Recensione: Pentax K-1, tanta qualità al giusto prezzo con qualche compromesso

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Chiunque sia appassionato di fotografia conosce il nome Pentax. Quando iniziai a fotografare a pellicola scelsi Nikon, brand a cui sono rimasto legato anche nei primi periodi del digitale, e solo nel 2011 ho provato la mia prima Pentax – una K-5 – proprio nell’anno in cui l’azienda fu acquisita da Ricoh. Essendo io relativamente giovane rispetto a questo marchio, fondato in Giappone nel lontano 1919, non ho avuto modo di vivere in prima persona i suoi momenti migliori, ma basta leggere le prime righe su Wikipedia per scoprire che a lei si devono innovazioni come lo specchio a ritorno istantaneo, la misurazione esposimetrica spot, l’esposimetro TTL, l’esposizione automatica a priorità dei diaframmi, la reflex autofocus e il trattamento antiriflesso multistrato. Insomma, parliamo di una vera fucina tecnologica che ha contribuito attivamente a sviluppare lo standard di settore per le reflex e non di un nome tra i tanti. Col passaggio dalla pellicola al sensore, Pentax ha optato per il formato ridotto APS-C e vi è rimasta vincolata per diversi anni. Ha prodotto delle fotocamere eccellenti, come le K-7, K-5 e K-3, ma i suoi più affezionati utenti attendevano l’arrivo di una Full Frame. L’azienda ha contribuito a montare le aspettative promettendola già diversi anni fa e sembra che effettivamente la fase di progettazione sia durata moltissimo, perché solo nel 2016 è stata ufficialmente annunciata la Pentax K-1.

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Prima ho parlato di utenti affezionati al marchio, che non saranno tanti quanti quelli di Nikon e Canon (parlando di reflex, si intende) ma sono comunque numerosi, tuttavia l’intero settore attendeva l’arrivo di una Pentax Full Frame. I motivi sono semplici, persino superflui da sottolineare per chiunque abbia provato una fotocamera dell’azienda, in quanto sono realizzate in modo eccellente, offrono un’elevata qualità d’immagine e funzionalità uniche ad un prezzo mediamente inferiore alla concorrenza.

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Caratteristiche principali

L’ultima affermazione trova immediato riscontro nelle specifiche tecniche, che includono un sensore da 36MP senza filtro low-pass, sensibilità da 100 a 204.800 ISO, display da 3,2″ articolato, doppio slot SD, Wi-Fi e GPS. Al momento della sua presentazione era anche l’unica reflex full frame con stabilizzazione a 5 assi sul sensore. Da pochi giorni una simile tecnologia è stata implementata da Sony nella A99 II, anche se, a voler essere pignoli, quella non è una DSLR ma una DSLT (non avendo lo specchio tradizionale ma uno translucido). Tra le reflex full frame è anche raro vedere Wi-Fi e GPS insieme, entrambi mancanti nei modelli ad alta risoluzione come Nikon D810 e Canon 5Ds (ma presenti nella recente 5D Mark IV). La lista di buone caratteristiche continua con lo schermo articolato che, oltre a presentare un originale e insolito meccanismo, non si trova nelle dirette concorrenti. Anche qui si potrebbe trovare un’eccezione nella Sony A99 II appena presentata al Photokina 2016, mentre rimane certamente unica l’implementazione di luci LED per aiutare nel cambio scheda e obiettivo con poca luce. Sulla colonnina delle negatività ci metterei la messa a fuoco, che conta “solo” 33 punti mentre le rivali ne hanno minimo 51. Finora abbiamo solo parlato di specifiche sulla carta, andiamo a vedere come se l’è cavata sul campo.

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Corpo ed ergonomia

La prima cosa che stupisce è la dimensione: visibilmente più piccola rispetto Nikon D810 e Canon 5D, pur offrendo un grip ampio e comodo su cui poggiano tutte le dita. In mano colpisce la costruzione, al punto che l’aggettivo “robusta” sembra quasi riduttivo nei suoi confronti. È un vero carro armato di lega di magnesio, con tantissime guarnizioni per garantire resistenza a polvere, umidità e freddo. Inoltre pesa poco più di un Kg, mentre le dirette concorrenti sono leggermente al di sotto pur essendo più voluminose. Insomma, ha un peso specifico importante ma ben distribuito data la compattezza, e dà l’impressione di essere indistruttibile. Anche gli sportellini per memoria e batteria sono costruiti in modo eccellente.

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Display e mirino

Il display è una bella unità da 3,2″ con 1,23 milioni di punti, discretamente visibile alla luce del sole nella configurazione di base e perfettamente visibile salendo con la luminosità. L’originale sistema di articolazione non è perfetto – io continuo a preferire la classica cerniera laterale – ma è certamente una gradita aggiunta. Non si può ribaltare, non si può vedere frontalmente dai lati e in basso si inclina solo di 45°, tuttavia è sempre meglio dello schermo fisso che c’è nella maggior parte delle concorrenti.

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È infatti possibile avere una discreta visione da entrambi i lati e buona con la fotocamera sopra la testa, anche se la sua più grande utilità è il sollevamento verso l’alto. I 4 bracci diagonali consentono di avvicinare il display verso il fotografo e la cerniera superiore offre l’inclinazione di quasi 90°, riuscendo ad ottenere una visibilità perfetta quando la fotocamera si trova in basso. Una soluzione del genere è ottimale nella paesaggistica – ma anche per stil life o macro – perché consente di usare comodamente il Live View per impostare l’inquadratura, mentre chi usa modelli di marche concorrenti dovrà quasi certamente piegarsi o persino distendersi per terra.

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In cima troviamo anche un display LCD supplementare, che è insolitamente piccolo per la categoria di questa fotocamera. Vi entrano giusto i parametri di scatto principali, la batteria e la memoria in uso. Può essere un po’ deludente da questo punto di vista, ma a breve vedremo che lo spazio recuperato è stato sfruttato in modo davvero intelligente.

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La retroilluminazione di questo schermo si attiva con un pulsante dedicato posto di fianco ed è di un verde acceso, ben visibile anche in quelle condizioni di penombra in cui le delicate luci che troviamo nelle concorrenti faticano. Dal menu possiamo decidere di attivare con la pressione del medesimo tasto anche i LED nel vano memorie, vicino all’innesto dell’obiettivo e ai quattro lati del display, così da illuminare i controlli posteriori. Una piccola chicca che farà felici molti fotografi che operano in notturna.

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Il mirino è un pentaprisma abbastanza ampio, con copertura del 100% e ingrandimento dello 0,7x. Le informazioni visibili in basso sono abbastanza complete ed includono anche il formato di registrazione. Dal menu possiamo attivare o disattivare la visualizzazione di: griglia, livella elettronica, area lettura spot, area AF e punti AF.

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Controllo, impostazioni, menu

Quando si cambia fotocamera è facile sentirsi disorientati, almeno all’inizio, specie passando da un brand all’altro. Personalmente non mi capita più da diverso tempo, in quanto uso modelli diversi continuamente, ma è proprio per questo che noto abbastanza facilmente cosa funziona e cosa no. La Pentax K-1 è una di quelle fotocamere disseminate di tasti e ghiere, al punto che risulta difficile trovare anche un piccolo spazio vuoto sul corpo. Non nego che si possa far fatica a memorizzare tutto, ma qui è solo questione di abitudine. La cosa più importante è che vi è un accesso diretto praticamente per tutto.

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L’area posteriore ha un’impostazione piuttosto tradizionale, ma il layout è stato rivisto rispetto lo standard di Pentax, aggiungendo pulsanti e riposizionandone alcuni. Ad esempio il Play sta ora sulla destra e al suo posto troviamo un accesso rapido al Live View. Vista la presenza di tantissimi accessi diretti, sul pad direzionale a 4 vie notiamo una nuova e utile scorciatoia, che consente di modificare al volo la luminosità del display, mentre le altre 3 rimango le tradizionali per bilanciamento del bianco, metodo drive e profilo colore.

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L’area superiore è quella che comprende la caratteristica più bella e pratica della Pentax K-1 in termini di controllo. Oltre alle due tradizionali ghiere per i parametri – una sul fronte e una sul retro – ne troviamo una terza in alto a destra. Non è la prima volta che si vede una fotocamera con tre rotelle (Sony usava un bel sistema Tri-Nav alcuni anni fa), ma la cosa davvero comoda in questo caso è la presenza di una ulteriore ghiera fisica che ne determina il funzionamento. Questa si trova in cima, vicino al display superiore, e consente di selezionare davvero tantissime cose, dalla semplice compensazione di esposizione all’ISO, passando per bracketing, Wi-Fi, crop, stabilizzazione, ecc.. Inizialmente può sembrare un’esagerazione, dopotutto si poteva fare la stessa cosa con un semplice menu dalle impostazioni, ma dopo poco tempo si capisce che la grandissima utilità non è tanto quella di personalizzare il funzionamento della rotella, ma proprio il fatto di poterlo fare in tempo reale senza dover accedere al menu. Con un semplice movimento della ghiera di selezione, possiamo decidere di intervenire su ben 9 funzioni aggiuntive senza guardare il display. Alcune di queste sono potenzialmente dei duplicati, perché per ISO e compensazione di esposizione ci sono i tasti in alto da usare insieme alla ghiera posteriore, ma quando si deve intervenire spesso può far comodo averli anche in prima funzione.

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Al di sotto di questa ghiera si trova un selettore a due posizioni che consente di passare dalla modalità foto a quella video. È meno visibile rispetto a dove si trovava nella K-3, ma la leva è lunga e comoda da azionare con l’indice. L’accensione/spegnimento si effettua con un piccolo switch ad anello intorno al pulsante di scatto, soluzione tipica per Pentax e che ricorda anche le Nikon. Sulla sinistra vi è una torretta con i modi di scatto, la quale possiede un pulsante di blocco centrale che si deve tenere premuto mentre si ruota. Tuttavia ha un selettore alla base che, spostato sulla sinistra, annulla l’effetto del blocco e si può cambiare modo senza dover premere il pulsante. Anche qui una strategia flessibile ed originale.

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Abbiamo il modo automatico, cinque U personalizzabili, uno dedicato al sync flash, la posa bulb, quella manuale e tanti modi semi-automatici. Oltre ai classici P, A, S, M (che qui si chiamano Sv, Tv e Av) vi è l’utile TAv, nel quale il fotografo può scegliere tempo ed apertura mentre la fotocamera imposterà il valore di ISO. In questa condizione sarà anche possibile usare la compensazione di esposizione, che agirà solo sulla sensibilità. Davvero molto comodo.

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Quasi superfluo menzionare la qualità costruttiva e la precisa risposta di ogni tasto o ghiera, cose che da sempre contraddistinguono l’ottima produzione di Pentax. I controlli fisici non finiscono qui, perché è stato ricavato un altro spazio per loro a sinistra dell’obiettivo, scolpendo in modo intelligente il corpo. Qui vi è un selettore per AF/MF in basso e salendo i pulsanti per modo AF, RAW e blocco dei controlli (che va azionato insieme ad una rotazione della rotella posteriore). C’è davvero di tutto in questo piccolo corpo, anche un pulsante per attivare e disattivare il GPS sopra il mirino.

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Le pochissime cose che non hanno accesso diretto si trovano nel menu veloce, che appare con una singola pressione del pulsante “info”, mentre una seconda pressione modifica ciò che vediamo sullo schermo (informazioni base, complete, nessuna informazione). Al menu principale, invece, si dovrà accedere davvero di rado. Anzi, direi praticamente mai dopo il primo setup iniziale. Il menu è abbastanza semplice nella struttura, non bello ma abbastanza facile da navigare e con icone che aiutano a riconoscere le varie impostazioni, anche se purtroppo non vi sono spiegazioni dove servirebbero e si deve ricorrere al manuale. Mancano molte possibilità di personalizzazione rispetto altre fotocamere, ma è un difetto in gran parte colmato dalla grande quantità di controlli fisici. Nella pagina tre si trovano le opzioni per intervenire sull’immagine, che oltre ad effetti tradizionali, come i filtri, includono le funzionalità PixelShift e Astrotracer (di cui parleremo più avanti).

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AF – Messa a fuoco

Già guardando la scheda tecnica, i 33 punti AF della Pentax K-1 non fanno certo gridare al miracolo. Purtroppo anche la loro copertura del fotogramma è davvero minima, con una rosa che riempie circa 1/3 del sensore. 25 di questi sono a croce, compreso ovviamente quello centrale, che era l’elemento su cui nutrivo maggiori speranze. Pur avendo diverse opzioni per modificare il comportamento dell’AF per rilevamento di fase, non è infatti una fotocamera adatta per l’inseguimento dei soggetti e non è comoda neanche per impostare a priori un punto AF laterale, in quanto c’è poco spazio di manovra. Ma con un punto centrale molto efficiente si possono soddisfare tante tipologie di fotografi. L’area AF attiva si può impostare su 1, 9, 25 o 33 punti, i quali si illuminano di rosso quando si aggancia il fuoco (prima no e possono risultare invisibili con poca luce). Un altro aspetto negativo è che il tastino che consente di muovere il punto AF spot è piccolo e incassato (si trova subito sopra la freccia in alto del pad direzionale), per cui non è semplicissimo da premere in velocità.

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Velocità è la parola chiave quando si parla della messa a fuoco della Pentax K-1, ma in modo particolare per la sua assenza. Si riesce infatti a mettere a fuoco anche con poca luce, ma la risposta diventa incredibilmente lenta. In condizioni di illuminazione perfetta la resa è discreta, ma scordatevi di riuscire ad immortalare con semplicità situazioni in cui i soggetti siano dinamici. Anche fare una foto a mio figlio mentre gioca in casa è risultata essere una vera impresa. L’unico metodo che sembra abbastanza rapido è quello dell’AF-C su punto centrale, ma si adatta ad una limitata rosa di situazioni. L’esperienza con il tracking è stata deludente, con oltre l’80% delle foto fuori fuoco.

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Drive – Scatto continuo

La raffica è in qualche misura collegata all’efficienza della messa a fuoco e, di conseguenza, non era evidentemente una priorità nella K-1. Tuttavia supera – di pochissimo – i 4 scatti al secondo, che con 36MP non sono così pochi. Scattando in RAW+JPG le prestazioni sono comunque un po’ deludenti, con il buffer che tiene per circa 11 scatti prima di saturarsi e continuare ad un ritmo molto lento di 1fps con pause irregolari che arrivano anche a 2sec (testato con SanDisk Extreme Pro UHS-1 U3 64GB).

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C’è comunque molta flessibilità nell’impostazione del metodo di avanzamento, che si raggiunge con il pulsante in alto del pad direzionale. Troviamo infatti lo scatto singolo, raffiche con tre diverse velocità, autoscatto con personalizzazione di tempo e scatti, telecomando con ritardo e numero di esposizioni, bracketing, blocco specchio, esposizione multipla (di solito più nascosta quando presente) e intervallometro con diverse possibilità di scelta relativamente al ciclo, al numero di catture e al metodo di avvio (pulsante, timer, telecomando, ecc..). Il tempo di scatto più veloce garantito dall’otturatore meccanico è di 1/8000; dall’alto lato raggiungiamo i 30″, per andare oltre si usa la posa B.

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Metering – Esposizione

Con un sensore da 86.000 pixel RGB, la Pentax K-1 riesce quasi sempre ad esporre nel giusto modo. Il tasto in alto a sinistra, vicino a quello Live View, consente di cambiare rapidamente il metodo di valutazione, ruotando contemporaneamente la ghiera dei parametri posteriore. Data la buona efficienza e la facilità con cui si può compensare, io ho lavorato sempre con la modalità multi-zona, ma si può passare anche alla media ponderata al centro o alla valutazione spot in caso di necessità. Quando le alte luci o le ombre vanno in clipping, il sensore dimostra una elevata possibilità di recupero in post-produzione.

WB – Bilanciamento del bianco

Il bilanciamento del bianco si modifica con la freccia a sinistra del pad direzionale, mostrando a schermo un elenco di icone chiaro e molto ricco. Interessante la presenza di un bilanciamento del bianco “multiplo”, che interviene in modo selettivo su diverse aree del fotogramma, adattandosi alla presenza di sorgenti luminose varie. Onestamente non mi fa impazzire, anche perché lavora solo sui JPG che di base sono piuttosto morbidi, ma è certamente un’idea interessante.

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Per il resto abbiamo l’automatico “normale”, luce solare, ombra, nuvoloso, 4 tipi di fluorescenza, tungsteno, flash, CTE (Color Temperature Enhancement, dal dubbio risultato), 3 preset per il bilanciamento personalizzato (che si cattura al volo con il pulsante di scatto) e 3 preset per temperatura colore, da 2500 a 10000K con scatti di 100. Presente inoltre su quasi tutti la variazione della tinta. La risposta dell’automatico è mediamente buona, ma non gli si può chiedere troppo ovviamente.

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Flash

Nella Pentax K-1 non c’è un flash integrato, caratteristica comune a quasi tutte le reflex professionali. Oltre alla presenza della slitta superiore, c’è però anche la porta sync-flash alla sinistra del mirino. Le impostazioni flash sono un po’ nascoste e non sono tantissime, ma annoverano la compensazione da -2 a +1EV con scatti di 1/3, la riduzione occhi rossi e la sincronizzazione lenta o sulla seconda tendina.

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Il sensore full frame della Pentax K-1 offre 36MP ed è, presumibilmente, lo stesso presente nella Nikon D810. Non c’è il filtro low pass, ma è stata introdotta una funzione che lo simula grazie ad una microscopica vibrazione del sensore al momento dello scatto. Questa può essere impostata su due livelli a seconda delle necessità e consente di ottenere immagini prive di moiré in quelle situazioni in cui vi siano trame troppo sottili, e di avere il massimo del dettaglio in tutte le altre.

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Questa, come diverse altre caratteristiche della K-1, la inquadrano come una perfetta compagna di viaggio per i fotografi di paesaggio. Vista in quest’ottica, anche la carenza sul piano della messa a fuco diventa effettivamente meno rilevante. Altri vantaggi per questo genere di fotografia sono le luci LED disseminate sul corpo, lo schermo inclinabile e la funzione PixelShift. Questa effettua 4 scatti in rapida sequenza, spostando il sensore di un pixel alla volta, riuscendo ad ottenere informazioni cromatiche e di luminanza molto più precise. È necessario l’utilizzo di un treppiedi, ovviamente, ma può risultare molto utile sia nella paesaggistica che nello still-life o la macro per migliorare la nitidezza.

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Ricorda un po’ la soluzione adottata nelle recenti Olympus, ma trovo molto più indovinata l’idea di mantenere la medesima risoluzione nominale andando a completare le informazioni di ogni pixel con quelle adiacenti. I sensori con pattern Bayer soffrono infatti di questo difetto di approssimazione, dovuto al fatto che ogni pixel presenta un filtro rosso, blu o verde, riuscendo a catturare la luce solo in quello spettro cromatico. La risoluzione nominale, quindi, è in effetti ottenuta interpolando questi dati, ma non è realistica come quella che si otterrebbe catturando tutta la luce in ogni pixel (stile Sigma Foveon). Per questo motivo trovo che invece di mantenere questi difetti di base aumentando la risoluzione del file (cosa che fa Olympus), è più interessante l’approccio di Pentax, che sfrutta le informazioni in più non per gonfiare i MP ma per raggiungere una qualità migliore. E il risultato è davvero strepitoso.

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I movimenti del sensore, lo avrete capito, sono un elemento rilevante per le svariate funzioni presenti nella Pentax K-1 e sono una diretta conseguenza della stabilizzazione Shake Reduction di seconda generazione. Questa offre un guadagno di circa 5 stop (secondo lo standard CIPA) e la cosa bella è che è applicabile a qualsiasi ottica. Certo la sua efficacia si ridurrà con l’aumento della lunghezza focale, ma, ancora una volta, non è questa la fotocamera ideale per la caccia fotografica o lo sport (dove tipicamente si usano super tele). Sempre grazie ai movimenti del sensore, uniti alle informazioni del GPS, abbiamo la funzione ASTROTRACER, ulteriore chicca destinata agli appassionati di paesaggistica e di astrofotografia. Il suo scopo è quello di eliminare l’effetto scia delle stelle dovuto alla rotazione terrestre che si presenta nelle lunghe esposizioni, il tutto muovendo in direzione opposta il sensore.

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Il test di DxOMark è stato superato divinamente, ottenendo uno score di 96 punti ed una gamma dinamica ben sopra i 14 stop. È più o meno pari livello con la Nikon D810, mentre la Canon 5Ds R, altra rivale diretta tra le reflex ad alta risoluzione, si trova più giù. Effettivamente gli scatti denotano una eccellente capacità di mantenere informazioni sia nelle alte luci che nelle ombre. Non solo andando a recuperare sul RAW, ma già direttamente sul JPG (che però tende ad essere un po’ morbido).

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Per quanto riguarda la resa ad alti ISO, ci troviamo di fronte ad una delle migliori risposte del suo segmento, riuscendo a mantenere tantissime informazioni ed una buona gamma dinamica anche a sensibilità elevate. Ho trovato possibile utilizzare addirittura i 12800 ISO in stampe medie: non saranno nitidissimi ma reggono bene. Di seguito vi propongo il nostro classico test con luce controllata su tutta la gamma ISO, ricordandovi che nei RAW è stata eliminata completamente la riduzione del rumore, sia di luminanza che di crominanza, così da vedere il dato grezzo quanto più realistico possibile. Ritengo che gli ultimi step, da 102400 e 204800 ISO, siano sostanzialmente inutili e prettamente di facciata, ma se andiamo a vedere la resa nel range tipico di utilizzo, la Pentax K-1 è tra le cinque migliori full frame del mercato.

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Mi preme aggiungere anche una considerazione importante riguardo gli obiettivi per questa fotocamera, argomento che ritengo incredibilmente determinante nella valutazione complessiva. Allo stato attuale ci troviamo con solo tre lenti full frame di concezione moderna dedicate a questo corpo, ovvero i Pentax-D FA 15-30 f/2,8, il 24-70 f/2,8, il 70-200 f/2,8 ed il 150-400 f/4,5-5,6. Per molti fotografi potrebbero essere sufficienti, ma è spiacevole non avere buone alternative in termini di focale/apertura/prezzo, nonché l’assenza di quella vasta offerta di fissi luminosi che troviamo negli altri sistemi. Essendo compatibile con l’innesto K, però, si potranno anche ripescare gli obiettivi FA per pellicola. Utilissimo se si posseggono già, ma comprarli oggi non so quanto sia ragionevole visto che non sono moderni dal punto di vista strutturale, non hanno un auto-focus rapido e non sono pensati per il digitale. Tra le possibilità più concrete, va citata la compatibilità con le ottiche DA, relative alle reflex APS-C digitali della casa. Scattando in modalità crop si otterranno foto da 15MP, ma alcune di queste offrono una copertura maggiore. Ad esempio il DA 50mm f/1,8, il DA 35mm f/2,4 ed alcuni altri, si possono adoperare a pieno formato chiudendo di uno stop, mentre la maggior parte dei tele, come il DA 200mm f/2,8 SDM o il 300mm f/4 SDM, illuminano l’intero sensore full frame. Il punto è che qualche obiettivo si trova anche, ma siamo infinitamente al di sotto rispetto all’offerta per Canon, Nikon e, direi, anche Sony. Non c’è dubbio che diversi obiettivi Pentax siano davvero di ottima qualità, ma i prezzi rimangono elevati e c’è davvero pochissima varietà al momento. Novità interessanti sono comunque previste nel 2017 secondo la roadmap dell’azienda (grazie a Maurizio per la segnalazione).

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Vi lascio qualche immagine di prova, molte delle quali sono JPG non lavorati.

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Connessioni, memoria, batteria

Le connessioni sono quasi tutte nell’area sinistra delle fotocamera, iniziando con audio in e out in formato mini jack, nascosti sotto due piccole coperture in gomma separate, una per ognuno. Uno sportellino più grande, nella zona bassa, include invece la porta USB, quella micro HDMI ed una supplementare per l’alimentazione diretta. Essendo di gomma e molto spessi, sono ottimi per proteggere da infiltrazioni, però sono un po’ difficili da richiudere una volta aperti.

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Lo sportellino per le memorie si trova sulla destra, ed include due slot SD con compatibilità UHS-1. Come già anticipato, qui vi è illuminazione LED che consente di effettuare un cambio scheda comodo anche al buio. Poco al di sotto si trova la porta per il telecomando con filo.

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In basso abbiamo il vano batteria, in cui si inserisce la D-LI 90 con 1860mAh e 14Wh. L’autonomia è di circa 760 scatti secondo lo standard CIPA, ma se ne possono fare anche di più limitando l’uso del display, specie con la raffica. Per chi ne avesse bisogno c’è anche il battery grip, comodo per l’impugnatura verticale così come per l’alimentazione supplementare. Quello ricevuto in prova aveva lo slot per 6 comuni batterie AA, economiche e di facile reperimento. Una cosa che non mi è piaciuta è l’aggressività del sistema di risparmio energetico, sia perché interviene fin troppo rapidamente, sia perché la fotocamera impiega un tempo piuttosto lungo per risvegliarsi e può capitare di perdersi qualche scatto fugace.

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Per quanto riguarda la connessione wireless, l’attivazione è molto semplice usando la ghiera personalizzabile in cima, ma l’operatività è mediocre. Ci si deve per forza agganciare alla rete della fotocamera, la cui password si trova nel menu principale. L’app di controllo spesso non mostra l’anteprima Live View (bisogna provare e riprovare) e, inoltre, non si può ruotare in orizzontale. I parametri principali di controllo ci sono – tempo, apertura, ISO – ma non c’è nient’altro di utile. Non si può scattare a raffica, non si possono girare video e anche il sistema di visualizzazione delle foto è lento, macchinoso e con poche funzioni. Risulta difficile persino salvare una foto sullo smartphone o condividerla.

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Video

In Live View la messa a fuoco per contrasto vacilla. Non è la più lenta in assoluto, ma le Canon con Dual Pixel CMOS AF rimangono irraggiungibili dalle reflex concorrenti. Ovviamente anche l’AF continuo nel video risulta inaffidabile, ma la qualità del girato non è propio scadente. La K-1 non sarà certamente tra le prime candidate per un videomaker, ma ha alcuni aspetti positivi in tal senso, tra cui la stabilizzazione a 5 assi sul sensore. Troviamo anche il focus peaking e la possibilità di registrare in FullHD a 50/60i o 24/25/30p, anche se il bitrate e la codifica non sono all’altezza delle dirette concorrenti. Da sottolineare che in modalità manuale possiamo intervenire su tempo/apertura/ISO direttamente con le tre ghiere, anche durante la registrazione. Il cambio apertura è un po’ troppo evidente e rumoroso sugli obiettivi provati, ma, ripeto, non è un modello nato con una spiccata vocazione video, pur avendo comunque ingresso ed uscita audio per usare microfono e cuffie esterni.

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Conclusione

Dopo una lunghissima attesa, l’arrivo di Pentax nel mondo delle full frame digitali si è concretizzato in un modello dalle indubbie qualità. La K-1 non è una outsider solo di nome, ma anche di sostanza. Propone soluzioni originali, alcune volte persino uniche, basando il tutto su un sensore di ottima qualità, un corpo eccellente ed un prezzo onesto. Nel frattempo abbiamo assistito al boom delle mirrorless di Sony ed alla nascita delle reflex full frame economiche di Canon e Nikon, tutte cose che inevitabilmente fanno perdere appeal alla Pentax K-1 dal punto di vista commerciale. La sensazione, insomma, è che la voglia di stupire con un modello ricco di funzionalità, abbia portato ad attendere un po’ troppo. Ciò non toglie che con 36MP di risoluzione ed una eccellente gamma dinamica, la proposta per i fotografi di paesaggio risulti davvero allettante. Le carenze lato AF ci sono, inutile negarlo, per cui la sconsiglierei per il reportage e sicuramente anche per lo sport, ma se potete prendervi il giusto tempo per scattare, allora i file ottenuti vi stupiranno. Inoltre tra le altre reflex ad alta risoluzione è l’unica con schermo inclinabile, l’unica con stabilizzazione sul sensore a 5 assi, l’unica con luci LED notturne e le varie funzioni come PixelShift e ASTROTRACER. Ad aggiungere un po’ di pepe ci si mette anche il prezzo interessante, che in Italia è di circa 2000€, per cui un po’ al di sotto di D810 e molto più economico della 5Ds R. Ritorna però qui il problema degli obiettivi, perché se consideriamo la poca scelta e i prezzi mediamente elevati, va a finire che anche la più costosa Canon con un parco ottiche nutrito, risulti quasi paritetica. Specie se scegliamo le lenti nell’usato, dove non troveremo le Pentax-D FA. Addirittura la Nikon può essere più economica se montiamo obiettivi di terze parti di Tamron con focali e aperture equivalenti ai nuovi Pentax. Ciò non toglie, però, che la Pentax K-1 abbia dei vantaggi intrinseci per alcuni generi fotografici, ragioni per cui si può comunque preferirla. Sarà come vivere in un micro-ambiente, del quale per altro non si può conoscerne il futuro, ma la qualità c’è tutta ed è anche al giusto prezzo. È quindi una scelta concreta per paesaggisti, fotografi di still life o macro, nonché tutti gli attuali utenti Pentax APS-C (o su analogico) in cerca di un upgrade sostanzioso.

PRO
+ Corpo molto robusto e tropicalizzato
+ Più compatta delle dirette rivali ma altrettanto comoda
+ Ottimo sistema di controllo con ghiera personalizzabile
+ Originale display orientabile (molto più pratico di uno fisso)
+ Ottimo sensore con alta risoluzione e senza filtro low pass
+ Possibilità di simulare il filtro anti-aliasing
+ Eccellente resa ad alti ISO
+ Stabilizzazione a 5 assi sul sensore
+ Funzioni PixelShift, Astrotracer, correzione orizzonte
+ Wi-Fi e GPS inclusi
+ Può montare tutte le lenti con innesto K
+ Prezzo interessante

CONTRO
- AF lento e con ridotta copertura del frame
- Pochi obiettivi moderni compatibili
- Qualità medio-bassa dei video
- Pochissime possibilità di personalizzazione dei controlli
- Scarsa implementazione del controllo via Wi-Fi

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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