Recensione MacBook Air M3: test completi di tutte le configurazioni e consigli su quella da scegliere

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La terza generazione di Apple Silicon è sbarcata prima di tutto sui MacBook Pro e già direttamente con le versioni M3, M3 Pro ed M3 Max. Un cambiamento rispetto al passato, in cui si partiva sempre dalle linee inferiori. Ho già recensito il MacBook Pro M3 di fine 2023, il quale rappresenta un connubio inedito tra prestazioni base e caratteristiche avanzate, visto che condivide schermo, audio, porte e tutto il resto con i modelli superiori. Il MacBook Air ha dovuto attendere il 2024 per ottenere lo stesso chip, tuttavia rimane un aggiornamento minore. Il design era stato già rinnovato nel passaggio ad M2, dunque le novità sono relativamente poche. Nello specifico si possono riassumere così:

  • chip M3 più veloce e con grafica che supporta ray-tracing e mesh shading
  • nuovo processo di anodizzazione per la colorazione mezzanotte (dovrebbe trattenere meno le ditate)
  • modulo Wi-Fi 6E (prima era 6)
  • supporto per 2 schermi esterni a coperchio chiuso (ovvero con quello interno spento)
  • nuove varianti con 16GB di RAM pre-configurate
  • storage più veloce nel modello base

L’iconico design a cuneo, che aveva contraddistinto da sempre il MacBook Air, è andato perso già nella generazione precedente. Apple ha deciso di usare forme più squadrate con M2 e le ritroviamo identiche con M3. I vantaggi derivano principalmente dalla migliore organizzazione interna, che ha portato ad avere più spazio per la batteria sul davanti e anche lateralmente, dove, oltre alle due porte USB-C/Thunderbolt, è stata aggiunta la MagSafe destinata alla ricarica.

Quest’ultima non è strettamente necessaria, nel senso che si può ancora caricare via USB-C, ma il cavo magnetico ha il vantaggio di non rimanere attaccato se lo strattoniamo per errore, salvaguardando il computer da cadute accidentali. Inoltre, il cavo in questione è realizzato in modo eccellente, con filo intrecciato anti-aggrovigliamento e spina MagSafe in metallo.

Solo il modello base da 13″ dispone di un alimentatore da 30W a singola porta, mentre i modelli superiori (compresi tutti i 15″), hanno quello da 35W a doppia porta. Va detto che questi modelli supporterebbero anche la ricarica rapida, ma, per ottenerla, serve l’alimentatore da 70W che si può scegliere in opzione gratuita al posto di quello da 35W con doppia porta (solo sul modello base richiede 20€ in più, poiché quello parte dal 30W singola porta). Secondo me si doveva semplificare tutta questa situazione, offrendo di base e per tutti il più pratico alimentatore da 70W, che carica la batteria del MacBook Air da zero al 50% in soli 30 minuti. Personalmente la reputo la scelta migliore per un computer che nasce per vivere più tempo possibile lontano da una presa di corrente.

A pari prezzo, in tutti i modelli sopra il 13″ base, si può avere l’alimentatore da 70W con ricarica rapida

Col cambio di design (rispetto la versione M1) è arrivata una vistosa riduzione della cornice intorno al display, che ha portato il modello piccolo ad aumentare da 13,3″ a 13,6″ (che sono 7,6mm in più sulla diagonale). Inoltre, Apple ha introdotto più tardi anche la versione da 15″, che tecnicamente ha uno schermo da 15,3″. Entrambe hanno il notch nella parte alta, che le allinea visivamente ai MacBook Pro.

Con il passaggio ad M3 gli schermi non cambiano, mantenendo la tecnologia IPS e la risoluzione di 2560×1664 pixel nel 13,6″ e 2880×1864 pixel in quello da 15,3″. Sono invariate anche la frequenza di refresh da 60Hz e luminosità massima di 500 nit (ampiamente adeguata per l’uso tipico del computer), nonché il supporto per la gamma cromatica P3 e la tecnologia True Tone, che adatta la temperatura dello schermo per renderlo piacevole alla vista anche in ambienti poco illuminati.

Per quanto il display non abbia caratteristiche di grido, come ProMotion o mini-LED che troviamo sui modelli Pro, rimane assolutamente valido nella resa ed ha una taratura colore di fabbrica molto efficace, oltre che una retro-illuminazione particolarmente uniforme. Inoltre, lo schermo lucido aumenta positivamente il contrasto, e il trattamento della superficie riduce notevolmente (ma non del tutto) i riflessi. Insomma, a parte l’assenza del nero assoluto in ambienti bui, è uno schermo assolutamente piacevole da usare e che offre la possibilità di gestire anche foto e video in modo adeguato.

A livello di prestazioni, Geekbench 6 vede il MacBook Air base con M3 e 8GB leggermente sotto al MacBook Pro con M3 e 8GB, ma la versione con 16GB dell’Air riesce a spuntare qualcosa in più in multi-core. Tuttavia, si tratta di differenze minime nella media, che non modificano il suo posizionamento all’interno della scala complessiva di valori registrati per tutti i modelli finora usciti.

Una differenza più rilevante si nota quando la CPU viene messa sotto stress per un tempo più lungo, poiché la presenza di una ventola nel MacBook Pro gli conferisce un vantaggio concreto rispetto gli Air. Cinebench 2024 in multi-core, eseguito per 20 minuti consecutivi sull’Air 13″, porta il processore a salire rapidamente sopra i 95°, facendo scendere la frequenza operativa dei core ad alte prestazioni dal massimo di 3,7GHz ad un minimo di 2,58GHz, con una media di 2,98GHz durante l’intera sequenza di 20 min.

Il MacBook Air da 15″ ha più spazio interno e questo ha un impatto positivo sulla dissipazione. Non a caso mantiene una media di 3,13GHz nei core ad alte prestazioni durante lo stesso test, quindi 0,55GHz in più. Questo modello tende ad utilizzare un po’ meno i core di efficienza, infatti vedremo che ha un consumo tendenzialmente superiore sotto carico.

Le temperature di esercizio rimangono sostanzialmente le stesse, con una massima che tocca un picco di 117°, esattamente come avviene sul modello più piccolo. Esternamente non ci sono ripercussioni evidenti sul case che, nelle aree che l’utente tocca, va da fresco a tiepido nella zona alta.

Il modello con 16GB riesce a portare a casa dei risultati solo leggermente migliori rispetto a quello da 8GB, ma l’assenza di areazione rimane comunque un limite nei test a massimo carico. Difatti il MacBook Pro con M3 8GB riesce a fare decisamente meglio nella prova di 20 minuti in multi-core con Cinebench 2024.

Molti di voi ricorderanno che i modelli base di M2 con 256GB utilizzavano una singola NAND di memoria, portando le prestazioni al di sotto di quelle registrate con M1, che ne aveva 2 da 128GB. La scelta di Apple è stata aspramente criticata da tutto il settore tecnologico, e a giusta ragione direi, così è stato fatto un passo indietro con M3, riportando la doppia NAND anche nel modello base. Rimane oggettivamente poco il quantitativo di 256GB ed è ancora peggio se si considera che passare a 512GB costa ben 230€, quando chiunque può vedere quanto sia più basso il costo di un disco con queste caratteristiche. Ragioneremo più avanti sul prezzo degli upgrade, intanto constatiamo il fatto che il disco sia effettivamente più veloce rispetto quello di M2, ma ancora un po’ più lento in scrittura nei confronti di quello presente su M1.

Per quanto riguarda la componente grafica, solo il modello base da 13″ dispone di 8-core, mentre i superiori (compresi tutti i 15″) hanno 10-core. Dal momento che io ho la base del 15″ e la top del 13″, non ho potuto provare la resa con i 2-core in meno, ma non aspettatevi differenze importanti.

Iniziando da Geekbench 6 Compute, questo ci dà un’idea di massima di dove si posiziona la GPU di M3 rispetto agli altri. Non si tratta di una prova stressante per la macchina, difatti i risultati sono praticamente identici tra Pro ed Air, anche se quest’ultimo non dispone di areazione attiva.

Sia il MacBook Pro 14″ che il MacBook Air 15″ con M3 e 8GB di Memoria Unificata hanno problemi

Una prova più impegnativa è quella con Blender Benchmark eseguito sulla GPU. Prova che il MacBook Pro M3 base non è proprio riuscito a superare, andando in crash. Se ricordate, nella mia recensione di quella macchina ho detto più volte che la mia impressione fosse che gli 8GB di Memoria Unificata rappresentassero un collo di bottiglia per M3. Ebbene, ora ne abbiamo una prima prova concreta ed inequivocabile: il MacBook Air 15″ con M3 8GB va ugualmente in crash, esattamente come il Pro con le stesse specifiche, mentre l’Air 13″ con 16GB porta a termine la prova senza problemi.

Questo test è molto interessante anche perché dimostra i passi avanti fatti da Apple sul fronte GPU negli ultimi anni. Pensate che questo M3 con 10-core GPU e 16GB arriva a prestazioni comparabili con quelle di un M1 Max da 32-core GPU e 32GB. Ovviamente questo non significa che si possa fare un confronto 1:1, perché in altri ambiti la GPU del Max spinge di più e l’areazione lo aiuta molto, ma siamo comunque di fronte ad un bel traguardo.

Il modello base con 8GB si può comunque utilizzare su Blender, anche se avrà prestazioni inferiori sia nella navigazione tra i modelli che per il rendering. Questa seconda parte è comunque più allineata, difatti nel rendering del progetto Monster Under the Bed la versione da 16GB e quella da 8GB hanno avuto tempi del tutto confrontabili.

Il MacBook Air è un computer che va acquistato principalmente per uso semplice, come produttività da ufficio e fruizione multimediale. Da questo punto di vista già la versione M1 soddisfa ampiamente i requisiti e lo fa ancora oggi, a distanza di quasi 4 anni dalla sua uscita (novembre 2020). In realtà è stato il primo Air ad offrire prestazioni abbondanti da quel punto di vista, consentendo anche di lavorare in ambiti quali programmazione, fotografia, audio ed altri. Ogni nuova versione alza di più l’asticella, ma l’assenza di areazione rimane uno spartiacque netto da considerare.

Ad esempio, con questi modelli di computer è anche possibile fare del montaggio video saltuario in 4K, ma se questa è un’attività primaria ci si deve orientare sui modelli Pro. Stesso discorso vale per la fotografia: con le versioni Air ci si lavora, specialmente se dotate di 16GB di Memoria Unificata, però quando si lavora su tanti file quotidianamente si perde un bel po’ di tempo rispetto i Pro con areazione. Tutto dipende dalla frequenza e durata delle attività più impegnative.

Un esempio evidente di questa differenza ce lo mostra lo stress test 3DMark Wildlife Extreme, dove le prestazioni nei cicli successivi al primo vanno via via a scendere fino al ventesimo, ma con perdita pressoché ininfluente sul Pro 14″ dotato di areazione. Passando agli Air senza ventola, il 15″ porta a casa un risultato peggiore, ma comunque superiore a quello del 13″, dove la stabilità nel tempo è minata dal minor spazio interno al case per dissipare il calore.

il MacBook Air si sceglie per silenziosità, leggerezza, portabilità e autonomia

Faccio una piccola parentesi riguardo al gaming, anche se andrò sostanzialmente a ribadire alcune ovvietà. Un computer come il MacBook Air M3 riesce tranquillamente a far girare tutti i titoli arcade tipici del Mac App Store, soprattutto se consideriamo quelli che sono condivisi da iOS e iPadOS dove le prestazioni generali sono inferiori e manca comunque un’areazione attiva.

In realtà, il nuovo Apple M3 offre la possibilità di fare qualcosa in più, in particolare grazie all’aggiunta di accelerazione hardware per ray-tracing e mesh shading. Avere questa ottimizzazione che scarica la GPU dal calcolo grezzo, significa ottenere una qualità migliore (dove supportato) e prestazioni superiori. Un esempio concreto lo vediamo con il benchmark 3DMark Solar Bay, dove lo score risulta particolarmente elevato.

Per quanto riguarda i titoli emulati a partire dal codice x86-64 non siamo ancora messi bene, serve M3 Max per portare a casa risultati degni di nota (qui la recensione). Per i giochi nativi Apple Silicon, invece, già M3 base se la cava dignitosamente. Una precisazione dovuta, ma ovvia, è che con il prezzo di questa macchina si assembla un PC da gaming decisamente superiore, però non credo che sia questo il punto.

Il MacBook Air si sceglie per silenziosità, leggerezza, portabilità e autonomia, il fatto che ci si possa anche un po’ giocare va inteso esclusivamente come un di più. Tuttavia, la macchina è capace di affrontare titoli come Lies of P o Resident Evil Village portando a casa degli fps medi in FullHD sufficienti per un’esperienza di gioco fluida. E vengono mantenuti anche con sessioni prolungate: io ho provato per un’ora circa, quindi il primo naturale step down l’ho superato e non è visibile.

Il Touch ID: se lo conosci, non puoi farne a meno

La questione si fa più interessante nel momento in cui si parla di alcuni tipi di attività professionali, come quelle che interessano me legate al mondo foto/video. Finché lavoriamo con le fotografie, e solo sulle fotografie, allora il computer risponde benissimo, ottenendo risultati che a volte superano quelli di altri chip Apple Silicon di fascia più elevata. Con Lightroom Classic rimane comunque evidente in molti ambiti che i 16GB di Memoria Unificata apportino dei miglioramenti, specialmente nell’esportazione dei file, dove la versione da 8GB ha impiegato il 220% del tempo di quella con più memoria. Ma il vantaggio si nota anche scorrendo le foto nella libreria ed applicando delle modifiche per lo sviluppo. In sintesi: con 8GB ci si lavora se non si hanno altre app importanti aperte, con 16GB si sta molto più tranquilli.

Lo stesso discorso vale per Photoshop, dove si evidenzia un vantaggio per la versione con 16GB quanto più sono numerosi e complicati i file che andiamo a gestire. I veri dolori, però, iniziando quando si parla di video. Già nella recensione del Pro 14″ M3 avevo segnalato delle problematiche importanti, che qui ho ritrovato identiche, se non anche peggiori, con il modello base di M3 dotato di 8GB di Memoria Unificata.

Una precisazione importante da fare è che ho analizzato qui un uso avanzato per il video, che è quello che fa la differenza. Difatti, se consideriamo la semplice capacità di mettere in sequenza delle clip tagliate e con un po’ di color, qualsiasi Apple Silicon porta a casa il risultato, anche un vecchio M1 con 8GB. Non a caso questo tipo di attività si può fare anche su un banalissimo iPhone. Per questo il mio test si basa su un uso più professionale, con una timeline che include file in ProRes 4K, file in H.265 8K, un po’ di colorazione, qualche effetto di transizione, una titolazione e diverse sovrapposizioni. Ho la stessa timeline realizzata in modo analogo su tre software principali.

Procedendo con ordine, iniziamo da Final Cut Pro, che è nativo per la piattaforma. Con l’Air da 13″ dotato di 16GB di Memoria Unificata, lo scorrimento sulla timeline e il playback risultano fluidi solo tenendo abilitato il rendering in background e la pre-visualizzazione impostata su prestazioni migliori e non qualità. Insomma, ci si può lavorare anche se non in modo perfetto. L’esportazione, avendo prima cancellato tutta la cache, ha richiesto 43 secondi, che considero in linea con le aspettative.

La versione da 8GB non è proprio riuscita a gestire questa timeline. Dopo pochi secondi dall’apertura è apparso sempre un messaggio di memoria piena e la maschera per chiudere forzatamente il software. Mandare in play la timeline è stato sostanzialmente impossibile, perché mandava tutto in crash. Provando e riprovando più volte sono riuscito ad ottenere una esportazione in 7 minuti e 20 secondi. Qui sono due i fattori problematici: il primo è certamente la quantità di RAM, il secondo è l’assenza di areazione. Con il MacBook Pro M3 e lo stesso chip con 8GB ho avuto comunque problemi, ma l’esportazione finale ha richiesto 2 minuti e 30 secondi. In sintesi: per lavorare decentemente su Final Cut Pro con M3 servono prima di tutto i 16GB e, solo secondariamente, l’areazione. Ovviamente è meglio averle entrambe, ma in caso doveste sceglierne solo una i dati dicono che aumentare la RAM su un Air porta a risultati migliori rispetto ad avere meno RAM sul Pro.

Passando a Premiere Pro, la gestione della memoria e della timeline sono risultate migliori. È comico pensare che questo software è da sempre criticato per la sua cattiva ottimizzazione su macOS, ma ora ha degli aspetti superiori a Final Cut Pro. Sul modello con 16GB la gestione della timeline è stata scorrevole fin da subito, con qualche rallentamento solo nello scorrimento rapido della testina. Rimane strano che una clip ridimensionata ritorni a dimensione piena quando si fa play, ma è un bug che mi porto dietro da anni e riguarda solo la pre-visualizzazione. In termini di esportazione, però, Premiere Pro continua ad essere più lento di Final Cut Pro, concludendo la stessa operazione in 4min e 18 secondi.

Passando alla versione con 8GB, la timeline scorre fluida finché non ci sono due clip sovrapposte. Da lì in poi, va tutto grosso modo a scatti. Qui l’esportazione è stata infinita, pensate che ho dovuto attendere 87 minuti per vedere esportato un video lungo solo 1 minuto e 12 secondi. Il MacBook Pro con M3 e 8GB ne aveva impiegati 54, che sono comunque un’eternità. Ancora una volta la memoria batte l’areazione, ovvero anche su Premiere Pro è risultato davvero molto meglio avere un Air M3 con 16GB rispetto ad un Pro M3 con 8GB.

Infine c’è DaVinci Resolve, che è quello che uso quotidianamente. Questo è un software tendenzialmente ben ottimizzato per macOS, ma che poggia molto sulla GPU e sulla memoria. Il MacBook Air M3 con 16GB ha addentato bene la timeline, ma lo scorrimento e la riproduzione sono risultati fluidi solo impostando la preview in modalità half-resolution. L’esportazione ha richiesto 1 minuto e 16 secondi, quindi è andata più o meno con una velocità di 1:1 rispetto al tempo del video.

Passando al modello con 8GB, le cose sono cambiate e la riproduzione della timeline non è andata fluida neanche impostando la qualità su 1/4 di risoluzione. Inoltre, l’esportazione si è bloccata un paio di volte, e, quando l’ha terminata, ha richiesto 13 minuti e 25 secondi. Immagino che sappiate cosa sto per dire: per l’ennesima volta vediamo che l’aumento di memoria è prioritario rispetto l’areazione. Considerate che pur essendo brevi i tempi in gioco, la macchina viene particolarmente spremuta con questa attività e la riduzione importante di energia erogata sui p-core si verifica dopo i primi 30 secondi a massimo carico. Inoltre, parliamo di numeri con scale di valori così differenti che anche una riduzione del 20% non porterebbe mai l’Air da 16GB ad essere lento come il Pro da 8GB.

Nel settore audio avere più memoria a disposizione è cruciale per gestire più effetti e plugin, ma, come ripeto spesso, non è il mio lavoro. Giusto per prova ho visto se impattava anche nella lavorazione di un podcast audio a tre voci di 1h e 30min, tutte con un rack di 6 effetti, e devo dire che non ho notato alcuna differenza. Però questo stesso progetto lo gestiva senza problemi anche M1 base, quindi non è un dato particolarmente rilevante. In esportazione il modello da 16GB è stato solo leggermente più veloce.

Per quanto riguarda i consumi sotto massimo carico, i due computer sono abbastanza simili. Il modello da 15″ riesce tuttavia a mantenere un valore minimo di erogazione energetica superiore quando CPU e GPU sono al 100%, proprio perché ha più spazio interno per la dissipazione passiva. Entrambi stanno pochissimo sopra i 30W, poi scendono abbastanza rapidamente. Il 15″ dopo 5 minuti ondeggia tra 10W e 13W, mentre il 13″ scende di più, con un minimo di 7W e una media di 9W.

Da qui si capisce anche che sul fronte autonomia il bicchiere è mezzo pieno, ma anche mezzo vuoto. Quello che voglio dire è che il 15″ ha una batteria di maggiore capacità, ma può consumare di più nelle sessioni impegnative. Usandoli esattamente in modo paritetico per alcune ore, quando ho fatto tutti i vari setup iniziali, installazioni, ecc.. il 15″ è arrivato alla fine con un 10% di vantaggio, esattamente con un 27% di autonomia residua contro il 17% della versione da 13″. Se però li teniamo entrambi sotto stress, allora il 13″ si trova essenzialmente in parità. Diciamo che non c’è una grande differenza nell’uso reale, ma le 18h massime indicate da Apple sono ovviamente difficili da raggiungere. Nella realtà, con un uso misto, 10-12h ci sono tutte e su entrambe le versioni.

Conclusioni

Il MacBook Air è il computer più venduto di Apple, nonché il portatile più apprezzato al mondo nella sua categoria. In parte dipende sicuramente dal fatto che sia il più economico nel listino, ma la cosa più importante è che offre prestazioni adeguate per soddisfare la necessità della maggior parte degli utenti in circolazione. Spesso potrebbe bastare anche un Chromebook, siamo d’accordo, però un MacBook non è soltanto il chip che contiene o le prestazioni che può offrire. La concorrenza ha iniziato a capirlo solo di recente, ponendo più attenzione alla qualità costruttiva, alla tastiera, al trackpad, ai microfoni, camera, speaker, ecc… ma Apple lo fa da sempre e con un portatile che è anche l’unico a poter offrire simili prestazioni senza areazione e con autonomia molto elevata.

Il vero problema di questo computer è che il modello d’ingresso è ancora presentato con la coppia 8/256GB a 1349€. Il primo step per avere 512GB costa 230€ in più e con altri 230€ si prendono i 16GB, arrivando ad un totale di 1809€ per il 13″ 16/512GB e 2109€ per il 15″ con le stese specifiche. A me il prezzo di base potrebbe anche andar bene, ma solo se gli upgrade costassero molto di meno. Soprattutto perché non si tratta di caratteristiche che si possono aggiornare in un secondo momento, quindi quello che compri rimane.

Comunque, voglio provare a riflettere anche su un’altra cosa. Il MacBook Air era tipicamente il computer con cui fare solo attività semplici, è stato il primo M1 a renderlo immediatamente un computer diverso, che si poteva affacciare anche ad usi più professionali che prima richiedevano necessariamente i modelli Pro (e non il 13″, ma quelli più grandi con grafica dedicata). È stata una rivoluzione totale per l’utente Apple e non solo, tant’è che è stato scelto anche da molti altri. M2 ed M3 hanno alzato ancora di più l’asticella, con dei chip che hanno davvero delle potenzialità superiori. Ecco perché oggi faccio dei test più duri e completi anche su queste macchine base.

Si tratta di un aspetto decisamente positivo, perché il punto del “mi serve il chip in configurazione Pro, Max o Ultra” si è spostato rapidamente più in alto. Ma, proprio per questo motivo, la configurazione base di 8/256GB oggi non funziona più. Mi spiego meglio: va sempre benissimo per tutte quelle attività che già si potevano fare con 8/256GB su M1 ed M2, ma su M3 significa tarpargli le ali. Alla fine nell’uso di tutti i giorni siamo lì, è quando si inizia a sfruttare a dovere la macchina che serve il modello da 16GB.

E qui arriva la nota positiva di questa generazione, perché Apple ha finalmente messo tra le versioni pre-configurate una che è dotata di 16GB di serie, quindi non dobbiamo più necessariamente acquistare sullo Store ufficiale per avere più memoria sfruttando le opzioni di configurazione in fase d’ordine. Ciò significa che con i MacBook Air M3 avremo finalmente, e per la prima volta, la possibilità di trovare la versione 16/512GB su altri store, tra cui Amazon, Unieuro, ecc… con i vari sconti che si susseguono durante l’anno.

A mio avviso la versione base va benissimo per molti utenti, ma questi possono tranquillamente risparmiare e prendere un M1 o un M2, se proprio preferiscono il design nuovo. Per la versione M3 io sconsiglio la base, perché il di più che la macchina offre in settori professionali viene completamente vanificato. In fin dei conti, quello che avevo ipotizzato provando il MacBook Pro 14″ M3 base, viene ampiamente confermato da questa recensione: 8GB sono insufficienti per sfruttare le potenzialità del chip M3, sia su Air che Pro.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.