forniti pochi cavi, solo un RCA a mini jack ed un mini jack che si può utilizzare per l’ingresso AUX posto frontalmente, vicino ad un’uscita per cuffie. Per il collegamento principale alla sorgente audio ho utilizzato gli RCA con terminale da 3,5mm collegato prima direttamente al Mac Pro e poi al DAC DragonFly Red.

Dopo aver dato corrente con l’interruttore posteriore, le casse si accendono con il potenziometro frontale, che fa uno scatto dopo lo zero e mostra l’accensione grazie ad un LED che lo circonda (sempre di colore verde). Le ho messe al 50% e ho iniziato a mandare un po’ di musica dalla mia playlist di test su Spotify Premium scaricata in locale alla massima qualità.

Il primo impatto è stato qualcosa come: “WOW, suonano bene”! Erano i primi secondi di Tender Surrender (Steve Vai) e l’ingresso della chitarra accompagnato dalla batteria è stato di grande effetto. Col passare dei minuti ho iniziato ad avvertire un vuoto nelle frequenze medie e quando la musica si è fatta più incalzante i bassi sono entrati a gamba tesa. Sono forti, non c’è dubbio, molto di più di quelli delle mie piccole Audioengine A2+, ma coprono inesorabilmente i pochi medi e nei momenti di maggiore enfasi si sfaldano e rimbombano.

L’amplificazione in classe D di queste casse non lasciava presagire nulla di particolarmente buono in termini di controllo, ma onestamente speravo in qualcosa di meglio. Sono passato ad una sorgente più raffinata con i pochi FLAC di cui dispongo e collegando il DragonFly Red, ma il miglioramento percepibile è stato comunque marginale. Ho continuato a farle suonare per diverse ore, riducendo mano a mano il volume fino a che le frequenze basse risultavano ancora ben controllate, ma a quel punto avevo perso gran parte della potenza e azzerato il dettaglio nel range di frequenza medio-basso.

Sulle casse non c’è alcun controllo audio, quindi ho utilizzato un po’ l’equalizzazione del player Vox per cercare di migliorare la resa. In effetti così ho avuto la possibilità di far venir fuori un po’ di musica in quel frastuono, e finalmente ho apprezzato anche un po’ la voce di queste casse e l’ampio stage che riescono a delineare. Nel complesso però, le consideraro una delusione dal punto di vista audio. Probabilmente conta anche l’abitudine ad ascoltare il suono riprodotto dal ben più pregiato amplificatore in classe AB delle mie A2+, ma di certo queste non sono casse adatte all’uso monitor e neanche tanto piacevoli per un ascolto casual dalle piattaforme di streaming.

Conclusione

Possibili campi di utilizzo soddisfacenti per le Mackie CR3 li immagino lontani da una postazione di lavoro e più nella riproduzione di musica dance per un party, o magari per i videogiocatori più estremi che amano vivere le sparatorie degli FPS nel modo più viscerale possibile. A me non sono piaciute per nulla e se assegno un voto sufficiente è solo perché ritengo che avrei potuto capire fin da principio che non erano adatte al mio orecchio ed alle mie esigenze. Cercavo sì qualcosa di economico, ma non per fare una discoteca e sentire tremare la scrivania. Anche a costo di perdere bassi e potenza, ritornerò sicuramente su delle casse con amplificatore in classe AB e, volendo mantenere contenuti ingombro e spesa, credo di aver trovato una soluzione ideale nelle PreSonus Eris E3.5. Vi saprò dire di più dopo qualche settimana di prova.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.