Recensione Canon EOS R dal punto di vista di un fotografo abituato alle reflex

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Alcuni giorni fa Maurizio ha pubblicato la recensione della Canon EOS RP, mentre io ho acquistato il mese scorso una EOS R. Come fotografo professionale utilizzo reflex Canon da tanti anni e ormai la sento un po’ come la mia Casa, ma in qualità di appassionato e per la mia collaborazione con SaggiaMente, ho avuto e provato tantissime fotocamere diverse. Mi piacciono molto le Fujifilm, tant’è che era lì che mi stavo indirizzando nel lungo periodo di immobilismo di Canon avendo avuto una X-T1, apprezzo molto i corpi e le funzionalità delle Lumix Micro Quattro Terzi come la mia GH4, ma non nego che appena Canon ha presentato la sua prima mirrorless APS-C l’ho comprata. La EOS M1 era poco più di un esperimento e dopo poco tempo la sua lentezza, in particolare nell’AF, mi ha stancato. Ho preso anche la M3 per il tempo libero, ma aspettavo che arrivasse una full-frame. E così è stato. Al momento del lancio, nel 2018, ho come tutti visto le limitazioni che sulla carta inficiano questo corpo e dunque non è scattata la scintilla. Arrivando dalla 5D Mark III volevo fare un passo avanti e seppure il sensore della EOS R sia derivato dalla successiva Mark IV, c’erano diversi aspetti che non mi convincevano. Con il trascorrere dei mesi alcuni di questi li ho sentiti sempre meno importanti e sono rimasto colpito delle ottiche che l’azienda ha sfornato, dunque alla fine ho deciso di acquistarla. Questa recensione non sarà la classica in cui si analizza il corpo punto per punto, anche perché molte caratteristiche sono identiche a quelle della RP e le trovate già descritte abbondantemente nella recensione di Maurizio. Ciò di cui vorrei parlarvi è invece la mia esperienza lavorativa passando da reflex a mirrorless Canon.

Ergonomia ritrovata

Una delle cose che più temevo di perdere insieme allo specchio è l’ergonomia. Io ho mani grandi e con le reflex come la 5D mi trovo molto bene, anche se ovviamente ridurre il peso mi piacerebbe. Da questo punto di vista il lavoro di Canon è stato certamente lodevole, perché con un corpo più piccolo la EOS R si impugna ancora molto bene. Non poggio interamente il mignolo in basso ma rimane comunque sul corpo e non scivola giù, dunque nel complesso devo dirmi soddisfatto. In più la fotocamera è compatta ma si avverte robusta in mano perché è realizzata in lega di magnesio e tropicalizzata. Su quest’ultimo punto posso portare già un’esperienza diretta, in quanto durante un matrimonio in un giorno di pioggia la fotocamera ha preso davvero tanta acqua e ne è uscita alla perfezione, con tutto che la stavo utilizzando con l’adattatore RF/EF.

Portandola per diverse ore al collo il miglioramento nel peso si avverte, anche se molto dipende dall’obiettivo che si innesta. Io ho scelto di acquistarla solo con l’adattatore e attualmente come unica ottica RF nativa ho il 35mm f/1,8 IS Macro. Con questo montato l’insieme è leggerissimo e la qualità degli scatti è davvero elevata. Non è un obiettivo serie L e si nota sia per la costruzione che il motore AF rumoroso e meno veloce ma è piccolo, luminoso, stabilizzato e con messa a fuoco ravvicinata, il tutto ad un prezzo più che ragionevole.

Controlli nuovi a cui abituarsi

Potendo scegliere, non avrei cambiato più di tanto i controlli della mia 5D, perché sono completi e nel giusto numero. Per via del corpo più compatto – ma forse anche per la volontà di introdurre novità anche quando non servono – la EOS R non è altrettanto diretta. Ad esempio non c’è il joystick per la messa a fuoco, la ghiera dei modi non ha nessuna serigrafia (P, Tv, Av, M, ecc…) e mancano tutti i tasti diretti per la modifica del bilanciamento del bianco, ISO, metering, AF e velocità di scatto che sono abituato ad avere vicino al display superiore. Ovviamente nessuno di queste funzionalità è assente, ma sono state tutte più o meno ricollocate. Ci vuole un po’ per abituarsi, non lo posso negare, e anche oggi preferisco l’immediatezza della “vecchia scuola” per alcune cose, ma vediamo di capire come cambia l’operatività per grandi linee.

L’accensione è identica, con lo switch a sinistra che cambia aspetto (ed è più carino) ma si aziona nello stesso modo. La ghiera dei modi è stata spostata sulla destra, anche se in realtà ora è semplicemente un pulsante con la scritta “MODE”. Cliccandolo si può poi utilizzare la rotella dei parametri che ha intorno per passare tra le varie modalità di scatto, che verrano visualizzate con un carattere bello grande nello schermo superiore e contemporaneamente anche nel mirino e nel display principale, quindi da qualunque parte si guardi è sempre disponibile.

L’elemento più importante con cui prendere confidenza è il tasto M-fn, che rispetto quello della 5D guadagna molte più funzioni. In pratica sostituisce tutti i tasti che mancano in cima ed ha un comportamento simile a quello di un quick menu controllabile con le ghiere. Quando si clicca appaiono due righe di icone visibili ovunque (compreso il display superiore monocromatico). La riga inferiore mostra il parametro da modificare, che si sposta intuitivamente con la rotella posteriore, mentre il valore dello stesso è nella riga superiore e si controlla con la rotella frontale.

Di default offre l’accesso a ISO, metodo Drive, metodo AF, bilanciamento del bianco e compensazione dell’esposizione, ma i parametri si possono personalizzare dal menu. La confidenza con la EOS R è migliorata molto quando ho guadagnato una maggiore velocità e scioltezza nell’utilizzare il tasto M-fn ma non mi spingerei a considerarlo un miglioramento. Certo è usabile, ma i tasti dedicati ai singoli parametri lo sono di più.

Un altro cambiamento per me è stata l’assenza del joystick per spostare rapidamente il punto di messa a fuoco. Avrebbero sicuramente fatto meglio ad inserirlo in qualche modo, ma ci sono comunque diversi metodi per muoverlo. Quello a cui mi sono abituato più facilmente consiste nel cliccare sul pulsante posteriore dedicato proprio al punto AF (quello che in play attiva l’ingrandimento) e poi utilizzare la rotella superiore per spostarlo in orizzontale e quella posteriore in verticale. Non è altrettanto immediato rispetto al joystick ma dopo un po’ si viaggia abbastanza spediti. In alternativa è possibile utilizzare il touchscreen quando si inquadra con lo schermo, toccando il punto dove mettere a fuoco, oppure spostandolo in ogni direzione con lo scorrimento del pollice sempre sullo schermo mentre si utilizza il mirino. Questa opzione non è attiva di default ma si trova facilmente nei menu e ha diverse opzioni per evitare di attivarlo involontariamente col naso.

Importante novità della EOS R è la touch bar, di cui non avete già letto nella recensione della RP poiché lì non è presente. Questa può essere personalizzata nelle funzioni per controllare uno o più parametri e, visto che è sensibile al tocco, conviene attivare la funzionalità di blocco/sblocco manuale, che però richiede un passaggio in più prima di poterla utilizzare. Idealmente è simpatica ma onestamente non sono riuscito a farmela piacere. È certamente flessibile ma nel mio caso è rimasta inutilizzata. Non dico che sarà così per tutti ma la maggior parte dei fotografi con cui mi sono confrontato non la amano affatto. Forse sarebbe stato meglio sfruttare questo spazio per il famoso joystick AF che invece manca.

Ultimo elemento nuovo del sistema EOS R è la ghiera sugli obiettivi RF. È personalizzabile nella funzione, dunque si può usare per l’ISO, la compensazione d’esposizione, apertura, tempi o altro, assecondando la volontà del fotografo. Non essendo presente in passato non è un qualcosa che rappresenta di per sé un cambiamento nella modalità operativa ma offre una possibilità in più. La cosa più naturale potrebbe essere quella di controllarci la sensibilità, così da avere il terzo parametro sotto mano scattando in manuale. Tuttavia dipende molto dalle proprie abitudini perché scattando più di frequente con metodi a priorità potrebbe essere comoda per la compensazione o magari per modificare il bilanciamento del bianco. Non ho ancora capito se sia davvero utile, tuttavia mi sto impegnando ad utilizzarla e non è affatto male. Da notare che procede con piccoli scatti ma che non è facile spostarla accidentalmente visto che non è attiva finché non si tiene premuto il pulsante di scatto a metà corsa.

Dall’ottico all’elettronico

Per chi proviene da fotocamere reflex, uno dei punti di maggior dubbio è rappresentato dal mirino elettronico. Per me non è affatto una novità avendo utilizzato mirrorless fin dai primi anni della loro uscita, ma voglio provare brevemente a far capire cosa cambia per chi non lo sapesse. Senza lo specchio la luce che passa nell’obiettivo va sempre direttamente sul sensore, quindi non c’è possibilità di avere una visione ottica in tempo reale come quella che si ottiene nelle reflex grazie il pentaprisma. Quello che si vede avvicinando l’occhio al mirino è effettivamente un secondo display, più piccolo di quello principale con delle lenti che lo ingrandiscono e ci consentono di metterlo a fuoco grazie alla rotella per l’adeguamento delle diottrie. Nel caso della EOS R il pannello del mirino ha 3,69 milioni di punti ed un ingrandimento dello 0,76x.

La visione tramite schermo ha una serie di vantaggi e relativamente pochi svantaggi. Ovviamente questo considerando il livello qualitativo che si è raggiunto oggi, poiché in passato anche la risoluzione e la ridotta velocità di refresh rendevano l’esperienza d’uso infinitamente inferiore rispetto a quella di un mirino ottico. La prima cosa da sapere è che uno schermo offre molta più flessibilità, dunque è possibile personalizzare le informazioni visibili ed averne di più o di meno a seconda delle proprie preferenze. Uno dei vantaggi più evidenti però è un altro, ovvero che si ha l’anteprima in tempo reale dell’esposizione. Dunque non è più necessario controllare l’esposimetro per capire se una foto sarà sovra o sotto esposta, poiché si vedrà essenzialmente la resa dell’illuminazione prima ancora di premere il pulsante di scatto. L’esposimetro c’è comunque e volendo si può attivare anche un istogramma della luminosità, a conferma del fatto che si possono avere molte più informazioni utili.

Gli svantaggi di questo sistema non sono poi molti ma ci sono un paio di situazioni in cui si possono avvertire. La prima è che quando si scatta con poca luce l’occhio umano è ben più capace di adattarsi, mentre il mirino elettronico perde un po’ di qualità e diventa più lento. Inoltre se in queste condizioni si preme il pulsante di scatto a metà corsa per mettere a fuoco si può vedere una temporanea sovra illuminazione della scena per renderla più chiara ed aiutare l’AF. Non è un reale problema ma non è piacevole da vedere ed introduce un po’ di lag. La seconda si presenta a chi scatta in studio con luce flash, in quanto la scena con i parametri di scatto corretti sarà notevolmente sotto esposta finché le luci non scattano. Dunque si deve disattivare l’anteprima in tempo reale per poter avere una visione che non tenga conto dei dati impostati su tempo/apertura/ISO e ci mostra una scena chiaramente visibile sempre, in modo analogo a quanto farebbe un mirino ottico. Purtroppo questo passaggio non è automatico appena si collega un flash o un trigger, dunque ho dovuto mettere l’opzione nel my menu per poterla raggiungere in fretta tutte le volte che scatto in studio.

Articolazione dello schermo

Rispetto alla mia precedente reflex, che uso ancora in abbinata alla EOS R, una grande differenza risiede nello schermo articolato. A me non serve più di tanto il fatto che si ribalti, perché non ho necessità di fare selfie o cose simili, ma il fatto che si possa inclinare consente di realizzare scatti da angolazioni differenti con molta più semplicità. Ad esempio nei matrimoni durante i balli di gruppo riesco a fare delle foto dall’alto con le braccia tese avendo comunque un’idea del risultato, mentre con la reflex andavo alla cieca e dovevo fare tante prove prima di ottenere lo scatto giusto. La stessa cosa vale ovviamente anche per le foto dal basso e si rivela utile anche nei video.

Mi ha però colpito un passaggio della recensione di Maurizio sulla RP, quando parlando dello schermo ha scritto: “Con il tempo ho iniziato ad apprezzare alcuni vantaggi di praticità degli schermi che si inclinano solo in verticale”. In effetti c’è almeno una situazione in cui la cerniera laterale è più scomoda ed è quando si deve collegare qualche cavo negli sportellini laterali. A parte quello del microfono, che è molto alto e non si tocca mai, tutte le altre connessioni lo bloccano. A me succede quando scatto in studio in modalità tethering collegando la fotocamera al computer via USB, poiché se apro lo schermo poi non lo posso ruotare per vederlo dall’alto. E con questo tipo di cerniera non c’è un altro modo per farlo. Può sembrare una sciocchezza ma se ci si trova in questa esatta condizione è fastidioso, mentre un display che rimane al suo posto non è ovviamente in grado di offrire l’auto inquadratura ma se si può inclinare in alto e in basso non tocca le connessioni laterali.

Per il resto trovo questo schermo molto valido, sia per la diagonale da 3,2″ che per la resa colore e la buona risoluzione di 2,1 milioni di punti. Non uso sempre il touch screen, però devo confermare che in caso di necessità si rivela davvero comodo perché è molto reattivo, preciso e disponibile praticamente in tutte le aree del sistema, compreso il menu e il pratico quick menu che si attiva con il tasto al centro del pad direzionale.

Messa a fuoco 2.0 beta

Provando diverse fotocamere ho avuto modo di verificare la resa dei differenti metodi di messa a fuoco che vengono utilizzati nel mondo mirrorless. Canon ha realizzato il Dual Pixel CMOS AF, un sistema proprietario in cui sostanzialmente si replicano le funzionalità della ricerca di fase con pixel divisi sul sensore. Non entro nel dettaglio poiché se n’è già parlato più volte, ma voglio dirvi qualcosa della mia esperienza sul campo. La prima cosa positiva che si nota è che praticamente tutto il fotogramma può essere utilizzato per mettere a fuoco, offrendo molta più flessibilità e rendendo le inquadrature più semplici. Sempre nella colonnina dei pro rientra il fatto che incredibilmente la risposta dell’AF con obiettivi EF montati tramite l’adattatore è persino superiore a quella che avevo montandoli direttamente sulla 5D Mark III.

Tra le altre novità interessanti devo citare senza dubbio l’Eye AF, che riconosce automaticamente i volti delle persone e mette a fuoco sull’occhio più vicino. In generale ha una buona resa ed è davvero comodo in tantissime situazioni, tuttavia per passare dal volto all’occhio il soggetto deve essere relativamente vicino. Molto spesso non è un problema ma, quando si scatta con profondità di campo molto ridotte, mettere a fuoco genericamente sul volto può portare a risultati incerti. In questi casi, così come quando si voglia avere un controllo più diretto, il punto singolo è la modalità che preferisco e che tutto sommato si comporta meglio. Ce ne sono anche altre per aree, aree espanse, ecc.. ma si applicano a casi più limitati.

Sul tracking dei soggetti trovo invece che questa Canon non sia a livello delle dirette concorrenti. Le foto che si trovano effettivamente a fuoco dopo una raffica con inseguimento sono sotto la media e agendo sulle opzioni di personalizzazione non si ottengono comunque risultati al pari della 5D e delle rivali mirrorless più recenti. Probabilmente un problema è anche dovuto al fatto che nella raffica da 8fps lo schermo si oscura ripetutamente e in generale la velocità operativa della fotocamera non è al pari della 5D, anche solo quando si fa uno scatto e si attiva la revisione immediata, ci si accorge che trascorrono un paio di secondi prima di vederlo apparire a schermo.

Uso in studio / Flash

Una grande parte del mio lavoro è la fotografia in studio. Nell’arsenale ho sia dei flash classici da 500W (gli Elinchrom BRX500) che gli speedlite di Canon, oltre a quella via di mezzo rappresentata dal comodo Godox AD200 (al quale sto pensando di affiancare due Godox AD400). Questo per dire che uso spesso i flash, sia in TTL che in manuale, ed ho potuto provare anche varie combinazioni. Innanzitutto una nota di colore: sia la EOS R che la 5D Mark III hanno il tempo di sincronizzazione fisso a 1/200, ma l’otturatore della 5D deve essere “stanco” perché per una perfetta sincronia devo scendere a 1/160. Lavorare con i flash manuali in un ambiente controllato con la EOS R è semplice ma bisogna disattivare manualmente la simulazione continua dell’esposizione, come spiegato sopra parlando di mirino e schermo.

Sempre riprendendo alcuni dei punti già discussi, devo dire che con la EOS R posso permettermi angoli di ripresa prima difficili o impossibili con la 5D, inoltre posso realizzare un inseguimento più completo grazie all’ampia copertura dell’AF che mi è utilissimo durante “i salti” nella danza. Passando all’uso con TTL e anche in modalità HSS, il comportamento è simile ma non uguale. La macchina cerca di calcolare la luce a disposizione considerando anche i flash e se la luce senza flash non è sufficiente a visualizzare la composizione nel display, disattiva temporaneamente la simulazione dell’esposizione. Alla lunga ci si abitua a questo comportamento strano, ma questi continui cambi di “luminosità” nel display e nel mirino non sono piacevoli. In compenso c’è la possibilità di impostare il flash anche tramite il menu della fotocamera e sono onnipresenti le classiche opzioni: prima tendina, seconda tendina e HSS, oltre al controllo wireless, i gruppi e molto altro a seconda del flash collegato (cambia proprio la forma del menu). In studio uso molto lo scatto tether e quest’anno ho provato il software nativo di Canon sul mio MacBook attaccato ad una TV esterna. Il funzionamento con il cavo grazie all’interfaccia USB 3.1 di tipo C è veloce e senza nessun problema (vi suggerisco di acquistare questo cavetto che mi ha consigliato Maurizio e funziona molto bene). La questione è diversa quando si utilizza il Wi-Fi perché, nonostante tutto, la gestione dello scatto è ancora lenta e macchinosa. Utile forse più per sessioni di still life, dove però il cavo non dà troppo fastidio paradossalmente. In compenso ho apprezzato lo shooting tether con l’iPhone e l’iPad, dove le prestazioni sono degne di nota (anche perché non scarica l’immagine appena scattata) e ho potuto usarlo sul campo già in qualche occasione. Per la prima volta da quando provo le fotocamere, vedo che il Bluetooth è effettivamente utile perché l’app trova a primo colpo la fotocamera e riesce ad instaurare abbastanza rapidamente una connessione in Wi-Fi per usare il tethering vero e proprio. E sopratutto lo fa automaticamente, senza dover scegliere noi la rete wireless creata ad hoc dalla macchina fotografica.

Nuovi traguardi e nuovi limiti

La tecnologia nelle fotocamere digitali senza specchio ci offre numerosi spunti positivi e uno dei più importanti è che il ridotto tiraggio sta consentendo – e consentirà sempre di più in futuro –  di creare ottiche ben più performanti. In quest’ambito Canon ha già iniziato a dare dimostrazione di forza e devo ammettere che proprio il parco di obiettivi presentati e la qualità degli stessi mi ha dato l’ultima spinta necessaria per passare alla EOS R. Un’altra chicca esclusiva di questo corpo – che non troviamo neanche nella sorellina RP – è la tendina che protegge il sensore durante i cambi di ottica (che si attiva quando la fotocamera è spenta).

D’altro canto nelle mirrorless ci sono anche degli svantaggi e il più evidente di questi è la minor durata della batteria. È da apprezzare che Canon abbia mantenuto retrocompatibilità grazie alle LP-E6N, ma sulle mirrorless c’è sempre uno schermo attivo, che sia il mirino o il display posteriore, e il sensore è continuamente in funzione, ecco perché l’autonomia scende drasticamente. Rispetto alla 5D si fanno più o meno un terzo degli scatti con singola carica, anche se ovviamente dipende molto dal tipo di utilizzo.

Se ad esempio si tiene la fotocamera accesa per tante ore si consumerà comunque anche se si scattano solo un paio di foto. È un caso limite, ma è importante capire che i 370 scatti dichiarati dal CIPA per la EOS R sono solo indicativi. Comunque sia è una novità sgradevole a cui non ci si abitua facilmente e che ci obbliga sicuramente a dotarci di un paio di batterie di scorta. Devo però dire che, oltre a trovarsi facilmente quelle compatibili a prezzo valido, ne ho provate alcune di Patona che vengono perfettamente riconosciute dalla fotocamera, anche se all’atto pratico durano un po’ di meno delle originali.

Lo sportellino laterale per la memoria è comodo ed è chiaramente adatto ad ospitare le più moderne UHS-II, che aiutano a svuotare più rapidamente il buffer nelle raffiche. Lo svantaggio della EOS R più evidente e di cui molto si è discusso, è che possiede un unico slot. Molti fotografi non prendono neanche in considerazione l’idea di lavorare senza un backup e in generale sono sempre stato abituato così anche io. Soprattutto perché nella maggior parte dei casi seguo degli eventi non ripetibili, come i matrimoni, dove l’eventuale rottura di una scheda non è una cosa da prendere sotto gamba. Anche oggi, se mi soffermo a pensarci, la singola memoria nella EOS R mi mette un po’ d’ansia, però alla fine ho deciso di superarla. L’ho fatto pensando a diverse attenuanti, la primo delle quali è che le SD attuali non sono più quelle di un tempo e quelle buone è davvero difficile che si danneggino. Parlo di memorie come le SanDisk Extreme Pro, che la casa dichiara come impermeabili, resistenti ai raggi X, agli urti ed agli sbalzi di temperatura. Certo non sono indistruttibili, ma non sono neanche così scadenti come alcuni immaginano e non a caso vengono impiegate ormai anche in ambito professionale nelle medio formato o nelle cineprese. La seconda cosa che mi dà tranquillità è che lavoro sempre con due corpi, dunque è difficile che ci sia un momento della cerimonia che ho esclusivamente su una memoria. Infine ho l’abitudine di usare più schede di piccolo taglio che non una per tutto, in modo da limitare ulteriormente il rischio. E se proprio voglio stare ancora più tranquillo so di poter utilizzare uno strumento come quello recensito da Maurizio per fare una copia di backup al volo anche senza computer. Insomma due slot sono meglio, ma ho trovato il modo di convivere anche con uno.

La qualità che conosco

Arrivando da una Canon 5D Mark III la EOS R è stata un passo in avanti per la qualità d’immagine. Il suo sensore full-frame è infatti basato su quello della 5D Mark IV, che ha più risoluzione (30 MP), più gamma dinamica e minor rumore (soprattutto quando si aprono le ombre). Dirò forse qualcosa di impopolare, ma io già con la Mark III non è che abbia mai avuto problemi legati alla resa fotografica. Sono un appassionato di tecnologia oltre che di fotografia e seguo da vicino l’evoluzione di questo mercato, ma non sono uno di quelli per cui l’erba del vicino è sempre più verde. Il fatto che ci siano sensori tecnicamente migliori – perché ci sono – non lo vivo negativamente. La EOS R sforna degli ottimi file e mi dà la possibilità di post-produrre per quel tanto che mi serve. Inoltre apprezzo molto i colori di Canon che ritocco pochissimo e in un certo senso fanno ormai parte del mio modo di fare fotografie. So che questa disamina è tutt’altro che scientifica, ma se volete badare esclusivamente ai numeri posso già dirvelo io che attualmente tra le migliori nel segmento ci sono la Sony A7 III (recensione) e la Panasonic S1, però la prima non c’è verso di farmela piacere e la seconda è ancora agli inizi, con un parco di obiettivi davvero ristretto e poco appetibile.

Alcuni penseranno che sia illogico non puntare sul cavallo dato per vincente, ma da lavoratore autonomo ho imparato che la scelta degli “strumenti” non è una mera questione di matematica. Certo è un po’ un cliché che da fotografo Canon su reflex abbia atteso le mirrorless full-frame della stesa casa per fare il passo, dopo anni di tentazioni dal mondo Fujifilm, ma questa scelta mi dà molta più tranquillità, sia perché conosco il brand – e non ho mai avuto problemi con i suoi prodotti – sia perché non è facile buttare per aria tutto il parco di attrezzature su due piedi per un cambio radicale dall’oggi al domani. È complicato sia dal punto di vista economico che operativo, perché comunque ho uno studio fronte strada che deve continuare a garantire la sua operativa tutto l’anno.

E per chi fa video…

Rispetto la EOS RP la R ha qualche vantaggio anche in ambito video, come ad esempio il profilo C-Log, il TimeCode, l’uscita video 4:2:2 a 10bit, maggiori opzioni in termini di framerate. Rimane tuttavia l’enorme crop di circa 1,75x in 4K di cui ha parlato Maurizio. Entrambi i modelli dunque non brillano nell’attuale panorama ma per girare in FullHD con 25/50p va abbastanza bene. A fare parecchia differenza rispetto la RP è il C-Log, poiché offre dei file con più gamma dinamica ma non eccessivamente piatti e difficili da lavorare.

Chi utilizza le cineprese Canon sa di cosa parlo e per questi può essere anche un buono modo per avere del girato aggiuntivo da una seconda angolazione da aggiungere al montaggio principale, girato magari con una C100. Parte del pregio in ambito video è anche dovuto alla buona resa della messa a fuoco Dual Pixel CMOS AF, che è abbastanza intelligente nel capire cosa mettere a fuoco e lo fa con passaggi quasi sempre buoni. Non è perfetta ma ci permette di premere rec senza preoccuparsi di mettere a fuoco sapendo che alla fine, più o meno, se la caverà da sola.

Conclusione

Voto 4/5La Canon EOS R non è la fotocamera che avrei disegnato per me prospettando un passaggio alle mirrorless. Ma soprattutto non è che questo cambio fosse strettamente necessario. Tuttavia il mondo fotografico si sta spostando in blocco in questa direzione, e non è un caso. Con il nuovo ampio innesto ed il tiraggio ridotto, Canon ha dimostrato che anche obiettivi apparentemente banali come il 24-105mm F4L, oppure estremi come il 50mm F1,2L, possono essere migliorati. E neanche di poco! Non sono così convinto che alcuni cambiamenti attuati in questo corpo siano vantaggiosi, penso ad esempio alla touchbar, ma di certo nel neonato sistema EOS R c’è parecchio di buono. In un certo senso mi sono voluto adattare in questa fase, ma vedendo i diversi vantaggi delle senza specchio erano anni che meditavo di cambiare ed è stato decisamente meglio farlo rimanendo nel mio stesso ambiente. Quando Canon presenterà una fotocamera di classe superiore a questa probabilmente coglierò l’occasione per pensionare la 5D Mark III e, se dovesse esserci la necessità, aggiornare pure l’attuale R. Nel frattempo sto avendo la comodità di cambiare pur ritrovandomi a Casa, non soltanto perché conosco e trovo comodi i corpi, i menu e le logiche di funzionamento delle Canon, ma anche perché sto utilizzando gli stessi obiettivi di prima, potendo pianificare un passaggio completo su RF a piccoli passi, con spese programmate in base alle possibilità del momento e senza nel frattempo intaccare il mio lavoro. Se dovessi dare un consiglio a chi si trova nelle mie stesse condizioni di qualche mese fa, gli direi di fare lo stesso. Certo se la fotografia è un hobby ci si può permettere di sperimentare un po’ di più, si può rischiare di scoprire che una fotocamera eccellente sulla carta non ci piace da utilizzare, rivenderla e provare ancora, ma per chi ci lavora la stabilità, la sicurezza e la continuità sono dei valori da non sottovalutare. Continuo a provare diverse fotocamere e ci sono tante cose che mi attirano in altri brand, ma con la EOS R so di riuscire ad ottenere i risultati che voglio come voglio. Se trovi uno strumento che ti dà queste garanzie, non ha senso cercarne un altro. È molto meglio spendere le stesse energie per migliorare sé stessi.

PRO
+ Corpo compatto, robusto e abbastanza leggero
+ Ben tropicalizzata
+ Ergonomia convincente
+ Ottima copertura del frame con l’AF
+ Comodo Eye AF
+ Display superiore di stato
+ Mirino godibile
+ Autofocus video efficace
+ Display articolato e touch
+ Tendina di protezione sensore nel cambio obiettivo
+ Connessione wireless semplicissima
+ Audio in/out
+ Display completamente articolato
+ Menu semplice e ben organizzato
+ Controllo touch screen molto ben sviluppato
+ Ottima funzionalità dell’adattatore EF/RF
+ Parco lenti di questo sistema ancora compatto ma molto interessante
+ Ricarica via USB-C

CONTRO
- Un po’ lenta in alcune operazioni
- Crop esagerato nel video 4K
- Elevata presenza di rolling shutter nel video
- Autonomia non molto elevata
- Un solo slot di memoria

Massimiliano Latella

Guest Editor - Fotografo matrimonialista, suono il Basso e la tecnologia è il mio leitmotiv.