Recensione Canon EOS RP: la mirrorless full-frame per tutti

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Stiamo vivendo un periodo particolarmente frizzante per quel che riguarda l’attrezzatura fotografica. Non parlo di Fotografia in generale, poiché quella travalica i confini delineati dagli strumenti, ma il tumulto dovuto alla transizione tecnologica è evidente. Mi riferisco a quella che è partita con la rimozione dello specchio e che si sta concretizzando in un rinnovamento dell’intero settore. Le mirrorless non sono certo una novità ma alcuni dei principali brand fotografici le hanno trattate come una sottospecie dotata di un solo vantaggio: la maggiore portabilità. La linea EOS M di Canon l’ho vista nascere così – con poche pretese – ma per l’azienda ha avuto uno scopo ben più importante offrendogli la possibilità di affinare le proprie skill nel nuovo segmento. Si sono susseguiti tanti modelli in poco tempo e gli ultimi hanno dimostrato una buona maturità ed ottimi risultati in oriente, tant’è che la M50 è risultata essere la mirrorless più venduta in Giappone. Nel frattempo si lavorava ad un progetto ben più ambizioso, ovvero quello di creare un nuovo sistema full-frame che non fosse semplicemente caratterizzato dall’assenza dello specchio. Ci è voluto del tempo ma l’occasione è stata sfruttata per sfornare quello che sarà il futuro della fotografia per Canon negli anni a venire. I punti di forza di EOS R risiedono principalmente nell’innesto, che offre la possibilità di creare obiettivi migliori, e nella messa a fuoco Dual Pixel CMOS AF, ma alla base di tutto vi è l’indubbia capacità dell’azienda di creare fotocamere affidabili e comode da usare. Dopo un primo modello in fascia media è stata presentata la EOS RP, la mirrorless full-frame più economica mai realizzata (escludendo chiaramente i modelli vecchi che oggi sono deprezzati). Il solo corpo si acquista con circa 1400€ e fornisce l’accesso al sistema di ottiche RF oltre a tutto il parco EF grazie all’adattatore incluso nel kit.

Per quanto i professionisti e gli amatori più esperti vorrebbero vedere subito delle fotocamere muscolose, al pari della 1D X, quel segmento interessa una piccolissima parte del mercato (circa 8% per Canon) e non avrebbe senso coprirlo quando ancora non vi è un parco di lenti disponibili sufficientemente ampio. Il percorso è stato avviato e ci si arriverà, ma prima di tutto si è puntato a far diffondere il sistema. La EOS R occupa bene la fascia media e con le giuste ottiche è capace di produrre ottimi risultati, mentre la RP offre un sensore full-frame allo stesso prezzo dei modelli APS-C o Micro Quattro Terzi top di gamma. La sua forza principale è sicuramente questa ma per raggiungere l’obiettivo di costo si è dovuto certamente sacrificare qualcosa.

Il sensore della Canon EOS RP è un full-frame da 26MP derivato da quello della 6D Mark II, che stando ai vari benchmark di laboratorio non era tra i più brillanti della categoria già al tempo della sua uscita. Per fortuna la Fotografia non è soltanto ISO, recupero di ombre e gamma dinamica, difatti vedremo che le prestazioni sono più che sufficienti all’atto pratico. Altrettanto valido è il range di sensibilità da 100 a 40.000 ISO, che si può espandere a 50 / 102.400 in caso di necessità.

Piccola ma intelligente

Il corpo è piuttosto piccolo e il mignolo non poggia completamente ma l’impugnatura è ben profilata e sporgente. Volendo qualcosa di più si può acquistare il Grip EG-G1 che si attacca alla base per compensare la differenza di altezza con la R e poggiare bene tutte le dita. Lo scalino sotto il pulsante di scatto offre un ottimo appoggio e sul retro vi è uno spazio per il pollice libero da pulsanti.

Certo non siamo di fronte ad una testa di serie, tuttavia bisogna premiare Canon per questo risultato visto che altre fotocamere di dimensioni simili non calzano altrettanto bene in mano. Il peso senza obiettivi è leggermente inferiore ai 500 grammi ed è discretamente bilanciato con quelli standard, mentre risulta in sofferenza quando la si abbina a quelli più imponenti, come il nuovo RF 28-70mm f/2L – che, a dirla tutta, è grande pure per la EOS R.

Il 28-70mm f2L è il più luminoso zoom standard del mercato ed è mastodontico

La costruzione dello chassis è in lega di magnesio con rivestimento esterno in policarbonato. Si tratta di una combinazione efficace per ridurre costi e peso che abbiamo già visto in modelli come la 80D. Il corpo appare solido e strutturalmente convincente in mano, mantenendo una buona rigidità a dispetto delle apparenze. Le linee sono gradevoli e intelligenti, soprattutto perché l’innesto è molto laterale e, pur avendo ridotto altezza e profondità, Canon non ha tolto nulla sulla larghezza.

In questo modo l’impugnatura si trova alla giusta distanza dal barilotto degli obiettivi e non ci si urta con le nocche. Direi che non si poteva fare meglio di così considerando target e range di prezzo. Di recente ho chiesto ad Alessandro Montanini (Product Marketing Manager di Canon Italia) qual è il segreto dietro questo risultato e mi ha detto che, oltre al loro know-how ed al feedback degli Ambassador, gli ingegneri utilizzano un ricchissimo database di mani per affinare il design dell’impugnatura già in fase progettuale. Un’attenzione che ricorda quella di Apple nella realizzazione degli AirPods e che dimostra l’esperienza dell’azienda in un ambito cruciale come l’ergonomia.

Inquadrature no limits

Con il tempo ho iniziato ad apprezzare alcuni vantaggi di praticità degli schermi che si inclinano solo in verticale, ma preferisco ancora la flessibilità che offrono quelli con cerniera laterale come sulla EOS RP. La diagonale è di 3″ e la risoluzione di 1 milione di punti, per cui è più che sufficiente sia in fase di cattura che di revisione. Buona la resa cromatica, piuttosto fedele a quella che effettivamente si ritrova analizzando gli scatti al computer, e giusta la luminosità, che leggermente aumentata risulta ben visibile anche in piena luce (ma non è automatica).

Il vero plus è il touch screen, perché Canon ha probabilmente la migliore implementazione vista finora tra le fotocamere. Non solo è reattivo e preciso, ma è usabile in ogni area di controllo, menu inclusi. Grazie alla completa articolazione si potranno effettuare scatti da ogni angolazione, compresi i selfie e le autoinquadrature nei video. Da notare che ciò risulta ancor più pratico per via dell’efficienza del touch screen, visto che si potrà controllare lo scatto e praticamente tutte le impostazioni dal display con il tocco, senza dover girare la fotocamera per accedere ai tasti fisici.

Abbastanza valido il mirino, anche se leggermente meno godibile rispetto quello della sorella maggiore. Sono 2,3 i milioni di punti di cui dispone e 0.7x l’ingrandimento, mentre nella R troviamo 3,69 milioni di punti ed un ingrandimento dello 0,76x. Non si ha l’impressione di avvicinare l’occhio ad una top di gamma di ultima generazione ma si fa usare senza grossi problemi. Il refresh rate è più che adeguato e l’unico limite davvero evidente è che nella raffica “veloce” si spegne e ci mostra le foto catturate, che al ritmo di circa 4/5fps non sono certo fluide e rendono difficile seguire un’azione veloce.

Notevole l’ingegnerizzazione che ha permesso di abbassare il gruppo ottico così tanto che frontalmente il mirino sembra quasi non esserci. Manca un tasto dedicato al passaggio manuale tra schermo e mirino, ma l’automatismo funziona molto bene grazie al sensore di prossimità ed al fatto che richiudendo lo schermo la fotocamera capisce di dover utilizzare il mirino. Volendo si può scegliere di utilizzare solo l’uno o l’altro dal menu Impostazioni pag.4, dove si trova anche la funzionalità a basso refresh rate per il mirino che fa risparmiare batteria.

Controllo semplice, senza rinunce

Corpo piccolo vuol dire pochi controlli, ma in realtà non c’è nulla di cui si senta davvero la mancanza. Guardando dall’alto, a sinistra si trova lo switch di accensione, dov’è sempre stato anche nelle reflex di Canon. È diverso l’aspetto, poiché sembra una rotella, ma si usa nello stesso modo: spingendo verso destra con il pollice per passare da Off a On. A destra del mirino si trova la ghiera dei modi, nella quale oltre ai classici (P)rogram, (Tv)Priorità Tempi, (Av)Priorità Apertura, (M)anuale, (B)ulb, (A)uto, (SCN)Scene, Video e tre metodi personalizzati (C1, C2, C3), c’è anche il nuovo (FV)Priorità Flessibile.

Introdotto con la prima EOS R, si tratta di un sistema che consente di passare da un controllo manuale alla priorità su uno o più parametri, fino all’automatico completo. Se ad esempio si lascia tutto in auto tranne l’apertura si otterrà l’equivalente di un Av, ma, volendo, si può fissare anche il tempo e varierà solo l’ISO. Oltre alla classica tripletta si può influenzare la resa con la compensazione d’esposizione e il tutto ricorda molto l’approccio delle Fujifilm, dove per ogni parametro si può impostare un valore specifico o lasciare in auto. È interessante e ci possono essere situazioni in cui risulti comodo, ma è piuttosto ridondante visto che potrebbe sostituire tutti i tradizionali metodi di scatto che invece rimangono. Ecco perché mi chiedo quanti fotografi proveranno ad abituarsi ad usarlo e quanti invece se ne dimenticheranno.

Le due rotelle dei parametri si vedono chiaramente dall’alto e si muovono in modo preciso e “secco”. La prima è vicina al pulsante di scatto e si usa comodamente con l’indice mentre la seconda è sul retro in direzione del pollice. L’operatività è quella classica di Canon e risulta molto pratica sia in manuale che nelle varie priorità. L’aggiunta principale con gli obiettivi RF è una terza ghiera sull’obiettivo, vicina alla lente frontale. Il funzionamento di questa si definisce sul corpo, quindi rimane lo stesso per tutte le lenti che vi si attaccheranno, e prevede che si debba tenere premuto il pulsante di scatto a metà corsa mentre si ruota, così le modifiche saranno sempre volontarie. Si può associare a tutti i principali parametri di scatto, compreso ISO e compensazione d’esposizione, dal menu di personalizzazioni avanzate C.Fn III pag 6.

Non ha un’opzione per rendere il movimento liscio invece che a scatti, utile poter modificare l’apertura in modo fluido per il video evitando i passaggi netti di luminosità, ma si può attivare una funzione per cui ogni stop dell’apertura viene diviso in ottavi. Dunque tra f/4 ed f/5,6 ci saranno 8 step intermedi che non faranno percepire stacchi netti di luminosità.

Da notare che Canon ha previsto un intervento sugli obiettivi per togliere il clic fisico su questa ghiera e che esiste un adattatore RF/EF che ne contiene una alla base, così da utilizzarla pure sulle vecchie lenti che non la possiedono.

Il vero asso nella manica delle EOS R è il piccolo pulsante M-Fn che, dopo il primo clic, consente di accedere a molte impostazioni aggiuntive usando le due rotelle: quella posteriore sceglie il parametro (ISO, Drive, Bilanciamento del bianco, AF, ecc..) e con quella frontale si modifica.

Sempre nell’area superiore si vede il tasto rosso dedicato alla registrazione video e una leva con la dicitura LOCK: spostandola verso l’alto si attiva un blocco su ghiere e touch screen personalizzabile dal menu giallo di Impostazioni alla pag 6. Io la utilizzo per disattivare la ghiera sull’obiettivo e il touch, perché sono le due cose che in alcune situazioni più concitate con la fotocamera al collo mi è più facile spostare inavvertitamente.

Nell’area posteriore il layout dei pulsanti è praticamente identico a quello della EOS R, manca soltanto il touchpad (che per altro non piace a tutti). La maggior parte dei tasti sono personalizzabili dal menu Impostazioni C.Fn III pagina 5, scegliendo anche funzioni diverse tra registrazione foto e video. Sul pad direzionale a 4 vie ho messo la modifica del punto AF, utile perché manca un joystick dedicato. In realtà ci sono altri tre metodi per spostarlo facilmente e ne parlerò nel paragrafo dedicato alla messa a fuoco, però questo è comunque utile perché più rapido e preciso.

Al menu principale si accede tramite il pulsante a sinistra del mirino, mentre con quello al centro del d-pad si apre il Quick Menu. Questo visualizza due colonne di icone ai lati dello schermo, per un totale di 11 parametri modificabili più l’uscita in alto a destra. Ci si può spostare con i tasti e con le rotelle ma le icone sono realizzate a dimensione di dito per un perfetto utilizzo con il touch-screen.

Il menu principale è tipico di Canon ed è compatto ed intuitivo. Mancano alcune cose qua e là rispetto la sorella maggiore e la più evidente è la scheda viola della messa a fuoco. Le sue opzioni, opportunamente ridotte, sono state incluse tra le pagine delle impostazioni di scatto e registrazione video (ricordate che cambiano a seconda del modo attivo).

Le modifiche più avanzate sono raggruppate nella scheda arancione (C.Fn), così le altre risultano snelle e di facile consultazione. Non manca comunque il My Menu per chi volesse un accesso immediato alle opzioni che usa più di frequente. Anche qui si può fare tutto con i controlli fisici o con le dita, grazie al giusto dimensionamento degli elementi grafici. Se si è già utilizzata una fotocamera Canon si apprezzerà la continuità unita ad alcune piccole innovazioni ma la cosa davvero lodevole è che chiunque troverà semplici questi menu, anche chi li vede per la prima volta.

Tip: Nel menu principale il tasto Info passa alla sezione successiva, la rotella superiore cambia pagina e quella posteriore scorre in verticale, mentre con il d-pad si fa tutto il resto.

L’incubo ricorrente del WB personalizzato

Una cosa incredibile è che con tutto il restyling del menu attuato negli ultimi anni per renderlo più veloce e agevole, ancora non si possa definire al volo il bilanciamento del bianco personalizzato. Si può scegliere da tante parti ma per definirlo con uno scatto si deve per forza seguire un iter di ben 4 passaggi:

  1. fotografare un’area bianca (meglio grigio neutro)
  2. accedere al menu principale, registrazione pag. 4, e selezionare WB Personalizzato
  3. scegliere la foto appena scattata (oppure se è precedente si usano i tasti freccia per trovarla)
  4. uscire e impostare il bilanciamento del bianco su Personalizzato

In tutte le altre fotocamere, anche quelle di chi ne ha fatta solo una nella vita (penso alla YI M1), quando si attiva il bilanciamento personalizzato c’è una scorciatoia per catturarlo al volo. Senza dover entrare nei menu e seguire quel percorso contorto. Possibile che nessun ingegnere Canon e nessun Ambassador abbia mai notato quanto sia assurda questa mancanza? Io non posso far altro che continuare a segnalarla come vistosa nota di demerito in ogni singola recensione, sperando che prima o poi se ne accorgano. Nel frattempo chi fa video e deve cambiare più volte il bilanciamento del bianco utilizzando strumenti come i color checker, sarà ancora messo in seria difficoltà. Soprattutto durante gli eventi quando il tempo è sempre troppo poco.

Messa a fuoco oltre le aspettative

Nelle reflex si utilizza un sensore per la messa a fuoco con rilevamento di fase che sfrutta una parte della luce reindirizzata dallo specchio. Senza di questo, le prime mirrorless adoperavano solo la ricerca di contrasto, risultando molto lente ed incapaci di seguire in modo efficace i soggetti in movimento. Oggi quasi tutte le top di gamma hanno sistemi ibridi ed utilizzano dei pixel sul sensore per replicare il funzionamento del rilevamento di fase anche senza specchio. Canon ne ha uno proprietario definito Dual Pixel CMOS AF, i cui principi tecnici ho illustrato dopo la presentazione della EOS 70D, la prima fotocamera dell’azienda ad utilizzarlo. In pratica i fotodiodi sul sensore sono divisi in due parti e grazie alla differenza delle letture si riesce a determinare la distanza dei soggetti. Questo metodo consente di superare uno dei limiti strutturali della ricerca di contrasto, che invece deve procedere per tentativi. Nel caso della RP si hanno a disposizione 4779 aree che coprono il 100% del fotogramma in verticale e l’88% in orizzontale: numeri difficilmente equiparabili da una tradizionale reflex.

La modalità automatica include il riconoscimento dei volti e l’Eye-AF, mentre le altre sono spot, area singola, area espansa, area espansa intorno e zona AF. In pratica si passa dal punto più piccolo all’area più grande e rispetto alla R mancano solo la zona ampia verticale ed orizzontale. Con le impostazioni di default il metodo di messa a fuoco si cambia dal Quick Menu, da dove si sceglie pure l’AF singolo o continuo (Servo). Quest’ultima voce è presente anche tra quelle predefinite su M-Fn. Per spostare l’area di fuoco si può utilizzare il touchscreen oppure premere sul tasto dedicato (sotto [*] del blocco AE/AF) e poi usare il pad direzionale. Quando si scatta con il mirino si può anche abilitare lo schermo touch (o una parte di esso) per muovere il punto di messa a fuoco come su un trackpad.

Tip: dopo aver premuto il pulsante del punto di fuoco si possono utilizzare anche le due rotelle per muoverlo in orizzontale (quella superiore) e in verticale (quella posteriore).

Spostandoci dalla teoria alla pratica, la EOS RP ha una messa a fuoco convincente sotto molti aspetti. Il rilevamento dei volti lavora mediamente bene e riesce a seguirli velocemente in modalità Servo (il nome che usa Canon per l’AF continuo). Se il soggetto è piuttosto vicino passa automaticamente alla messa a fuoco sull’occhio e anche in questo caso il tasso di foto corrette in una raffica è elevato, direi prossimo al 70/80%. Ovviamente funziona anche nel video (ma non in 4K) e i risultati li potete apprezzare nel filmato a fondo articolo. Con gli animali non riesce ad equiparare le prestazioni della Sony A7 III, ma in tutti i casi il limite per la fotografia sportiva o naturalistica sarebbe quello della raffica. Impostando il metodo drive più veloce ci si ferma infatti a poco più di 4 fotogrammi al secondo, che per un uso occasionale vanno bene ma non sono indicati per seguire soggetti in rapidissimo movimento. Va detto però che il buffer con una scheda adeguata regge benissimo, infatti si può scattare in RAW+JPG praticamente all’infinito.

Non c’è neanche da temere la poca luce, infatti ho realizzato molti scatti nelle grotte di Matera poco illuminate riuscendo a portare a casa immagini a fuoco con il 24-105mm f/4L quasi al buio. Qualche piccolo aggiustamento per personalizzare la risposta dell’AF Servo è possibile dal menu di personalizzazione C.Fn II, anche se con meno opzioni rispetto la EOS R. Tuttavia trovo che si lavori bene già con le impostazioni di default e, nella maggior parte dei casi, l’utente non avrà bisogno di apportare modifiche. Io l’unica cosa che cambio è l’accelerazione, riducendola per passaggi leggermente più gradevoli quando registro video. In quest’ambito il Dual Pixel CMOS AF è senza dubbio tra i migliori del mercato, difatti viene spesso preferito dai videomaker. Tra i suoi vantaggi ci sono l’ampia copertura del fotogramma, l’intelligenza con cui localizza e segue i volti, nonché i cambi fuoco morbidi e la stabilità quando il soggetto non si muove. Non è perfetto ma va in generale meglio di altri. Considerando anche la presenza del display completamente articolato, la EOS RP si presta bene ad attività di vlog a 1080p (poi vedremo perché non in 4K).

Nota: le lenti RF hanno la ghiera di fuoco elettronica, come da tradizione per le mirrorless. Per fortuna nelle opzioni delle fotocamere della linea EOS R si può scegliere se farla lavorare anche con una risposta diretta, simulando le ghiere meccaniche per fornire la possibilità di un controllo più preciso. In pratica si può memorizzare la rotazione da effettuare sulla ghiera e riuscire a focheggiare in manuale con risposte prevedibili e non modificate dalla velocità di rotazione.

Fotografia full-frame al giusto prezzo

Quando ho iniziato a scattare in digitale – direi circa 15 anni fa – molte fotocamere compatte non avevano la possibilità di registrare in RAW. Al tempo preferivo ancora utilizzare la mia reflex analogica entry-level (una Nikon F55) e solo qualche anno più avanti ho acquistato una DSLR (ovvero con sensore digitale). C’è quindi un piccolo periodo nel mio archivio fotografico in cui trovo solo JPG (!), ma sono almeno 12 anni che scatto in RAW. Dico questo per far capire che sono abituato a “sviluppare” le fotografie praticamente da sempre e, come tanti, ho passato dei momenti di euforia in cui esageravo con la post-produzione. In alcuni casi era una scappatoia per risolvere errori di esposizione dovuti all’inesperienza, in altri una via per sperimentare. Oggi cerco il più possibile di considerare la foto così come esce dalla fotocamera. Mi capita sempre più spesso di usare i JPG sui social e quando sviluppo i RAW ho dei preset da me realizzati che uso quasi esclusivamente per dare un tocco più personale alle immagini.

Come recensore mi capita di analizzare aspetti dei prodotti che in realtà non mi interessano più di tanto e uno di questi è il recupero estremo di luci ed ombre. Come fotografo mi fa molto piacere sapere di poter contare sull’attrezzatura, essere sicuro di avere un buon margine in post-produzione per “tirare” informazioni anche dalle aree più sotto o sovraesposte di una foto, ma più passa il tempo e meno utilizzo questa possibilità. Non dico che non serva o che non sia utile in certe condizioni di scatto, però non mi piace che sia diventato uno standard quello di valutare la risposta di un sensore fotografico con variazioni d’esposizione di 3, 4 o addirittura 5 stop.

Probabilmente avrete già capito dove voglio andare a parare con questa lunga premessa ed è un argomento che mi sta sempre più a cuore ultimamente. Mi sono accorto di averlo solo accennato qualche volta sul sito e nel podcast PixelClub ma trovo giusto riprenderlo ora con la RP. Questo sensore full-frame da 26MP ha una resa molto valida ad alte sensibilità, ma se si provano a recuperare informazioni dal nero viene fuori parecchio rumore. E questo già scattando a 400/800 ISO. Ovviamente è una situazione limite che mette in difficoltà ogni fotocamera, ma oggettivamente c’è chi fa meglio in tal senso e i vari benchmark stile DxOMark lo chiariscono (si deve scorrere la classifica fino alla posizione 25 per vedere la prima Canon).

Se questo aspetto fosse così importante per la fotografia nessuno dovrebbe scattare con Canon. Non dovrebbero vendere nessuna fotocamera e non ci dovrebbero essere tanti fotografi che le utilizzano e per giunta vincono importanti concorsi. Dico questo non perché io voglia ribaltare la realtà e sostenere che sia meglio avere un sensore più limitato nel recuperare foto sbagliate o per fare una sottospecie di HDR con un singolo scatto, ma solo per cercare di ridimensionare un po’ la corsa sfrenata alla massima prestazione possibile.

Non sto qui a dirvi cose banali che già sapete, tipo che la fotografia la fa prima di tutto il fotografo, ma di certo vi consiglio di dare al sensore il giusto peso insieme a tutto il resto. Valutatelo con attenzione, perché è giusto così, ma non trascurate tante altre cose altrettanto rilevanti come l’ergonomia, la messa a fuoco, la velocità operativa, la raffica, la longevità, le funzioni video, ecc..

Ho usato la RP con il solo 24-105mm f/4L del kit durante una piccola gita a Matera e nel buio dei sassi, illuminati solo da luci scenografiche sulle opere di Salvador Dalí, ho portato a casa anche scatti a 12800 ISO usabilissimi. Ovviamente non ci posso recuperare le ombre dure come fossero a 100 ISO, ma il punto è che non c’è bisogno di farlo. Dove invece ne ho avuto la necessità ci sono sempre riuscito senza problemi. Ci sono sensori che fanno di meglio ma la mia domanda/provocazione è: ci servono davvero?

In perfetta antitesi con l’ultima domanda ecco il classico test delle sensibilità realizzato in studio con luci controllate, analizzando sia i JPG salvati direttamente dalla fotocamera che i RAW sviluppati con Lightroom Classic riducendo a zero tutta la riduzione del rumore, sia quella sulla luminosità che sul colore.

Autonomia sul filo di lana

Nello sportellino inferiore della EOS RP si trova la classica Canon LP-E17 che equipaggia le reflex consumer della casa. Avrebbero potuto certamente fare lo sforzo di metterci la LP-E6, perché questa piccolina consente di fare massimo 250 scatti per carica secondo lo standard CIPA. Ad una stima iniziale mi era sembrato di poterne fare di più ma in realtà succede solo scattando in poco tempo e magari con qualche raffica. Durante un’escursione di circa 4h sono arrivato a soli 150 scatti prima di vedere la batteria ko, tenendo la fotocamera quasi sempre accesa ma in modalità di risparmio energetico (che spegne schermo e mirino dopo pochissimi secondi di inutilizzo).

Ho lavorato con lo scatto singolo e mi sono preso un minimo di tempo per inquadrare, come è giusto che sia. Per cui sì, l’autonomia è proprio tirata dai capelli. Con le riprese video sono riuscito a coprire 3h con piccole clip prima di saturare la batteria. Una piccola sessione di scatto si porta a casa, ma nelle gite fuori porta 2 batterie sono necessarie, 3 ci fanno stare più tranquilli. Gli unici aspetti positivi sono che le LP-E17 sono così diffuse che praticamente te le tirano dietro e che si può ricaricare via USB-C anche con un powerbank dotato di Power Delivery (ma il caricatore tradizionale è comunque incluso nella confezione, per fortuna).

Nessun backup, come prevedibile

Dal momento che la EOS R ha un solo slot di memoria, di certo non ci si poteva aspettare di vederne due sulla più economica RP. Inoltre sulla prima si poteva considerare una mancanza mentre su questa nuova entry level mi pare legittimo. Il secondo slot è qualcosa che chiedono i professionisti per giuste ragioni di sicurezza e non sono certo loro nel target di questa piccolina. Non mi piace tanto che la memoria sia nel vano inferiore insieme alla batteria, però apprezzo il supporto UHS-II per le schede più veloci che sono sempre più economiche.

Senza fili in fase di perfezionamento

Nella Canon EOS RP ci sono sia il Wi-Fi (n) che il Bluetooth integrati e il funzionamento lato fotocamera è davvero molto buono. Oltre al fatto che il menu è semplice e veloce, il touch aiuta moltissimo, ad esempio per digitare la password di una rete Wi-Fi. Si può infatti inserire la fotocamera nella stessa rete dello smartphone o del computer ed accedervi direttamente. L’app EOS Utility sul Mac la riconosce subito per il controllo remoto, addirittura questa si avvia da sola appena trova la fotocamera dopo le prime volte. Tuttavia il tempo di download di una foto con il RAW+JPG è lunghissimo. Intendo dire che è proprio inutilizzabile visto che si devono attendere circa 3 minuti per ricevere uno scatto.

Va decisamente meglio con lo smartphone o il tablet utilizzando l’app Camera Connect, anche se pure qui ci sono dei problemi. L’abbinamento è semplicissimo e guidato fin nei minimi dettagli, però se si vuole ottenere una sorta di controllo tether con revisione immediata delle foto si fa fatica. Lavorando con lo scatto remoto, le foto appena catturate si possono ingrandire quasi a schermo pieno ma con una risoluzione infima per cui si vedono i pixelloni giganti.

Attivando invece il trasferimento immediato si vede arrivare il JPG rapidamente sul tablet ma la foto rimane come miniatura nell’app e toccando il pulsante per aprirla è richiesta la disconnessione della fotocamera. Così sarebbe del tutto improponibile ma in realtà se si usa il task manager e si apre manualmente l’app Foto su iPad si può già accedere alle immagini ricevute. La connessione rimane anche attiva per un po’ in background, dunque si potrà rimanere lì e vedere apparire le successive foto automaticamente, ma ad un certo punto si dovrà rientrare dentro Camera Connect per far sì che possa riprendere a mandare le immagini. Probabilmente su Android non serve questo passaggio visto che le app autorizzate possono fare praticamente quello che vogliono in background. Comunque, anche se si fa un po’ di ping pong, ci si riesce a lavorare e il JPG si può ricevere a risoluzione piena (menu impostazioni, pag 5, Wi-Fi settings).

Riprese Vi…

Esatto, mancano davvero tre lettere alla parola Video. Mi sembrava il modo più diretto per far capire cosa succede registrando filmati in 4K con la EOS RP. In realtà il problema è lo stesso già visto in altre fotocamere dell’azienda, compresa la sorella maggiore EOS R. Attivando la registrazione in 4K (limitata a 25p) si introduce un severo crop dell’immagine misurabile in circa 1,75x. In pratica un 24mm, che di norma è un buon grandangolo, finisce per rendere più o meno come un normale (42mm ca.). La posizione ufficiale dell’azienda sull’argomento è piuttosto generica e la riassumerei in qualcosa tipo: vogliamo offrire la migliore qualità e attiveremo il 4K senza crop quando sarà possibile farlo senza controindicazioni. Certo ormai tutti gli altri lo fanno, dunque non si capisce quali potrebbero essere queste controindicazioni. Dopotutto parliamo di un’azienda che ha già cineprese 8K e che in termini di video e di color science non è seconda a nessuno. Ecco perché l’impressione più diffusa è che la limitazione sia basata su logiche di marketing per non danneggiare i prodotti della linea EOS Cinema.

La cosa sembrerebbe sensata considerando che una cinepresa come la C100 Mark II si limita al 1080p, però io credo che quel mercato sia molto diverso. Chi compra un prodotto simile sa bene che ha diversi vantaggi in termini di resa e comodità di utilizzo pur avendo risoluzione inferiore e sensore più piccolo, poiché le tecnologie in gioco sono sostanzialmente diverse. Tuttavia è l’unica spiegazione che appare sensata e dunque ci dobbiamo accontentare di questo 4K con un enorme crop, superiore persino a quello dell’APS-C. Inoltre a questa risoluzione la RP non può utilizzare il Dual Pixel CMOS AF per la messa a fuoco continua. È un peccato perché questo corpo così leggero, con lo schermo ribaltabile ed un ottimo AF, poteva avere una grande diffusione nel segmento sempre più vasto dei vlogger. Invece soprattutto questi avranno seri problemi ad autoinquadrarsi tenendo la fotocamera in mano o su un gimbal, perché per avere un grandangolo accettabile devono montare almeno un 14mm (che si trasforma più o meno in un 24mm). Resta sempre l’opzione del 1080p ma in questo mercato offrire ai propri follower un video in 4K viene universalmente considerato un plus.

La EOS RP registra comunque un buon FullHD a 25/50p con standard PAL che, anche senza bitrate molto elevati e il C-Log (presente sulla R) si fa apprezzare per la naturalezza delle riprese. Il panning la mette un po’ in crisi per via di un elevato roller shutter, ma per l’uso che se ne può fare la resa è soddisfacente. Manca la stabilizzazione sul sensore, che per ora non è contemplata nella linea EOS R, ma è presente quella digitale che si comporta in modo accettabile – anche se non ha sempre senso utilizzarla visto che introduce un crop e probabilmente si fa prima e meglio con un buon software di montaggio al computer. A parte l’utilizzo di eventuali sistemi esterni come i gimbal si può fare affidamento sulla stabilizzazione degli obiettivi, che è presente in buona parte dell’attuale lineup RF così come in quella EF. Sono ad esempio stabilizzati sia il nuovo 24-105mm f/4L del kit che l’interessante 35mm f/1,8 Macro. Tuttavia la resa sul campo basandosi solo sulla stabilizzazione ottica non è eccezionale, soprattutto se si gira a mano libera visto che la fotocamera è molto leggera ed è fin troppo facile introdurre del micromosso.

A fare la differenza per un uso casual ci pensa la messa a fuoco continua, che con il Dual Pixel CMOS AF è generalmente affidabile e non presenta continui balzelli fastidiosi da vedere. Tuttavia ogni tanto capita che non capisca bene cosa mettere a fuoco. Il video qui sopra è girato solo con AF continuo e un po’ mi ha fatto soffrire, per questo preferisco ancora un approccio diretto con quello manuale. Devo anche dire che nel video la gamma dinamica non eccelsa si nota, perché se non si becca perfettamente l’esposizione il rischio di trovarsi con aree prive di dettaglio è dietro l’angolo. Un altro limite è che salendo con gli ISO si perde parecchia spinta nei colori, che tendono ad appiattirsi. In sintesi ci sono poche impostazioni e alcuni indubbi limiti, ma se si preme rec si può stare tranquilli che qualcosa si porta a casa. Magari non sarà del girato fenomenale ma per il target della EOS RP credo che il vantaggio della semplicità operativa sia la cosa più importante.

EOS R a confronto

Per presentare una fotocamera apparentemente simile alla R ma con un prezzo di listino inferiore di circa 1000€, Canon ha necessariamente dovuto risparmiare su molte cose. In effetti l’unico vero vantaggio della RP è e rimane il prezzo, ma in alcuni casi la differenza non è neanche così marcata visto che è uscita più di recente e la R è già disponibile con sconti nei negozi di fotografia ed è ancora più economica acquistandola di importazione (ovviamente con dei limiti importanti per la garanzia e l’assenza di Canon Pass). Alcuni piccoli elementi a favore della RP si trovano nella funzione Focus Braketing e nell’intervallometro integrato, mentre per tutto il resto vince la EOS R.

Canon EOS RP vs R
Vantaggi
  • Più piccola e leggera (che può valere anche come contro…)
  • Più economica (basandosi sul listino)
  • Focus Braketing ed intervallometro integrati
Svantaggi
  • Sensore inferiore (26MP vs 30MP)
  • Mirino inferiore (2,36 milioni di punti vs 3,6)
  • Schermo inferiore (3″ con 1 milione di punti vs 3,15″ con 2 milioni di punti)
  • Corpo in plastica anziché in lega di magnesio
  • Autonomia inferiore (270 vs 570 scatti CIPA)
  • Otturatore massimo più lento (1/4000 vs 1/8000)
  • Meno aree AF (4779 vs 5655)
  • Non ha il touchpad sul retro (ma può non piacere, non è necessariamente un contro)
  • Non ha uscita video 4:2:2 10bit ma solo 8bit
  • Non ha il profilo video C-Log
  • Non ha TimeCode (e altre opzioni minori per il video)
  • Manca la tendina che protegge il sensore durante il cambio obiettivo
  • Manca il display LCD superiore
  • Raffica più lenta
  • Minori framerate disponibili in video (manca tra gli altri l’HD a 120fps)

Ciò però non significa che la RP non sia valida. Pur con le sue limitazioni è la mirrorless full-frame più economica del mercato e si fa usare con piacere. A livello operativo l’unica cosa che mi ha dato noia è che ci vogliono più di 2 secondi per vedere apparire sullo schermo la foto appena scattata. Io sono abituato a lavorare con la revisione attiva ed ho sofferto molto questa lentezza, ma va sottolineato che lo stesso identico problema c’è sulla R. Spero possano risolvere con un aggiornamento firmware in futuro, per ora il consiglio che vi posso dare è quello che mi hanno dato in Canon, ovvero di disattivare la revisione automatica e andare in play manualmente quando necessario. Per assurdo la fotocamera risponde più velocemente in questo modo.

Conclusione

Voto 3,5/5Si attendeva da tempo l’arrivo di Canon sul mercato con una mirrorless full-frame e forse non ci si aspettava che subito dopo ne sarebbe uscita una seconda, per giunta più economica. Molti utilizzatori di reflex del marchio non sentono più di tanto il richiamo delle senza specchio (ho avuto modo di parlare con diversi di questi nei vari eventi) e dunque l’azienda ha iniziato il suo percorso mirando alla fetta più ampia del mercato. E come potete immaginare non è quella della 1D X. Vi mentirei se vi dicessi che preferisco la RP alla R, eppure credo che questa piccolina possa diventare un modello chiave in uno o due anni. Almeno dal punto di vista commerciale. Secondo me può svolgere più o meno il ruolo delle vecchie reflex APS-C, introducendo nuovi fotografi al brand ed al sistema di ottiche RF, per poi invogliarli a fare un passo avanti nel corso tempo.

Come corpo di backup per utenti Canon ci può anche stare, ma tutto dipende dalla svalutazione che subirà la R. Questo perché io consiglierei la sorella maggiore anche a costo di spendere 4 o 500€ in più. Basandosi però sull’attuale listino, la RP è più economica e rende tollerabili i suoi svantaggi per gli amatori e gli appassionati. Bisogna infatti considerare che nel suo segmento di prezzo gli altri brand hanno solo APS-C o Micro Quattro Terzi. Certo ci sono prodotti eccellenti come la Fujifilm X-T3 che soggettivamente preferisco, ma il richiamo del full-frame si sente e se si è interessati al sistema Canon si potrà sempre fare l’upgrade del corpo più avanti, iniziando a mettere un piede nel nuovo innesto RF che vanta delle lenti incredibili.

La questione del parco obiettivi è fondamentale nella scelta di una fotocamera e Canon ha deciso di seguire un percorso di qualità ed innovazione fin dai primi passi. Ovviamente non si può comparare il sistema RF con quelli che esistono da tanti anni, però è innegabile che tutte le lenti presentate abbiano qualche elemento interessante. Il 24-105mm f/4L IS è standard ma ha una resa superiore a quello EF ed è più piccolo e leggero. Il 35mm f/1,8 Macro IS non costa tanto ma offre un’incredibile versatilità per la focale e le sue funzioni (peccato solo l’AF rumoroso). Il 50mm f/1.2L e l’85mm f/1,2L sono il sogno proibito di molti amatori ed una garanzia per i professionisti: costano un bel po’ ma in queste nuove edizioni offrono una nitidezza incredibile anche a tutta apertura sull’intero fotogramma, superando di gran lunga i precedenti per reflex. Poi c’è il 28-70mm f/2L che è il primo al mondo a mantenere questa luminosità su queste focali ed anche se risulta mastodontico può essere l’unico obiettivo per chi deve seguire eventi. Sono stai poi annunciati anche un 15-35mm f/2,8L IS ed il classico 24-70mm f/2,8L IS, oltre ad un 70-200mm f/2,8L IS così compatto da sembrare incredibile. Sempre nella roadmap 2019 è presente il 24-240mm f/4-6,3 IS, un tuttofare che è sempre gradito e potrebbe sposarsi bene con la RP nei viaggi. E chissà cosa ci aspetterà nel 2020.

Nel frattempo non bisogna dimenticare la possibilità di usare tutte le ottiche EF con l’adattatore, che per altro funziona molto bene. Io l’ho provato con il 50mm f/1,8 STM e devo dire che si fa apprezzare, ma potenzialmente si può iniziare ad acquistare anche il solo corpo riutilizzando le vecchie lenti (e nell’usato si trova di tutto ad ogni prezzo) per poi integrarsi con calma nel sistema RF. Insomma, gli aspetti positivi ci sono e a me non dispiace affatto questo nuovo inizio di Canon nel settore delle mirrorless full-frame. Per realizzare corpi più avanzati e completi c’è tempo e non aveva forse senso iniziare da lì senza un parco ottiche sufficientemente vasto (cosa che ad esempio si avverte come un limite sulle Lumis S1). Vediamo come andrà di qui in avanti ma nel frattempo non si può che apprezzare l’attenzione verso gli obiettivi che l’azienda sta dimostrando, ricordandoci che la fotografia non si basa sempre o solo sul sensore.

PRO
+ Corpo molto compatto e leggero
+ Robusta pur essendo rivestita in policarbonato
+ Ergonomia convincente
+ Buone prestazioni messa a fuoco con Eye AF anche continuo
+ Autofocus video molto efficace
+ Controllo semplice e completo
+ Connessioni wireless semplicissima
+ Audio in/out
+ Display completo articolato
+ Menu semplice e ben organizzato
+ Controllo touch screen molto ben sviluppato
+ Ricarica via USB-C
+ Raffica non veloce ma praticamente infinita grazie all’ottimo buffer
+ La più economica delle nuove mirrorless full-frame

CONTRO
- File RAW meno lavorabili rispetto alle concorrenti
- Raffica non molto veloce
- Crop esagerato nel video 4K
- Limitate opzioni video rispetto alle concorrenti
- Elevata presenza di rolling shutter nel video
- Autonomia ridotta
- Impostazione del bilanciamento del bianco personalizzato macchinosa

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.