Il Dipartimento di Giustizia americano porta Apple in tribunale con l’accusa di monopolio

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Nell’Unione Europea siamo nell’era post-DMA, con Apple che dal 7 marzo ha apportato importanti modifiche ad iOS e ne ha già annunciate altre in arrivo (a tal proposito, il post “dalla A alla Z” è in fase di revisione). Data la limitata applicabilità geografica, l’azienda di Cupertino ha sinora ribadito che non ha nessuna intenzione di estendere oltre al necessario le modifiche occorse all’App Store e agli altri aspetti “incriminati.” C’è un ma: la vittoria in tribunale contro Epic Games, con modifiche minime all’operatività del negozio digitale Apple, rischia di rivelarsi un grosso boomerang. La causa intentata dalla nota software house di videogiochi non è passata inosservata al Dipartimento di Giustizia americano, che nel mentre ha raccolto informazioni e svolto indagini sulla condotta della mela. Indagini culminate nella causa antitrust intentata oggi.

Ad affiancare il Dipartimento vi sono anche 16 stati americani tra i più grossi (inclusa la California), cui potrebbero aggiungersene altri nel tempo. La situazione contestata è qui ben più grave di quella europea: si parla esplicitamente di monopolio illegale. E non si tratta solo dell’App Store, negli USA, Apple è accusata di:

  • distorcere il mercato danneggiando i software rivali e rendendo difficile la migrazione verso Android
  • boicottare certe categorie di applicazioni come quelle di cloud gaming (nonostante le modifiche recentemente annunciate, valide a livello globale)
  • abbassare la qualità della messaggistica con utenti Android
  • esercitare un controllo sul settore degli smartwatch, negando la compatibilità dell’Apple Watch con Android (che per un periodo Apple avrebbe seriamente preso in considerazione) e limitando quella dei modelli concorrenti con iOS
  • bloccare lo sviluppo di soluzioni di pagamento alternative ad Apple Pay (punto, come già sappiamo, affrontato anche dal DMA)

Una grave situazione con cui dovrà confrontarsi Tim Cook, dove la quota di mercato americana degli iPhone si rivelerebbe paradossalmente una spada di Damocle: a fine 2023 detenevano il 64% delle quote di mercato. Numeri ben lontani da quelli di Microsoft Windows degli anni ’90-2000, ma sufficienti a far scattare la voglia di rimedi alle autorità. Alcuni contesti sono in effetti oggetto di feroci discussioni, come il caso di iMessage, piattaforma a più riprese additata di creare vere discriminazioni tra i giovani, escludendo chi usa dispositivi non Apple – è evidente che la recente apertura verso RCS non dev’essere bastata a placare gli animi.

Rispetto alla situazione con l’Unione Europea, i tempi saranno molto più lunghi. Cause del genere impiegano anni per completare il loro iter; il problema per Apple è che al momento le probabilità di uscirne indenne appaiono basse, mentre avrebbero più quota quelle di un compromesso ricco di impegni e modifiche operative, analogamente a quello che dovette raggiungere Microsoft oltre 20 anni fa (l’azienda di Redmond non ha fatto intanto mancare il suo supporto all’iniziativa del DoJ, insieme a tante altre). Problema sul problema, se alcuni (l’UE) hanno già iniziato a mangiare e altri (gli USA) stanno apparecchiando il loro posto a tavola, molti si vorranno presto unire come commensali. Motivo per cui potrebbe diventare inevitabile limitare i danni su scala globale. In attesa di capire come girerà il vento e da lì avviare ulteriori riflessioni, Apple si dichiara pronta a difendere la sua posizione nelle aule di tribunale.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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